Riceviamo e pubblichiamo.
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Il programma UE 2014-2020 dedicato alle aree interne ha l’obiettivo di integrare tutte le azioni pubbliche e di farle convergere a sostegno dello sviluppo delle aziende private. Questo programma d’importanza ‘vitale’ per la montagna viene applicato dall’Italia con la Strategia nazionale delle aree interne che prevede una sperimentazione preliminare in aree pilota, una per Regione. La montagna reggiana può essere scelta come Area pilota dell’Emilia-Romagna e l’Unione dei Comuni è il soggetto più adatto a concepire la proposta con soluzioni per superare lo stato attuale di azioni pubbliche tra loro del tutto separate e per rivolgerle a favore del lavoro produttivo.
Martedì 20 maggio a Castelnovo ne' Monti, nella sala del Consiglio comunale, si è discusso di questo, Enrico Bini assieme ai prossimi collaboratori non hanno perso tempo in polemiche pre-elettorali e hanno dato vita a un incontro molto importante. Infatti, le scadenze sono immediate e la montagna reggiana deve individuare delle scelte significative per sostenere la sua candidatura in concorrenza con quella della montagna modenese che in Regione è più ‘attrezzata’. Le finalità del programma UE e le caratteristiche delle aree interne sono state presentate da Ugo Baldini (Presidente di CAIRE ed esperto nazionale), Giovanni Teneggi (direttore di Unioncoop) ha dedicato un appello alla mobilitazione. Sono seguiti gli intervenuti per difendere le esperienze fatte o criticarle, per chiedere chiarimenti o proporre nuovi criteri. Il consigliere regionale Giuseppe Pagani è stato messo al centro delle sollecitazioni e l’iniziativa di Enrico Bini ha confermato la validità della partecipazione. Se la popolazione apre gli occhi diventa possibile uscire dalla condizione in cui ci troviamo, con le disfunzioni pubbliche e i soldi sprecati senza creare produzioni capaci di trattenere i giovani sul territorio. Dunque, si presenta la possibilità di uscire dalla trappola dei servizi sbagliati
La Strategia nazionale delle aree interne si basa sulla SINERGIA tra l’adeguamento dei servizi, (in particolare scuola, sanità, mobilità) e i progetti di sviluppo locale incentrati su 5 campi (tutela attiva del territorio, valorizzazione del capitale naturale, sistema agroalimentare, energie rinnovabili, saper fare-artigianato). Il Regolamento europeo sui finanziamenti per 2014-2020 affida allo Stato la possibilità di realizzare la SINERGIA con un nuovo metodo, ovvero delegare a organismi come l’Unione dei Comuni la gestione e l’attuazione dell’Investimento Territoriale Integrato. C’è dunque da correre per battere i vicini modenesi che sinora hanno colonizzato l’Appennino reggiano attraverso il GAL e occorre anticipare la partenza dell’Unione dei Comuni.
Le accuse contro gli apparati pubblici sono tante e le principali si ripetono. La Regione si distingue perché boccia un progetto imperniato proprio sulla sinergia (tra produzione di cibo, sfruttamento di energie rinnovabili e offerta turistica), perché ha procedure di lunghezza ingiustificata, perché non ha un servizio di progettazione rivolto ad aggregare più soggetti, perché fa ricorso ai bandi che in montagna si rivelano più numerosi dei partecipanti e li obbligano a correre separatamente. L’Ente Parco è un fenomeno che intercetta il finanziamento pubblico, lo destina a ogni categoria dell’effimero e realizza l’unica sinergia nel sostenere il lupo e nel rimborsare un po’ dei danni provocati agli ultimi allevatori. La Scuola è rigida e resta intenta a spedire i giovani alla ricerca di un impiego altrove. L’Ente locale va caccia di contributi per mantener sé stesso. L’Ospedale attende qualche partoriente che giustifichi il reparto e non si muove a imitare il modello che riesce ad essere attraente perché ingaggia giovani specialisti e pratica un agile sistema di prenotazione-esecuzione delle visite. Pure il Sindacato si preoccupa di ricevere delle funzioni burocratiche da svolgere, dunque ci si chiede se il nuovo strumento dell’Investimento Territoriale Integrato sarà in grado di superare l’ostacolo del feudatario moderno che sta aggrappato al proprio cassetto di competenze e non solo dentro le torri di Bologna, pure in montagna si compiace di spendere per restaurare torri, ciminiere, vecchie costruzioni senza curarsi che siano utili a qualcuno.
Se si guarda alla forza motrice della montagna si può migliorare l’erogazione dei servizi.
A- La maggior parte delle attività produttive presenti in montagna (dall’agroalimentare, all’artigianato, al commercio, al turismo) sono basate sull’AZIENDA FAMIGLIARE. Il tipo di impresa presente su tutto il territorio urbano e rurale è in grado di trasmettere il saper fare e di introdurre innovazioni, meglio di ogni altra. E’ capace di agevolare l’inserimento stabile dei giovani. E’ tuttavia trascurata perché manca la formazione dedicata a impostare rapporti corretti tra generazioni, tra uomini e donne per poter introdurre fasi di lavoro specializzate e diversificare le attività. E’ debole di fronte al mercato. E’ priva di servizi di sostituzione in caso di malattia e di bisogno. E’ in attesa di un chiaro, univoco, riconoscimenti di priorità nell’uso delle risorse.
B- Per ribaltare le condizioni che frenano il più importante motore di sviluppo servono dei PROGETTI INTERAZIENDALI SOSTENUTI DAI SERVIZI forniti dal Comune, dal Consorzio, dal Sindacato, dalla Confederazione, mobilitando la Scuola, la Sanità e ogni altra istituzione. La montagna ha bisogno di curare la sue basi. Di un’efficace e costante inserimento delle popolazioni immigrate. Di raggiungere un’adeguata valorizzazione dei prodotti alimentari sui mercati utilizzando la più ampia superficie a foraggere per riuscire a frenare nello stesso tempo l’abbandono, la dipendenza dal mercato dei mangimi, la perdita di qualità nelle più importanti filiere foraggio-formaggio, siero-salumi. Di sperimentare e praticare gli accordi tra pubblico e privato per intervenire nel bosco con nuove tecniche e diffondere impianti che impiegano l’energia da legno. Di superare i ritardi nel regolare lo sfruttamento di altre fonti di energia rinnovabile, il prelievo dell’acqua, la gestione dei rifiuti , la bonifica delle discariche, il riuso dei materiali. Di rivedere i criteri di pianificazione e tassazione degli immobili al fine spingere gradualmente cittadini e imprese a riqualificare le periferie, i centri urbani, i paesi rurali per renderli invitanti sia alla residenza, sia all’utenza turistica senza sprecare dell’altro territorio.
Il lavoro sulle due direzioni ha bisogno di radunare apporti, competenze e partecipazione per non cadere nel solito inganno di cercare dei soldi pubblici per mantenere chi sta in posti pubblici, sopra, sotto e di fianco.
(Enrico Bussi)