La Regione Emilia-Romagna sta redigendo il nuovo piano forestale per gli anni 2014-2020. Dopo il solito rituale retorico (“Gli interventi nel bosco devono essere all’insegna di una selvicoltura naturale, accostandosi il più possibile a come il bosco si sviluppa naturalmente per conto suo”), si arriva al sodo: “E’ in atto una forte tendenza all’abbandono delle attività gestionali del bosco… Per questo, pur riconfermando la primaria funzione protettiva e di conservazione della biodiversità svolta dalle nostre foreste, si rende necessario introdurre sul piano programmatico, alcune rilevanti novità tese a favorire la ricostruzione, in chiave di moderna imprenditoria forestale, della filiera produttiva, soprattutto a fini energetici, della risorsa boschiva”.
E’ la dichiarazione formale - denunciano i Verdi - di voler favorire tramite finanziamenti il taglio industriale del bosco. Il fine principale è quello di costruire centrali a cippato che sfruttino la legna a fini energetici. Saranno solo centrali termiche per il teleriscaldamento, come dichiarato finora? No di certo.Monchio delle Corti per fare funzionare la sua turbina da 100 Kwe brucia ogni anno 1.000 tonnellate di cippato. 70 Mwe di potenza per 7.000 ore utili all’anno producono circa 500.000 Mwe, cioè 500 milioni di Kw/h. Produrli con il cippato costa 42 milioni di euro (700.000 tonnellate di cippato per 60 euro). In una moderna centrale a gas per produrre la stessa energia servono 90 milioni di metri cubi di metano che, a 30 centesimi di euro a metro cubo, fa 27 milioni di euro. L’energia elettrica prodotta col metano costa il 35% in meno.Ecco che però a coprire l’inefficienza entrano in gioco gli incentivi pubblici per le biomasse. Produrremo energia elettrica come a fine ’800 e la pagheremo carissima, con la scusa della riduzione di emissioni di CO2. Ma è vero?
Dopo che si è fatto il taglio raso in un bosco ceduo, la superficie fogliare ci mette 2,5 anni per ricrescere e catturare la stessa CO2 di prima del taglio.
Dalla pubblicistica selvicolturale si sa che un albero cattura in un anno 20 kg di CO2. In un ettaro di bosco ceduo ci sono mediamente 400 alberi che moltiplicati per 20 kg danno 8 tonnellate di CO2. Gli ettari da tagliare sarebbero 7.000 (700.000 t./100 tonnellate per ettaro) e quindi la CO2 che non verrebbe catturata, che resterebbe in aria se tagliassimo tutti quegli alberi, sarebbe la modica cifra di 56.000 tonnellate.
Ma non è finita. Occorre moltiplicare quelle 56.000 t. di CO2 per i 2,5 gli anni che impiega il bosco ad avere la superficie fogliare sufficiente a catturare la stessa quantità di CO2 di prima. Quindi le tonnellate di CO2 diventano 139.000.
Occorre tener presente che il bosco ci mette 30 anni a ricrescere, tempo in cui le sue funzioni idrogeologica e paesaggistica restano degradate e debilitate. La nostra Regione sta seguendo le orme di quella toscana, elettricità dalla legna. Ma non pare proprio - denunciano gli ambientalisti - una idea sostenibile.
Premetto che sono un ambientalista convinto. Convinto che se non troviamo soluzioni intelligenti al problema del riscaldamento globale finiremo a scannarci per l’ultimo litro di petrolio, l’ultimo metro cubo di gas e l’ultima acqua potabile. E allora è mai possibile che tutte le volte che si trova un modo “sostenibile” di produrre energia ci debba sempre essere l’alzata di ingegno di qualche associazione ambientalista da due soldi, che trova un modo per mettersi contro? Il solare deturpa il paesaggio se montato sui tetti, se messo a terra rovina suolo agricolo. L’eolico impatta sul paesaggio italiano e uccide gli uccelli. Il cippato costa alla comunità, ecc. ecc. E allora come ne usciamo?, continuando a bruciare petrolio? Queste associazioni che non rappresentano più nessuno, ormai (giustamente dico io, visto come si comportano), possibile che non trovino qualche vera battaglia da condurre? Che so io, per la mobilità sostenibile, per la difesa del suolo, per il controllo delle nascite o anche più semplici, per evitare il bracconaggio o gli sversamenti di liquami. Cari presidenti di associazione, chiedetevi come mai i Verdi in Italia siano lo zero virgola e in Germania siano circa il 10%.
(AG)
In altre regioni, esempio Trentino e Valle d’Aosta, si è trovato il giusto equilibrio tra fabbisogno energetico e rispetto per il paesaggio e il territorio. Il segreto sta nel rispettare il bosco, magari sfoltendolo dagli esemplari ormai morti e provvedendo ad una pulizia sostenibile dello stesso. Tagli a raso fanno bene solo a gente senza scrupoli che pensa di vivere comunque su di un altro pianeta. Fotovoltaico di ultima generazione non invasivo assieme ad interventi per evitare dispersioni possono aiutare per non deturpare. D’altronde è risaputo che per i prossimi 30 anni le fonti fossili la faranno ancora da padrone stando alle tecnologie attuali e dunque vale la pena cancellare fisicamente flora e fauna invece di ricercare soluzioni già in uso veramente accettabili?
(Gian)
Credo ci sia un po’ di confusione. Il taglio a raso chi la ha mai visto in Appennino? Lo stesso articolo parla di taglio raso e di 2,5 anni per la ricrescita fogliare. Dopo un taglio a raso?
(AG)
Ma qualcuno ha visto in che condizioni sono oggi i boschi dell’Appennino reggiano? Il Castagno quasi dappertutto sta morendo, il sottobosco non viene curato (salvo rari casi) da parecchie decine di anni. L’erba è scomparsa, in compenso c’è un folto tappeto di foglie che per le sue caratteristiche non si compone. Non credo si tuteli così il patrimonio boschivo.
(Remigio)
La centrale a cippato è una schifezza, se prevista in zone dove il bosco deve essere sfruttato correttamente e non per alimentare centrali. Nel Trentino hanno la tradizione della lavorazione del legname, un sacco di aziende producono casette prefabbricate, il cippato diventa per loro un rifiuto da smaltire; ben venga quindi un utilizzo per produzione energetica. In Emilia i boschi sono appena sufficienti per quei nostalgici del camino a legna. Un utilizzo intensivo del bosco porterà ad un inquinamento spaventoso. La stessa Regione comincia a mettere dei divieti. La biomassa non sarà più permessa in zone inferiori a 300 m di altezza sul livello del mare e non potranno sostituire fonti energetiche a minor inquinamento come il gas naturale. Questo regolamento “PAIR 2020” si propone di ridurre le maggiori fonti di inquinamento della pianura padana. Qui in montagna, a seguito dei contributi demenziali ancora presenti, si vuol far passare per energia rinnovabile queste scelte che servono solo per indirizzare un poco di lavoro verso aziende, quasi sempre cooperative, altrimenti in difficoltà.
(Ugo)