Riceviamo e pubblichiamo.
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Il giusto allarme per la chiusura sempre più frequente di importanti strade, a causa delle frane, deve indurre oggi a riflessioni un po’ meno retoriche e rivendicative di quelle che correvano un tempo, per mettere in campo strategie di contrasto un pò più ragionate e concrete.
Il solito “piove governo ladro” fa sempre presa sul momento e trova ancora spazio il protagonista parolaio di giornata che recita la parte. Ma il copione è frusto e... non fa piovere soldi.. Soldi che comunque prima o poi arrivano, ma-questo è il punto- sempre e solo col contagocce.
Vent'anni fa,in fondo, si poteva pensare - persino con qualche fondamento - che molte frane da sistemare potessero significare reddito d'impresa e posti di lavoro in montagna, indotti da un'accresciuta spesa pubblica. Ora, oggettivamente, no.
Bisogna cambiare l’approccio: fare risultato utile con meno consumo di risorse, tenere aperte le strade senza pretendere impossibili e definitive messe in sicurezza... In altre parole bisogna convivere con le argille e con le loro caratteristiche, senza pretendere di trasformarle in granito... È impossibile e... non sarebbe un affare! Le argille sono croce e delizia del nostro Appennino, perchè sono base delle foraggere del Parmigiano Reggiano e non solo permeabilità alle acque, fragilità e insicurezza per la stabilità dei versanti.
Le frane censite sono decine di migliaia. Il concentrarsi delle precipitazioni in periodi, in eventi più forti e la moltiplicazione delle infrastrutture viarie fa sì che questo fenomeno antico - assolutamente naturale -sia diventato più che un semplice problema: è talvolta una calamità e, sempre più spesso un onere troppo pesante per gli attuali bilanci pubblici.
L’idea di una prevenzione onnipotente, sempre attraente è in gran parte velleitaria. Si può fare qualcosa e si può fare meglio. Ma nessun progetto e nessuno stanziamento potranno davvero cancellare o ridurre fortement
Per le nostre argille, sicuramente, la ripresa di una più diffusa e capillare coltivazione dei versanti può essere più importante di interventi di idraulica realizzata con costose opere pubbliche.
Sostenere la conduzione agricola di tanti terreni non utilizzati può avere una diretta ricaduta occupazionale/produttiva e, insieme,effetti permanenti sul controllo delle acque e sulla stabilità dei versanti : un doppio, triplo dividendo.. Il prossimo Piano di Sviluppo Rurale dovrà essere meglio orientato in questa direzione..se vorrà davvero essere una politica di investimenti e non di consumi pubblici mascherati, come sono certe opere utili soprattutto per chi le esegue.
Una moderna “bonifica” questo e non altro dovrebbe essere. Un approccio del genere è maturo e giusto. Anche se non basterà e, nel breve e medio termine, non avrà effetti diretti visibili, come invece ben visibili sono effetti di frane e interruzioni di strade.
Sul versante toscano abbiamo avuto la SS63 chiusa per molti mesi nell’inverno 2012/2013, poi anche recentemente per qualche fine settimana. Sul versante emiliano a valle di Vetto sono state chiuse la provinciale per Neviano degli Arduini e quella per Canossa – San Polo, per periodi non proprio brevi.
In casi come questi le chiusure “temporanee” sono veramente disagevoli per molti; e sono pericolose oltre il tempo stesso del disagio, perché inducono una sensazione d’incertezza e precarietà che non spinge certo a investire in Appennino.
In questo contesto poco roseo, bisogna però rilevare un fatto positivo: a differenza di altre parti del paese (area vesuviana, costiera Amalfitana, Valtellina, etc) e dello stesso Appennino ( per esempio Alta Lucchesia, Garfagnana Lunigiana) mai si sono registrate vittime. Un po’ sarà fortuna … Ma la ragione più vera sta nel fatto che gli smottamenti di argilla sono piuttosto lenti e che danno il tempo di mettersi in sicurezza.
Per questo -nelle situazioni di emergenza - si potrà, con un razionale “approccio di rischio” (cioè l’accettazione di un rischio ragionevole anziché la resa al rifiuto di assunzione di eventuali responsabilità), evitare prolungate chiusure d’arterie di comunicazione.
