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Per prevenire i danni dei lupi al bestiame la Regione adotta un Piano

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lupoAl via un piano di intervento destinato alla prevenzione degli attacchi dei lupi al bestiame.

Lo ha messo a punto l'assessorato all'agricoltura della Regione Emilia-Romagna per sostenere le aziende zootecniche collinari e montane esposte al rischio predatorio.

A questo scopo, nel piano finanziario regionale è stato introdotto per il 2014 lo stanziamento di specifici fondi, che ammontano a 100mila euro e che potranno essere ulteriormente incrementati.

"Il lupo è una specie protetta dalla legge italiana ed europea. Noi vogliamo proteggere anche i nostri allevamenti. L'obiettivo del piano è rendere possibile una convivenza difficile". Con queste parole l'assessore regionale all'agricoltura, Tiberio Rabboni, ha presentato stamani l'iniziativa alla stampa.

Il piano, sperimentale, prevede tre fasi: la sensibilizzazione degli allevatori, con incontri sul territorio per far conoscere le opportunità offerte e raccogliere le manifestazioni d'interesse. Sopralluoghi di esperti nelle singole aziende per individuare gli interventi più idonei alla protezione del bestiame. La pubblicazione di un bando regionale per finanziare l'acquisto di cani da guardia addestrati e di materiale di protezione, come recinzioni e dissuasori.

"Il progetto - ha spiegato Rabboni - nasce da alcune considerazioni: il fenomeno degli attacchi dei lupi, con la conseguente uccisione di bestiame, sta diventando una realtà purtroppo significativa anche nell'Appennino emiliano-romagnolo. Convivere con il lupo è possibile, ma per farlo gli allevatori devono adottare le precauzioni adeguate. Esperienze simili già realizzate in Italia e in Europa hanno dato ottimi risultati, con un contenimento di oltre il 90% dei fenomeni predatori quando è stata fatta una buona prevenzione".

Già dal 2002 la Regione riconosce agli allevatori zootecnici un indennizzo dei danni da canidi (lupi e cani vaganti): attualmente viene risarcito il 100% del valore dei capi predati, con un contributo di 100 euro per lo smaltimento delle carcasse, per una spesa annua complessiva di circa 150 mila euro, che non ha conosciuto picchi di crescita nel tempo.

"Il piano di intervento - ha concluso Rabboni - costituisce dunque uno strumento aggiuntivo di supporto agli agricoltori, per aiutarli a convivere con un rischio d'impresa rispetto al quale si trovano spesso impreparati. Il lupo è stato infatti assente per lunghi anni dal territorio regionale, ma ormai è diffuso su tutto il crinale appenninico emiliano-romagnolo".

"Metteremo in atto le migliori pratiche già sperimentate con successo e concorderemo con gli allevatori soluzioni su misura in base a tipologia dell'allevamento, morfologia del territorio, modalità di ricovero del bestiame e guardiania", ha specificato l'esperto del settore Duccio Berzi che prenderà parte al progetto.

Gli attacchi al bestiame

Dal 2008 la Regione Emilia-Romagna ha georeferenziato gli attacchi da canidi per identificare le zone più a rischio. Sono interessate tutte le province, ad eccezione di Ferrara; Forlì-Cesena è la più colpita.

Su 572 aziende zootecniche presenti nelle zone collinari e montane, mediamente sono 130 all'anno quelle che subiscono gli attacchi.

I dati del Servizio Veterinario regionale registrano 139 azioni predatorie nel 2011 e 127 nel 2012; per il 2013, fino a settembre sono state 76.

Su 14.200 capi allevati, nel 2011 ne sono stati uccisi 630, nel 2012 709 e 296 fino a settembre 2013.

Gli animali più attaccati sono gli ovicaprini (92%), sia per le dimensioni contenute, sia per la difficoltà, da parte degli allevatori, di mettere in atto efficaci strategie antipredatorie. Modesti, invece, i danni su bovini, asini e cavalli.

Il periodo maggiormente interessato dagli attacchi va da aprile a ottobre, mesi in cui il bestiame viene generalmente lasciato al pascolo allo stato brado o semibrado.

Il piano in dettaglio

Il "Piano di intervento per la realizzazione di un progetto sperimentale di prevenzione degli attacchi da lupo in Emilia-Romagna" è stato approvato con delibera di Giunta n 250/2014. Con una modifica alla legge regionale sulla fauna selvatica del luglio scorso, è stata demandata alla Giunta sia l'approvazione di uno specifico piano, sia il relativo stanziamento di fondi.

