Riceviamo e pubblichiamo.
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Fare opposizione è un compito gravoso, difficile, spesso destinato a soccombere a fronte dei numeri della maggioranza, del burocratismo degli apparati. Ma qualche volta, lavorando giorno per giorno, si ottengono anche dei risultati.
Personalmente non posso che esprimere soddisfazione per essere stato il primo a denunciare nell’anno 2009, la truffa ai danni dell’erario per il finanziamento da un milione di euro concesso in modo non legittimo dalla Regione alla cooperativa rossa Terremerse, presieduta nel 2006 dal fratello del Presidente Vasco Errani, Giovanni.
E nonostante ciò, l’anno dopo, nel 2010 Errani si candidava per la terza volta alla guida della Regione, violando in accordo con il PD, le regole statutarie del partito.
Tante volte in questi cinque anni, devo dire spesso abbastanza in solitario, sono tornato alla carica su questa vicenda, con la presentazione di atti ufficiali, protocollati, convinto che essa meritasse di essere conosciuta dall'opinione pubblica. Denunce verso le quali gli avversari e moralisti del PD hanno sempre fatto spallucce.
La legalità come l'etica, non ha colore politico. Quell'etica che mi ha spinto in questi anni a proseguire la mia battaglia per la verità sulla vicenda di Terremerse, fiducioso nel lavoro della Magistratura e della Guardia di Finanza.
Ieri abbiamo appreso com'è andata a finire: il Presidente della Regione Emilia-Romagna è stato condannato per falso ideologico. Ciò ha portato alle sue dimissioni. L'opposizione ha vinto una battaglia decisiva, è chiaro che da oggi in Emilia Romagna si volta pagina.
Nonostante la vittoria del mio impegno politico e amministrativo, vorrei evidenziare il comportamento ipocrita del Partito Democratico.
Di fronte alla Sentenza il Pd non si rassegna, a partire dal suo segretario nazionale Renzi, ai deputati, ai vertici regionali... tutti chiedono a Errani di non dimettersi. Peccato che nel Codice Etico del Pd all'articolo 5 “Condizioni ostative alla candidatura e obbligo di dimissioni” ci sia scritto “gli eletti rassegnano le dimissioni dal relativo incarico. nel caso sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva” (vedere qui per verifica della fonte)
In questi anni i democratici hanno chiesto a gran voce e miriadi di volte le dimissioni di loro avversari politici anche solo se indagati, e adesso chiedono ad un condannato in Appello di non dimettersi, in violazione del Codice Etico del partito?
E' questa la coerenza del Pd? Di Renzi? E' questa la loro superiorità morale? E' questo il partito serio degli onesti?
O forse ancora una volta si tratta di propaganda, spocchia e ipocrisia?
Fabio Filippi, Consigliere Regionale Forza Italia e Reggente Provinciale Forza Italia Reggio E.
Sono vent’anni che il Pd supporta, in vari modi, Berlusconi. Evidentemente ha imparato anche a comportarsi allo stesso modo. Errani, invece, pare di no.
(Commento firmato)
Carissimo Fabio, ti devo rispondere, non avrei voluto, ma non posso esimermi dal farlo. Intanto il presidente si è dimesso, cosa che dalla tua parte politica non è mai successa o avvenuta, ti rammento che in Italia ci sono 3 gradi di giudizio, quindi Errani poteva tranquillamente attendere l’ultimo grado di giudizio e poi di conseguenza fare il giusto. Il Pd non è contraddittorio, ha sempre dichiarato che se un suo esponente, di qualsiasi grado, ha commesso reato e giudicato in via definitiva deve autosospendersi e dare le dimissioni. Vedi, caro Fabio, non sempre chi predica bene predica il giusto. Cordialmente.
(CL)
A proposito di contraddizioni, credo lo sia anche (e stridente assai) l’invocare la elezione diretta del presidente della Repubblica, quale massima espressione della democrazia, ma essere poi recalcitranti quando si tratta di restituire al cittadino il “diritto di preferenza”.
(Umberto)
Caro Filippi, è proprio vero che è meglio sparlare delle corna degli altri che delle proprie… Ma guarda che sei insieme ad uno che condannato per reati non indifferenti, dovresti avere il buon senso di uscire da lì e poi lapidare chi sbaglia.
(Ernesto che)
Al di là del caso specifico, fa indubbiamente molto piacere assistere ad un fiorire di garantisti, perché il garantismo è un valore inestimabile per una società democratica, e per gli spiriti liberali, ma che non dovrebbe pur tuttavia funzionare a senso unico ovvero, come si usa dire, a corrente alternata, essere cioè prontamente scoperto e reclamato ogni qualvolta viene chiamata in causa la propria parte, e rimesso invece nel cassetto e nel dimenticatoio per tutti i fatti riguardanti gli “avversari”. Ho ancora troppo viva la memoria dei primi anni novanta, quando nei confronti dei socialisti di allora bastava un avviso di garanzia per “mobilitare la piazza” e chiederne a gran voce le dimissioni, o invocarne addirittura l’arresto, alla faccia del più elementare garantismo. Il richiamo a quei tempi può sembrare inutile e sterile dietrologia, ma i principi “cardine” che dovrebbero regolare il nostro vivere non hanno età, né possono dipendere dalle circostanze e dai nostri umori, così come il presente non è mai disgiunto dal passato. Dobbiamo sperare che tra i garantisti di oggi non vi siano i “forcaioli” di ieri – prendendo a prestito un termine del linguaggio comune, un po’ colorito ma non offensivo – poiché sarebbe una lampante contraddizione, e una stridente incoerenza, o quantomeno augurarci che col passare degli anni si siano meritoriamente ravveduti, diventando anch’essi autentici paladini di quel garantismo a 360 gradi che non ha figli e figliastri.
(P.B.)