Le frane in fondo sono in gran parte assestamenti. Una volta scese … si stabilizzano per lunghi periodi e sono “attraversabili”. Ciò dovrebbe indurre in più di un caso a un approccio più flessibile. Le soluzioni “definitive” sono sempre cost
Un margine di incertezza anche nel condurre questa ricerca va lasciato aperto e accettato. Partirei da un’interessante legge della regione Toscana per l’utilizzo dei terreni abbandonati. Ragionerei con economisti, geologi e progettisti di opere pubbliche. Serve un ragionamento interdisciplinare per ottimizzare le risorse e minimizzare i disagi. Agricoltura, ambiente, territorio non sono separabili.
(Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano)
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Interrogazione a risposta scritta presentata in Regione Emilia-Romagna da Silvia Noè, Udc
Premesso che:
la strada provinciale 513, che nel reggiano corre lungo l’Enza, continua ad essere intransitabile causa la frana di Cantoniera di Vetto; i tempi per la sua riapertura, come valutati dalla Provincia, non sembrano brevi; occorre, inoltre, una soluzione definitiva al problema, tale cioè che non veda riproporsi periodicamente il problema dell’intransitabilità di quel tratto di strada, come avvenuto più volte in passato;
Dopo ripetuti interventi di disgaggio, adesso definiti a carattere emergenziale, la Provincia, su questo tema, ha messo ora in ipotesi la costruzione di una galleria, dal costo valutato tra i tre e quattro milioni di euro, una somma che la Provincia dice di non poter sostenere, ed è pertanto intenzionata a chiedere i necessari finanziamenti a Regione, Protezione Civile e Ministero;
considerato che:
nonostante la Provincia, su questo tema, abbia certamente commesso ripetuti ed inspiegabili errori, occorre trovare al più presto una soluzione definitiva visti i problemi che la chiusura della strada sta provocando a tutta la vallata e non solo, e al riguardo abbiamo avuto notizia, proprio in questi gironi, che per l’installazione di una semi-galleria, simile a quella impiantata a suo tempo in quel di Cecciola di Ramiseto, ci si potrebbe anche avvalere di materiali prefabbricati, montati poi in loco, con costi sensibilmente inferiori a quelli prefigurati dalla Provincia (che forse si riferivano ad una galleria-tunnel e non ad una semi-galleria) il che, potrebbe agevolare l’acquisizione delle corrispondenti somme, ed accelerare parallelamente i tempi di esecuzione dell’opera;
interroga la giunta per sapere:
se intende sostenere il progetto di porre in stabilità permanete il tratto di strada indicata e, se, in forza delle proprie competenze tecniche, voglia individuare il modo migliore per risolvere questo problema che sta creando grosse difficoltà a molte famiglie di questo versante della nostra montagna - residenti nei Comuni di Vetto, Castelnovo Monti, Ramiseto, e anche nella sponda parmense - che se ne servono abitualmente per ragioni di lavoro e altro, e se intende altresì concorrere alla copertura della relativa spesa.
(Silvia Noè, presidente gruppo Udc)
Non sapevo che Giovanelli tra gli innumerevoli incarichi fosse anche ingegnere e geologo… Complimenti!
(Massimo Correggi)
Ottimo elaborato, visto il periodo si potrebbe dire che alla maturità prenderebbe un buon voto; ma in pratica, mentre si ragiona con economisti, geologi e progettisti, il tempo passa i disagi rimangono e gli esercenti chiudono. Intanto fiumi di denaro pubblico continuano a prendere strade sbagliate…
(Ivano Pioppi)
Sarebbe interessante sapere se nei 20 anni in cui ha fatto il senatore si è mai interessato della questione frane in montagna, visto che era un periodo in cui, come ha detto lei, i fondi per sistemare le cose c’erano. Quello che ha fatto sembra un discorso fatto da un professore che insegna scienze alle medie, non da uno che è da una vita in politica.
(Lollo)
Per fortuna che adesso il sen. Giovannelli fa anche il geologo, questa carica gli mancava. Dalle mie reminiscenze scolastiche ricordo che la piantumazione di arbusti blocca il terreno, poi vengo a sapere che è tutto il contrario, appesantiscono il terreno e quindi aiutano la frana a staccarsi, a volte ci sono visioni della stessa cosa diverse purtroppo a Vetto è stata pressa la decisione sbagliata ma non ragionata.