Viene istituito un gruppo di lavoro - composto da Regione, Province, Associazioni agricole, Associazioni degli allevatori e un esperto del settore - per la condivisione delle azioni.

Su tutto il territorio regionale, ad eccezione della provincia di Ferrara che è l'unica non interessata al fenomeno, saranno organizzati gli incontri con gli allevatori, al termine dei quali verranno raccolte le manifestazioni di interesse che costituiranno un criterio di priorità per accedere ai contributi. I sopralluoghi degli esperti serviranno a concordare la soluzione migliore per l'azienda.

Nei prossimi mesi la Regione approverà il bando a cui tutti gli allevatori potranno partecipare, indicando il tipo di intervento e una stima dei costi.

Le risorse stanziate saranno assegnate alle singole Province, che erogheranno agli allevatori i contributi previsti sulla base di una graduatoria. La liquidazione avverrà una volta verificata la messa in opera del materiale o l'adeguato utilizzo dei cani.

Gli strumenti di difesa che possono essere acquistati sono: recinzioni tradizionali, elettrificate o miste e dissuasori elettronici, che funzionano attraverso l'emissione di suoni al passaggio di animali rilevati da un sensore.

Il piano prevede anche la consegna, da parte della Regione, di cuccioli di cani da guardia adeguatamente selezionati, l'assistenza di un operatore cinofilo e incontri formativi per la corretta gestione dell'animale.

Il monitoraggio in Emilia-Romagna

Dal 2002 la Regione Emilia-Romagna - in collaborazione con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) - ha attivato un progetto di monitoraggio decennale per studiare il fenomeno della ricolonizzazione del territorio da parte dei lupi.

Sono stati analizzati circa 7.000 campioni biologici di canidi, dai quali è stato possibile identificare i soggetti appartenenti alla specie lupo, la localizzazione, il numero di branchi stabili e i soggetti con patrimonio genetico ibrido tra cane e lupo. È stata stimata una dimensione media annua della popolazione di circa 200 individui, diffusi lungo l'intero crinale appenninico regionale, e sono state individuate 31 aree di presenza stabili, in alcune delle quali vivono esemplari con patrimonio genetico ibrido (21 quelli identificati).

La presenza del lupo in Italia

Dal 1971 in Italia è proibita la caccia al lupo, riconosciuto per legge dal 1976 "specie protetta". In quanto tale, anche l'Europa ne proibisce il disturbo, la cattura, l'uccisione, la detenzione e il commercio. Risale agli anni Settanta la sua rapida ricomparsa non solo nelle aree montane, soprattutto appenniniche, ma anche in collina e in fondovalle. Si tratta di una specie dalle grandi capacità adattive e questa caratteristica l'ha reso il mammifero terrestre selvatico più distribuito nel mondo; in Italia era ampiamente diffuso fino alla metà del XIX secolo, ma all'inizio degli anni '70 raggiunse il minimo storico, con una presenza di circa 100 esemplari. La deforestazione delle aree montane, la conseguente scomparsa degli ungulati selvatici, sue prede naturali, e la persecuzione da parte dell'uomo per l'impatto sul bestiame domestico hanno causato la riduzione drastica del lupo.

 

1 COMMENT

  1. Giova ricordare che gli Ambiti Territoriali di Caccia sono associazioni dal profilo privatistico, un po’ particolari perché gestiscono un patrimonio pubblico: la fauna selvatica. Cedendo permessi di abbattimento di questo bene della collettività si incassano (mi riferisco agli ungulati) da certi AA.TT.CC. anche centinaia di migliaia di euro/anno. A mio avviso se dai bilanci risultassero avanzi di gestione (Atc Montagna: bilancio previsione 2014 avanzo di gestione al 31-12-2013 euro 200.000 e tot. generale entrate, 570.000 euro!) questi andrebbero spesi anche per prevenire e/o risarcire i danni causati dal lupo che sempre fauna selvatica è. Ciò anche se, in linea di principio, i danni causati da specie non cacciabili dovrebbero essere a carico dell’ente pubblico. Ente pubblico che a volte mi pare si accolli anche i risarcimenti da fauna selvatica cacciabile. Poi ci lamentiamo se il nostro debito pubblico è in profondo rosso.

    (Umberto G.)

    • Firma - Umberto G.