Agli appassionati potrà interessare che da quest'anno la pesca nei laghi del Ventasso e di Monte Acuto, entrambi nel ramisetano, è vietata. Il motivo risiede nel fatto che questi specchi d'acqua sono compresi nella zona 1 del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano.
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Mio padre Nino raccontava spesso di quella volta, era il 1955, che assieme a Giovanni il falegname, a Gianni il pastore, ad Enzo il giornalista (sì, Biagi!) e a Orioli, il maresciallo della Forestale, avevano attraversato il lago in barca e pescato trote lunghe un braccio (e c’era una foto a dimostrarlo!). Così noi due, in primavera, dall’età di 10-11 anni, partivamo dalle nostre case in paese a Ramiseto. Io, Sandro, con il figlio di Giovanni il falegname, il mio amico Michele, (detto Mike per via dei capelli biondi e di uno zio americano). Con due canne di bambù, che portavamo smontate nelle borse a tracolla, filo galleggiante, ami e piombini, alcuni panini imbottiti dalle nostre mamme, ci incamminavamo presto al mattino attraverso carraie, su per sentieri e attraverso qualche tratto di bosco, per arrivare dopo un’ora al lago. Silenzio profondo, nessuno attorno, solo i grandi faggi centenari, il cielo azzurro luminoso con rare nuvole bianche che si specchiavano brillando nell’acqua del Calamone. Una meraviglia, una avventura per due ragazzini che prima del tramonto ritornavano poi, sempre ridendo, a casa, con qualche piccola trota da regalare alla mamma e al babbo, che tanto noi non le mangiavamo… Le avevamo pescate e forse un po’ ci dispiaceva averle portate via dal loro lago incantato. Ora non si può più fare (non noi che siamo oltre la mezza età, Mike ha i capelli grigi e io non li ho più tutti e neri!), neanche mio nipote, che un Parco nazionale (chi?) lo vieta. A volte mi domando che ne penserà Gianni il pastore, Biagi il giornalista e Nino, il mio povero babbo che dal cielo, sono sicuro, qualche volta ancora tutti assieme si specchiano nel nostro lago, con la canna da pesca in mano, raccontando antiche storie all’ombra di quegli enormi faggi e poi scuotendo le testa perplessi…
(Alessandro Raniero Davoli)
Leggendo questo articolo mi vengono alla mente quei pensionati che nelle giornate calde estive, di buon’ora, arrivavano al lago del Ventasso magari dalla nostra pianura, non potendosi permettere gite in Trentino, per passare una bella giornata al fresco, prendendo magari qualche trota, senza sporcare, senza fare rumore con mezzi motorizzati, senza arrecare nessun danno all’ambiente. Magari poi, prima di andare via, si fermavano a pranzo in qualche ristorante locale e facevano spesa di qualche prodotto tipico. Portavano un po’ di introito. Mi rivolgo agli enti preposti: siete sicuri che questo è il modo migliore per valorizzare il nostro territorio? Poi non lamentiamoci se non viene più nessuno.
(Montanaro)
Pescatori, andate a pescare altrove, nella nostra montagna non serve questo tipo di turismo. Presto non si potrà pescare anche in altre acque, sempre che queste ci siano ancora, ma questo è un altro argomento. Continua la raccolta dei frutti del Parco. Saluti.
(Fabio Leoncelli)
Beh, per chi come me proponeva al Direttore del Parco nazionale di vagliare l’ipotesi di consentire la pesca anche nel bacino di Ligonchio (così come avviene al Lagastrello) è una grande delusione. Dico anch’io che col pretesto della pesca spesso ci si mette in viaggio con famiglie al seguito e si va così a contribuire e ad attivare quel turismo che è invece latitante. Non solo, al Lagastrello versi pure una quota, se vuoi pescare!
(Umberto Gianferrari, Commissario Caccia Pesca Ambiente per l’Emilia-Romagna)
Mi rattrista moltissimo questa notizia. Il lago del Ventasso è sempre stato per tutta la mia famiglia simbolo di gite spensierate e di… trote. Mio nonno, Sergio Bellini, fin dai primi anni trenta era uno dei maggiori frequentatori, portava la famiglia e gli amici in campeggio, sotto le tende, dormendo sulla paglia, in mezzo ai cavalli che allora scorrazzavano liberi per il Ventasso. Ho delle foto del periodo, con una dedica di Romolo Valli, ospite appunto di una di quelle tendate. Fu lui ad costruire la prima baracchetta, ormai quasi crollata. Mio padre e io stesso, con gli amici pescatori di Castelnovo, abbiamo trascorso delle giornate bellissime con la canna da pesca in mano, nel completo rispetto della natura. E’ una vera tristezza dover privare di queste piccole ma bellissime esperienze i miei figli e altri bambini che, come me, ricordano felici la cattura di qualche bella trota.
(Sergio Bellini)
Complimenti, poi ci si lamenta perchè in montagna non viene nessuno. Grazie, Parco!
(Stefano)
Ecco, questa è una assurdità. Quando fu fatto, anche dal sottoscritto, il propedeutico Piano Territoriale del Parco, non sfuggì di assicurare a laghi come questi la tradizionale attività di pesca. Ma poi è successo che, nei meandri di una burocrazia più attenta a gestire se stessa piuttosto che l’ambiente, questi laghi siano “finiti” in zona “A” (alta tutela), senza escludere il diritto di pesca. Mi risulta che prontamente i Comuni interessati e anche il Parco nazionale abbiano iterato una richiesta di modifica di questa condizione, perché è più che evidente che vietare la pesca in questa acque è assurdo e antistorico.