(Pietro)
La statale per Neviano e quella per Canossa hanno sotto le frane il frantoio dell’Enza e nessuno ci guarda. Svuotare il greto del fiume ha portato inevitabilmente allo scivolamento dei versanti verso il fiume.
(Maru)
Maru… sono 30 anni che passo dove c’è la frana sulla provinciale 17 prima di Ceretolo di Neviano… Non mi è mai capitato di vedere un frantoio… Ho solo sempre visto sassi cadere dalla parete sotto Scurano…
(Simo)
La disamina fatta da Fausto Giovanelli in merito alla situazione geologica del nostro Appennino è certamente condivisibile, ma in merito alla frana sulla 513 credo che gli interventi fatti fin’ora dalla Provincia, che certamente sono lodevoli per la loro celerità nei tempi di attuazione per affrontare le emergenze, non siano purtroppo risolutivi per quel tipo di realtà; il rischio è che si continui a spendere risorse senza risolvere il problema in termini definitivi. L’esperienza di Cecciola nel Comune di Ramiseto, di fine anni ’80, molto simile a questa, dovrebbe insegnare qualche cosa. Il forte rischio è che si continui a spendere soldi con interventi tampone, per poi accorgersi tra qualche anno che la soluzione della galleria artificiale sarà l’unica soluzione. Non c’è bisogno in questo caso di riunire “tecnici specializzati”, ma la capacità politica di riuscire ad imporsi nel rapporto con la Regione, che con il territorio di Reggio mi sembra un po’ “allergica”. Intanto le imprese continuano a subire ulteriori, forti disagi nello svolgimento delle loro attività.
(o.t.)
Geniale, sempre più stupefacente, edificheremo le nuove porte sulle frane.
(fa)
1) Lei non mi pare nè economista nè geologo nè progettista di opere pubbliche, quindi mi pare che tutto il discorso a monte non sia prettamente tecnico. La sostanza è una sola: non si vogliono fare i lavori come vanno fatti, è molto tempo che la situazione è disastrosa ma si aspetta il morto e allora si inizia a ragionare. Siamo in Italia e funziona così. Chiacchiere, chiacchiere e chiacchiere.
Se eliminiamo le infrastrutture cosa rimane???
2) Se la vostra carissima Masini anziché rifinanziare Fiere di Reggio (fallita da un bel po’) destinasse qualche fondo alla montagna non penso che nessuno ne avrebbe a male.
(Luigi R.)
Caro Fausto, forse un po’ più di manutenzione? Tornare ad “obbligare” i proprietari a monte alla regimazione delle acque? Ci lamentiamo sempre, ma le regole ci sono, basti pensare che i frontisti sono obbligati alla pulizia degli argini sulle pubbliche vie… forse qualcuno lo fa? Perchè Fausto si rincorre l’eccezionalità e non si mette in condizione di generare redditto sulla manutenzione? Tu parli del passato, quando i soldi arrivavano, ma che dire come controbattere le tue frasi, quando anche tu hai fatto parte di questo “modo”. Riassumo la storiella del sasso:
se cade un sasso in un muro “privato” il proprietario prende 1 € di cemento e rimette il sasso, se cade un sasso in un muro pubblico si lascia lì il sasso, poi si aspetta che cada il secondo, poi il terzo ed in fine che cada il muro, poi si fa un bel bando, nella speranza che non sia tipo “Mose”, si appalta il muro per 50.000 €. Morale: il privato spende 1 €, il pubblico € 50.000, questo metodo è andato e va avanti da anni, non ce lo nascondiamo.
Cordialmente.
