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La storia di Evaristo, sopravvissuto alla strage di Cernaieto, diventerà un film

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La storia di Evaristo, sopravvissuto alla strage di Cernaieto, diventerà un film

La locandina
La locandina

Filippi alla commemorazione di domani, 3 maggio, rivelerà contenuti inediti sulla strage.

"La verità storica prima o poi viene a galla, anche se vennero bruciati gli archivi delle chiese e sparirono i verbali dagli archivi comunali, come nel caso della strage di Cernaieto. Proprio in questi mesi è venuta alla luce una storia inedita: il miracolo di Evaristo Fava, il sopravvissuto dai morti". Alcuni mesi fa un importante regista aveva contattato il consigliere regionale Filippi, per valutare l'ipotesi di un film sulla strage di Cernaieto. Filippi, venuto a conoscenza della storia di Evaristo, ha informato il regista, il quale verrà a Reggio Emilia il 5 giugno prossimo, nel territorio dove fu commessa quell’assurda barbarie a guerra finita.

Filippi, sabato 3 maggio (ore 12), alla decima commemorazione di Cernaieto, rivelerà l'inedita storia di Evaristo assieme ad altri avvenimenti venuti a galla in questi mesi che fanno emergere una verità opposta rispetto a quella raccontata dai partigiani.

Di seguito Filippi ne riportia un'anticipazione:

“È il 23 aprile 1945. Evaristo Fava, ufficiale delle poste di Costaferrata, è a casa di un amico alla Vecchia di Vezzano, ha appena finito di pranzare quando tre partigiani di Casina bussano alla porta, lo prelevano, gli sequestrano la bicicletta, l’orologio e il portafoglio, lo costringono a seguirli nei boschi per non farsi vedere. Dopo ore di cammino arrivano a Vedriano, dove, in una tristemente nota ex scuola adibita a carcere, Evaristo Fava, viene imprigionato assieme ai militi della RSI catturati a Montecchio, a tre ragazzi sedicenni ed alcune giovani donne. Vengono tutti “processati” il 24 aprile da noti e importantissimi dirigenti del PCI reggiano, arrivati a Vedriano con una Balilla nera. L’esito del processo-farsa è univoco: condanna a morte, per tutti i ventiquattro prigionieri del carcere. Evaristo non sa nemmeno perché è lì, cosa c’entrano lui, quelle donne e quei ragazzi con la guerra civile? Quale è la sua colpa? È un uomo buono, non ha mai fatto del male a nessuno. Ma questo evidentemente non è importante, non per quei partigiani comunisti, non nei giorni della liberazione, e così i prigionieri vengono legati tra di loro con il filo di ferro e condotti nel bosco di Cernaieto. Sono in ventiquattro, vengono disposti su due file orizzontali di dodici, ai bordi di una fossa. Evaristo per la sua altezza è in seconda fila. Nel momento in cui i partigiani imbracciano le mitragliette per sparare, l’uomo pensa alla moglie e ai figli piccoli che non potranno più vederlo, che dovranno crescere senza padre, e sviene. Cade a terra come corpo morto, trascinando sopra di sé altri tre o quattro condannati legati a lui che gli faranno da scudo umano, proteggendolo, con il loro corpo, dalle pallottole. Quando Evaristo nella fossa del bosco, riprende i sensi, fa fatica a rialzarsi, è circondato dai corpi senza vita degli altri uomini. Solo a notte inoltrata riesce a trovare la forza per liberarsi dal filo che lo lega agli altri, a sollevarsi dalla fredda terra e a scappare dall’inferno di Cernaieto. Raggiunge l’ufficiale postale di Marola prima dell’alba, lui lo affida ad un contadino che lo nasconde in un carro carico di fieno e lo accompagna a Casina dalle sorelle Bassi, postine pure loro. Le sorelle si prendono cura di lui, lo rimettono in piedi e lo affidano infine ad un partigiano delle Fiamme Verdi, che lo accompagna, proteggendolo, al carcere della caserma Zucchi. Qui l’uomo non passa giorni tranquilli, i partigiani spesso entrano, armati, e prelevano persone da giustiziare. Ogni volta Evaristo rivive il sequestro, la fucilazione e la fuga dei giorni prima. Il redivivo torna a casa dopo tre mesi di reclusione, ma è ricercato, è nella lista nera dei partigiani che lo cercano, lo trovano e lo picchiano con le cosiddette ‘sacchettate’. Evaristo dopo alcuni mesi di convalescenza sopravvive, racconta la sua storia all’amico Marino e attraverso persone tuttora viventi, il tutto mi viene dettagliatamente raccontato. Nel terrore di quegli anni, Evaristo fu, se così si può dire, fortunato e poté tornare dai suoi cari. Ma non andò così per tutti gli altri 23 compagni di sventura, non andò così per quelle donne e per quegli uomini che, con i loro corpi, gli salvarono la vita”.

"I partigiani hanno sempre sostenuto che di Cernaieto si sapeva tutto, ma di Evaristo e di altre storie che verranno raccontate a Cernaieto da Filippi fino a ieri non si sapeva niente".