Speriamo che un provvedimento dell’ultima ora in deroga possa riaprirli entro la prossima data di apertura prevista, grosso modo, per il mese di maggio! Tra l’altro dimenticarsi della necessità di creare e conservare invece altri specchi lacustri di recupero delle acque torrentizie primaverili e autunnali ha già determinato il caso che, proprio in occasione di un incendio boschivo di 2 anni fa a Pratizzano, in assenza appunto di bacini d’acqua disponibili si sia dovuto andare a prelevare l’acqua per domare l’incendio proprio nel lago Calamone, come se in quel caso fosse solo “una buca”. Speriamo davvero che tante iniziative che si stanno muovendo sulla valorizzazione della pesca in questo Appennino prendano corpo al più presto e che fra queste vi sia anche il lago Calamone.
(Marco Leonardi)
Se concordi puoi firmare la lettera/interrogazione che ho inviato al presidente dell’Unione, allego sotto il testo.
Al Presidente dell’Unione dei comuni del crinale
Oggetto: Chiusura pesca lago Ventasso e monte Acuto
Il sottoscritto NN
VISTA la prossima apertura della pesca, attività correlata al turismo ed alla promozione del territorio montano;
VISTE le norme di salvaguardia allegate al decreto istitutivo del Parco nazionale dell’A.T.E. (DPR 21 maggio 2001);
VISTO l’inserimento dei laghi in oggetto, in Zona 1 del P.N. dove le norme prevedono il divieto di pesca,
CONSIDERATA inoltre la storia dei nostri bacini montani, dove la pesca mai ha creato danni se non possibilità di svago, promozione e supporto alle attività del settore turistico
CHIEDE
– di intervenire presso gli enti competenti al fine di risolvere il problema e riaprire alla pesca i bacini interessati dai provvedimenti di chiusura,
– in alternativa, ai sensi degli articoli 39 e 40 del regolamento, chiede di inserire nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio il sopraelencato provvedimento di chiusura al fine di trovare una soluzione al problema, se condiviso dalla maggioranza.
(Fabio Leoncelli)
Rispondo ad Umberto Gianferrari. La pesca all’interno del bacino idroelettrico di Ligonchio è consentita dalla sponda idrografica sinistra, infatti apre l’ultima domenica di marzo. Non è soggetto al pagamento di alcun permesso. I pescatori devono essere provvisti solamente del versamento e del tesserino segna-catture in quando dette acque ricadono nella zona “D”.
(Il Grillo Parlante)
Ringrazio “Il Grillo Parlante”. E’ strano, perché quando proposi al direttore Vignali di aprire la pesca nel bacino di Ligonchio mi rispose in data 07-06-2011 che avrebbe vagliato quella mia proposta con Enel.
(Umberto G.)
Che assurdità, chissà che fastidio danno i pescatori! Finire di lavorare e fare un salto a pescare mentre mia figlia gioca nel prato? Era il mio relax, grazie Parco!
([email protected])
Con la scusa di buttare una lenza nall’acqua per prendere qualche pesce, che poi veniva rilasciato, negli anni scorsi al Calamone andavo, diciamo, una ventina di volte nei mesi estivi. L’anno scorso dopo il divieto al lancio di trote, che ho fatto fatica a capire, al lago sono andato pochissime volte; quest’anno dopo quest’altra novità penso di non andarci più e se ho voglia di fare una pescata andrò da un’altra parte. Io sono soprattutto un appassionato di montagna, sempre stato d’accordo sui parchi che tutelano l’ambiente naturale, ma sono anche convinto che la natura debba essere vissuta, naturalmente con il dovuto rispetto, e se si vuole che questo nostro Appennino venga conosciuto e frequentato di più queste scelte vanno nel senso contrario. La pesca è già regolamentata autonomamente con divieti riguardanti esche, periodi e zone. Caro Parco, in molti posti, fra altre iniziative, anche la pesca, che non mi sembra una attività invasiva, rientra fra le attrattive turistiche che possono portare vantaggi a tutti.
(Claudio Bertozzi)
In tutte le aree alpine si cerca di sfruttare la pesca alla trota come fonte di turismo, da noi si cerca in tutti i modi di disincentivare quest’attività con scelte, divieti e regolamenti dal mio punto di vista insensati. Ho trent’anni e da oltre venti sono pescatore. Mai come negli ultimi tempi mi trovo in disaccordo con molte scelte della provincia e dell’ente Parco. Liberare i lucci nel sistema dei laghi cerretani sta portando ad una rapida diminuzione delle specie autoctone. L’istituzione delle zone A trofeo (amo singolo e possibilità di detenere un solo esemplare di misura superiore a cm 30) in alcuni dei tratti più belli del fiume Secchia ed affluenti, allo scopo di salvaguardare gli esemplari più giovani senza tuttavia considerare che la trota giovane corre più pericoli con i sistemi di pesca ad amo singolo visto che spesso l’amo singolo viene ingerito per intero con conseguente morte dell’esemplare (cosa assai più difficile con il cosiddetto cucchiaino). La chiusura dei laghi Calamone e monte Acuto. Di questo passo tra dieci anni ci si troverà costretti a pescare solo al lago di Virola, sempre ammesso che non si decida di proibire la pesca anche lì. Se si vuole limitare l’impatto della pesca (già di per sè molto basso) sull’ambiente perchè, invece di proibire, non promuovere incontri informativi in cui si istruiscono gli appassionati sui regolamenti e sulle regole del buon senso (spesso secondo me mancante) da seguire in questa splendida attività?
(Luca R.)
Limitare i limitatori diventerà un obbligo, perchè ogni volta che fanno qualcosa è un danno.
(Fa)
Un altro grande vantaggio portato dal Parco nazionale.
(Floriano Nizzi)