(Roberto Malvolti)
Dopo aver attentamente letto l’analisi fatta da Giovanelli e le opinioni di tanti cittadini, mi permetto di esprimere anche il mio modesto parere. La nostra bellissima montagna non è mai e dico mai stata tutelata dalla politica fatta negli ultimi 40 anni. Ci sono gravi responsabilità da parte delle amministrazioni locali e purtroppo l’arroganza di chi fa politica nel non volerlo ammettere è diventata quanto mai fastidiosa e inopportuna. Oggi si invoca l’agricoltura ma è davvero troppo tardi, gli agricoltori andavano tutelati quando ancora erano presenti sul territorio; in quasi tutti i paesi esisteva una latteria che produceva reddito e con il latte dei nostri pascoli produceva un formaggio di qualità straordinaria. Oggi gli ultimi agricoltori rimasti devono combattere contro una burocrazia che assimila le loro attività alle grandi aziende, devono convivere forzatamente con ungulati e animali non autoctoni che provocano gravissimi danni alle colture, dovendo imbarcarsi in cause legali per vedersi riconosciuto “forse” qualche euro di rimborso perché anche in questo caso l’arroganza e la prepotenza di chi gestisce gli apparati sono senza limite. Si trovano a lavorare in un territorio pressoché abbandonato e pur pagando vari tributi, compreso quello del Consorzio di Bonifica, devono manutenere anche le vie interpoderali di accesso ai terreni. I contributi sono sempre arrivati in grandi quantità ma sono stati utilizzati in modi talvolta “inopportuni”, spesso finanziando imprese presunte tali senza poi accertarsi che queste “attività” funzionassero realmente e non fossero state messe in piedi solamente al fine di ricevere contributi. Andavano e andrebbero davvero spesi con parsimonia i soldi dei contribuenti, io mi chiedo a cosa servano tutti gli impiegati dei comuni, dell’Unione dei comuni, della ex Comunità montana (a cui è stato cambiato nome ma di fatto è un apparato che doveva chiudere), del Parco nazionale, del Gal, ecc. ecc. In un territorio dove il calo demografico è lento e inesorabile, aumentano i burocrati!!!!!! Non serve un economista, un ingegnere o addirittura un genio per capire che è paradossale e insostenibile. Oggi il dramma più grande sono le vie di comunicazione, da anni abbandonate a loro stesse, sconnesse, con le “cunette” piene, i muretti di contenimento semicrollati e le centinaia di buche che si sono create. Con questi presupposti la montagna rimarrà isolata e le attività produttive dovranno chiudere i battenti, ma nel frattempo i politici continueranno a fare degli incontri con i geologi, gli ingegneri, gli economisti e parleranno di turismo dell’acqua, turismo dei funghi, turismo della caccia e bla bla bla.
(Carla O.)
Molto d’accordo, specie su due punti: sul fatto che l’idea di “sistemare” una volta per tutte il nostro territorio sia pura utopia – data la natura geologica, da cui non si puo’ prescindere – e sulla necessità di un approccio interdisciplinare (che però coinvolga anche i cittadini, e non solo economisti, geologi e progettisti).
Mi ha un po’ infastidito, invece, l’immagine messa nel bel mezzo a mo’ di commento anonimo, tanto più che non sappiamo se quei grossi massi siano rotolati giù da soli o siano invece stati fatti distaccare in modo controllato durante i lavori…
(Cristina)
Guardando nei miei archivi ho trovato dei commenti relativi all’apertura di una strada per effettuare una inaugurazione: quella della sede del Parco nazionale a Sassalbo. Questi commenti sono del dicembre del 2008. In quella occasione una frana aveva interrotto la percorrenza della SS 63 per almeno un mese e gli abitanti di Cerreto Laghi e Alpi erano in difficoltà per raggiungere i propri posti di lavoro e per la quotidiana routine. In quell’occasione, però, le amministrazioni competenti riuscirono ad aprire una strada utile al raggiungimento del luogo di inaugurazione della sede, con plausibile disappunto della popolazione in quel momento di difficoltà. Credo che l’episodio possa fungere allo scopo di indurci tutti a una riflessione: volere è potere, e oggi abbiamo sotto agli occhi la risposta a tutti i nostri interrogativi: i problemi aumentano perché non vengono risolti e per di più gli amministratori vogliono ancora farci credere che non ci sono i soldi, non ci sono risorse, non ci sono i mezzi e ora addirittura non esistono soluzioni. La cosa però che dell’articolo menzionato che mi ha colpito di più è stato un commento che lo stesso Sig. Giovanelli, scrisse e lo riporto ad onor del vero: “Stiamo lavorando per i paesi del crinale. Eravamo a Reggio in via Emilia. Siamo a Cervarezza. Domani andiamo a Sassalbo, vicino al Cerreto. Dopodomani andremo a Ligonchio. Stiamo lavorando per portare persone, lavoro e attività permanenti verso il crinale. E’ quello che la gente ci ha chiesto. Non è facile, ma non ci molliamo. Abbiamo bisogno di collaborazione e non di polemiche (Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano) [18-12-2008, 22:20]”.
Peccato. Peccato perché in questi sei anni non è accaduto nulla. Peccato perché non ci sono state persone, lavoro e attività permanenti verso il crinale se non quelle già esistenti che per ora riescono a resistere. Non c’è stato nessun miglioramento, non ci sono stati incrementi demografici, aumento di servizi, né tantomeno migliorie alle infrastrutture. Non sono state fatte opere importanti, non si sono creati posti di lavoro. Nulla. I problemi che c’erano ci sono ancora e ancora più vistosi. Forse i sistemi che sono stati implementati non erano perfetti e il risultato non è stato efficace per non dire visibile o addirittura è stato controproducente. Oggi il Sig. Giovannelli si espone sui medesimi argomenti, ma, invece di chiederci tempo, ci informa che ”bisogna cambiare l’approccio, fare risultato utile con meno consumo di risorse, tenere aperte le strade senza pretendere impossibili e definitive messe in sicurezza”. Ora comunica sulle responsabilità direttamente connesse alla mancata agricoltura e al bisogno di incentivare le coltivazioni. Mi meraviglio di una tale affermazione e mi chiedo: come si può incentivare le coltivazioni quando sul territorio si sostengono politicamente scelte a favore di altre configurazioni come Parco, aree Sic e Zps, aree protette per progetti ambientali e di rispetto, inevitabilmente scalzando agricoltura e antropizzazione per chissà quali forme di vita? Allora le responsabilità sono da attribuire agli agricoltori e a chi quotidianamente investe ancora, spesso in rimessa, di propria tasca su queste terre disagiate o della politica che promuovendo sempre e comunque progetti filoambientalisti continua a generare lo spopolamento e l’abbandono? E quando dice che le soluzioni definitive sono sempre costosissime cosa ci vuole comunicare? Forse che non è a conoscenza che quelle non definitive lo sono altrettanto (vedasi 600.000 euro per frana di Vetto, 15,5 milioni – e forse più – per le fiere di Reggio, fior di milioni per rotondine e rotondone, ecc.) o che già si è deciso di non intervenire in maniera definitiva, scelte entrambe non soddisfacenti? Io credo che questo articoletto manifesti invece un celato riconoscimento di responsabilità, la volontà di identificare ignoti altri responsabili e il riconoscere nelle proprie scelte e nei conseguenti sviluppi (o inviluppi) un fallimento. Tanto è vero che le argille non sono marmo, quanto è vero che un avvocato non è né ingegnere né architetto, per potere indicare una brillante via progettuale, né tantomeno un geologo per insegnarci le possibili configurazioni statiche geologiche. Con questo la saluto e la invito a riflettere di più su possibili soluzioni e di meno a come prendere distanze.
(Isabella Vaccari)
Gent. dott. Giovanelli, con stupore apprendo che non le manca la laurea magistrale in geologia, tuttavia mi preme farle notare che dalla sua disamina sembra che il problema siano i cittadini diventati ormai poco abituati ai terreni montani. Venga lei a convivere con una frana a 50 metri da casa… Il Psr e la Pac non hanno alcuna relazione con le frane, che di solito sono su terreni non lavorabili dalla per fortuna evoluta agricoltura.
(Serb)
Io proporrei una bella diga! Per i territori stabili che abbiamo, è proprio quello che ci vuole! E’ divertente vedere che tutti diventano esperti in questi casi! Tutti pieni di soluzioni! Ma di fatto cosa si fa oltre che a puntare il dito?? Bravissimi a chiacchiere! Ma invece che sparare c* solo per far polemica, perchè non prendete un badile ed andate a scavare via la frana? Forse riuscite a rendervi conto meglio delle cose!
(Aramus)
“Le argille non sono marmo. Su di esse non si sta fermi, ma si può talvolta “galleggiare” … Nel prossimo articolo del Presidente, mi aspetto di leggere di come si costruisce una canoa, ma non solo. Un trasportatore alcuni giorni fa, su questo stesso giornale, denunciava quali fossero i costi delle continue interruzioni, mi aspetto allora di conoscere come si guida una canoa con rimorchio.
(mv)
Che tristezza… Con l’aggravante del fatto che la rielezione del presidente Giovanelli è stata caldeggiata in Commissione ambiente della Camera dei deputati dal senatore Pdl (ex An!!!) Tommaso Foti… Questo spiega come mai sia ridotta ai minimi termini la credibilità della destra (?) anche da parte dei propri potenziali elettori… Eppoi ci si stupisce se con la politica che gira così, un comico del “Drive in” si presenta sulla scena e fa incetta di voti…
(Umberto G.)
Si deve convivere con le “argille” e si deve convivere, continuamente, con amministratori che della retorica fanno professione. Anni fa le strade non si potevano fare perchè avrebbero distrutto il nostro territorio. Lo spopolamento si sarebbe combattutto con uno sviluppo sostenibile basato sulla valorizzazione dello stesso. Idee romantiche, usate per distrarre la gente, perchè ora, alla prova dei fatti, se ne vedono i risultati. Sarebbe bello sentire meno parole, indipendentemente che poi susseguano fatti, perchè sono parole fastidiose, sempre uguali, sempre di difesa, che sempre richiamano ad una presa di coscienza di un problema al quale tutti (solo relativamente al problema…) dobbiamo dare contributo costruttivo lasciando stare i populisimi; parole che non hanno contenuto ma irritano quelli che delle strade hanno bisogno per campare; perchè se uno è pendolare tra la montagna e la pianura si rende conto dell’abisso infrastrutturale esistente. Avrei tanti esempi da portare, nati parlando con i miei colleghi della “bassa”, per fare capire che siamo letteralmente allo sbando, ma non li riporto perchè non servirebbero a nulla. Ogni tanto, con garbo, bisognerebbe solo stare zitti e soprattutto avere l’umiltà di capire che a volte l’intelligenza macina al contrario.
(Andrea Ganapini)
Sono di Ramiseto, comune disagiato nella viabilità per la frana in oggetto, e mi trovo d’accordo con la visione di Giovanelli. Serve un approccio multidisciplinare per affrontare queste emergenze che ripensi il territorio nella sua globalità e non solo nell’ nell’elemento “frana”. Inoltre trovo veramente retorici i commenti che puntano il dito contro le varie amministrazioni come se le calamità naturali dipendessero dalle abilità o incapacità dei governanti di turno. La natura non è di destra o di sinistra, per fortuna.
(E.)
Vorrei replicare/dialogare con tutti in 3 punti.
1) C’è un’accresciuta instabilità dei versanti e una minore disponibilità di risorse erariali a disposizione! Per evitare prolungate chiusure di strade fondamentali serve una strategia più flessibile. Esiste? È possibile adottarla? Ho cercato di proporre un ragionamento.. non conclusivo e non tecnico.. ma in un’ottica di ricerca per una rinnovata governance intersettoriale che ottimizzi intelligenze, competenze, risorse e responsabilità. Non è semplice.. forse neppure chiaro, ma penso si dovrebbe apprezzare lo sforzo di approfondimento, più che avanzare polemiche, anche perché il “ragionamento” proposto non è una ricetta e non si è dichiarato risolutivo e autosufficiente.
2) Su quale base di conoscenze l’ho proposto? Quattordici anni di commissione ambiente e territorio del Senato, alla media di 4-6 sedute la settimana, sono seminario permanente e un osservatorio straordinario su tutte, proprio tutte, le calamità (alluvioni, frane, terremoti) di un certo rilievo. Audizioni, incontri, confronti, sopralluoghi, indagini conoscitive… università, ministeri, autorità di bacino, protezione civile, agenzie pubbliche, associazioni, amministratori locali… la fondamentale legge 183, le sue modificazioni e integrazioni… e gli straripamenti del Bisagno a Genova, quelli del Tanaro a Cuneo ed Alessandria, quello grandioso del Po del ’94, la tragedia indimenticabile di Sarno, quella della Val d’Aosta, quelle più vicine (e ridotte) della Garfagnana, delle fiumare in Calabria.. Qui da noi, tra cento altre, la frana nelle foraggere di Groppo, che travolse un’abitazione (e fu risarcita), quella di Poviglio, che spazzò via la strada e il paese (ed è stato ricostruito) quella di Ghiarole, evacuato e riabitato, quella di Corniglio, la più grande di tutte in Appennino… Di tutto questo si è discusso… su tutto questo si è valutato, deciso, legiferato, decretato, emendato, corretto e ricorretto il tiro. Sono pubblicati e disponibili i 2 volumi dell’inchiesta della XIII commissione Ambiente del Senato sul dissesto idrogeologico del paese… Mi fermo qui. E ribadisco che, sulla base di questa esperienza, mi pare utile un approccio problematico e multidisciplinare, flessibile e agile… operativo anche nel breve.. Tutto il contrario di sentenze, certezze, maledizioni o soluzioni parolaie.
3) Il Parco nazionale? Cosa ha fatto e non fatto? Di sicuro ha affrontato l’impegno di portare centri direzionali in alto, verso il crinale, a Sassalbo e a Ligonchio da cui altre funzioni pubbliche si allontanano… Comunque capisco la domanda.. È vero… i paesi invecchiano e degradano… Non posso rispondere in questa sede se non che la demografia è una variabile su cui neanche Renzi, neanche Berlusconi, neanche Napoleone potrebbero ribaltare un trend consolidato. Non è un tema da proporre a un Parco come potesse dove non possono istituzioni mille volte più forti. Ma sul rapporto tra Parco Appennino e attività agricole non è vero che c’è conflitto. È vero il contrario: basta una visita al nostro sito internet o a quello di Sapori d’Appennino o rivedersi la recente Linea Verde o Eat parade Rai per avere delle prove.
(Fausto Giovanelli)
Beh, quindi data la sua vastissima cultura in tema di dissesti idrogeologici e frane data dalla partecipazione alla Commissione ambiente e territorio del Senato, che tempistiche prevede per una soluzione alla SP 513?
(Luigi R.)
“Le argille non sono marmo” ma l’argilla, saperlo fare, la si può davvero trasformare in granito. La miscelazione tra sabbia, argilla, con un collante che può essere calce o cemento (troppo costosi qui da noi), allora con cascame di oli e/o recupero di oli, produce un cassonetto che è marmo. Se poi su quel cassonetto si stende un tappeto di asfalto volutamente grezzo quella pezzatura non solo galleggia (nell’accezione tecnica) e costa niente rispetto ai costi che si leggono (poco più del sasso di Malvolti) ma regge carico pesante. Con questo metodo sono state fatte strade, non piste e/o pezzature, in Arabia Saudita, in Camerun e in Mali; e, prima ancora, negli Stati Uniti. La domanda è: qui da noi le cose semplici si possono ancora fare o necessita “un ragionamento interdisciplinare per ottimizzare le risorse e minimizzare i disagi… discutere… decidere… legiferare… decretare… correggere e ricorregger il tiro” per poi pubblicare volumi per dire quanto impegno si speso per produrre quel che si vede?
(mv)
Sembrano una difesa d’ufficio della Provincia le parole di Fausto Giovanelli, quando ci dice che sul nostro territorio le frane sono inevitabili e ineluttabili e la messa in sicurezza delle strade praticamente impossibile dal momento che non esistono soluzioni definitive. Invoca nel contempo una più diffusa e capillare coltivazione dei versanti e qui potremmo essere anche d’accordo – pur se questo aspetto non pare riguardare molto il caso di Cantoniera di Vetto – ma dobbiamo però fare i conti con la nostra realtà, cioè il continuo abbandono dell’attività agricola, causa ragioni anagrafiche o sociali, ovvero per l’insufficiente redditività, problema che dura da tanti anni e che non possiamo scoprire soltanto oggi.
Preoccupa poi che in questa situazione ci sia chi pensa (vedi taluni commenti) di obbligare i proprietari dei terreni alla regimazione delle acque a monte. Se non lo faranno potranno essere ritenuti responsabili delle frane o sarà il primo passo verso l’esproprio dei terreni? C’è poi chi vorrebbe che prendessimo il badile e andassimo a scavare. E’ la classica mentalità dell’accanirsi verso il “privato” e di zittire chi vuol far sentire la propria voce, mentre al “pubblico” di queste parti viene sempre dato modo di giustificarsi e di tirarsi fuori. Se si vuole veramente incentivare il riutilizzo degli incolti occorrono normative semplici e snelle, che non siano delle imposizioni e che tengano conto della frequente parcellizzazione della proprietà fondiaria e del fatto che molti, pur se interessati alla cosa, non sono agricoltori e si trovano nelle condizioni di dovere affidare i lavori a terzi; e occorre altresì evitare che a questi proprietari venga richiesta una sorta di “collettivizzazione” dei loro terreni per poter godere di eventuali aiuti economici. Qualora sugli incolti si intendesse veramente passare dalle parole ai fatti e lasciar cadere le “minacce” spetta a chi ci governa – nei comuni, in Provincia e in Regione, visto che da noi è un tutt’uno – di mettersi in moto e a formulare proposte, visto che può avvalersi delle necessarie competenze tecniche e giuridiche e non mancherà di certo il nostro contributo.
(Robertino Ugolotti, 19.6.2014)
Alla domanda del sig Luigi R è forse dovuta una risposta è: “1) Dipende: con un approccio flessibile, che accetta disciplina e gestisce un ragionevole margine di rischio, le tempistiche possono essere brevissime… di giorni e i costi sono sostenibili; con un approccio che esige sicurezza pressoché assoluta e riassetto c.d. definitivo i tempi probabilmente si allungano di molto e i costi vanno oltre le disponibilità immediate 2) Prego però di accogliere la risposta “con beneficio di inventario”: devo riprecisare – anche se forse non si è capito – che ho proposto un ragionamento non tecnico e non su un singolo caso ma piuttosto metodologico e di approccio generale… Ogni caso ovviamente va esaminato e gestito, sulla base di dati e conoscenze tecniche circostanziate. Nessun approccio o filosofia di gestione può farne a meno.
(Fausto Giovanelli)
Veramente sorprendente il contenuto di questo intervento! Giovanelli ricalca osservazioni geologiche abbondantemente riprese nelle interrogazioni presentate alla Provincia, in merito alla inidoneità del sito in cui si continua a voler ampliare la discarica di Poiatica. Peccato che il Pd e nella fattispecie l’assessore Tutino, e la presidente Masini, non abbiano mai trovato le parole per rispondere adeguatamente. Il problema del Pd è il camaleontismo dei suoi politici. Lei adesso ammette che le argille sono permeabili all’acqua? Lo vada a dire a Paterlini di Iren e a chi in Arpa per anni ha raccontato che le argille sono impermeabili! Chiedo che facciate chiarezza tra voi, prima di dire tutto e il contrario di tutto. Certo che saper intortare rende: Tutino con lo scrannino in giunta a Reggio è l’emblema di tutta l’ipocrisia del sistema Pd.
(Selvaggia)
Da un vecchio proverbio chi sa fa (cioè lavora) e chi non sa comandi!!! Purtroppo è così!
(Mariapia Corsi)
Parafrasando la grande Mina: parole parole parole…
(Lollo)
Scusa Fausto. Ma se te ne stavi buono e zitto senza voler distribuire a tutti i costi “perle di saggezza e di competenze” che non hai e non ti appartengono, non era meglio? Queste manie di protagonismo a tutti i costi anzichè giovarti ti portano l’effetto contrario, solo critiche e cali di popolarità di cui, visti i tempi, non hai certamente bisogno! Di politici tromboni, che parlano solo perchè così qualcuno si ricorda che esistono, la gente comune ne ha le tasche piene e da molto, anzi moltissimo tempo. Inoltre se uno non ha niente di nuovo e nemmeno di vecchio da dire non fa peccato a stare zitto e buono e rimane al suo posto a fare il presidente del Parco e basta. Scusami se sono stato magari un po’ troppo brusco e diretto. Ciao, a presto.
(Vittorio)
Gli intenti offensivi e gli insulti qualificano chi li firma e non chi li riceve.
(Fausto Giovanelli)
Se ti riferisci a quanto ti ho scritto, chiunque può leggere e valutare se sia o non sia nulla di particolarmente offensivo, salvo tu sia eccessivamente permaloso. Mi son solo limitato ad esprimere la mia opinione. Se ritieni che possa essere stato offensivo, ribadisco che non mi pare di esserlo stato e non voleva essere il mio intento, me ne scuso.
Ciao.
(Vittorio)
Firmate tutti la petizione online per la riapertura della SP 513 di Vetto. Il link è:
http://www.citizengo.org/it/9004-riapertura-sp-513r-loc-cantoniera-di-vetto-reggio-emilia?m=5&tcid=4909420
(Isabella Vaccari)
Ringrazio il gruppo Udc e il suo presidente Silvia Noè per l’interrogazione presentata in Regione e l’interessamento dimostrato. Attendiamo esito positivo. Saluti.
(Isabella Vaccari)
Giovanelli, non è che per caso prende spunto da Filippi, che pontifica su tutto pur di far parlare di sè? Siete una bella coppia, va là.
(Serb)