Quella nella foto della Nasa è la nube in cui viviamo, o meglio in cui siamo "immersi". La nube che entra nei nostri polmoni in questi giorni d’inverno "anomalo". L’ultimo rapporto dell’Agenzia comunitaria dice che la Pianura padana è la zona più inquinata dell’Europa. E non è ancora nulla. Perché uno studio presentato dice che le cose stanno ancora peggio di come finora ce le eravamo raccontate.
Il Laboratorio energia e ambiente di Piacenza e il Politecnico di Milano hanno presentato nei giorni scorsi i risultati di uno studio durato tre anni sullo smog della Pianura padana. Chi in questi anni si è preoccupato leggendo i bollettini quotidiani dell’Arpa sugli inquinanti che respiriamo ogni giorno, ora avrà davvero paura. Perché oltre al Pm10 e alle sostanze chimiche normalmente monitorate (e perennemente in eccesso), nella "bolla" venefica in cui siamo immersi vi sono altre componenti ancor più pericolose che normalmente vengono ignorate.
Lo studio ha dimostrato la concreta minaccia delle polveri ultrafini, le nanoparticelle di nitrato di ammonio, di metalli presenti, di solfato e di altri composti chimici volatili. Sono cento volte più piccole del Pm10 e quindi capaci di scendere più a fondo nelle vie respiratorie. Finora nessuna legge impone di controllare queste particelle. Ci si ferma al Pm2,5.
Grazie ad un finanziamento della Fondazione di Piacenza e Vigevano, i ricercatori hanno condotto una serie di campionamenti dell’aria dal 2011 al 2013, in area urbana e in campagna, con una tecnica di raccolta nuova: uno zaino campionatore. Hanno studiato l’esposizione della gente alle polveri ultrafini differenziando l’aria respirata da chi si muove a piedi, chi in bus, chi in auto.
Pur ribadendo, come noto, che in inverno gli agenti inquinanti sono doppi rispetto all’estate per la presenza di più fonti di smog, cioè le caldaie del riscaldamento, comunque è stata dimostrata la grave responsabilità delle automobili nel far ammalare la gente. Zone poco esposte al traffico hanno concentrazioni di polveri più che doppie rispetto a zone più protette, dove c’è del verde.
Lo studio dimostra anche la bontà di misure definitive come la pedonalizzazione delle strade. Chi si muove in bici d’estate lungo una via trafficata (ed è la stagione meno sporca…), si immerge in una nube invisibile di 22mila particelle ultrafini per centimetro quadrato, invece se si pedala in un’area pedonalizzata distante anche poche centinaia di metri da quella di prima, si contano solo 10mila particelle per centimetro quadrato.
E non si creda che sia meglio abbandonare la bici e muoverci tutti in auto, per proteggerci dietro il parabrezza. Perché in realtà quello che respira il ciclista, lo respira anche l’automobilista. L’aria misurata all’interno e all’esterno delle auto in movimento presenta infatti pressoché gli stessi valori. E l’automobilista non guida mai in una zona verde…
Ma, a sorpresa, chi può fare più male di tutti è l’autobus, se alimentato a gasolio: all’interno dei bus, Upupa ha scoperto concentrazioni di polveri più alte che all’esterno. Naturalmente non vale per i filobus o i mezzi a metano.
I momenti più sporchi sono il passaggio di un camion oppure di una macchina spazzatrice, che sembra che stia pulendo, invece solleva moltissime particelle pericolose.
Che fare, allora? Michele Giugliano, direttore della ricerca Upupa, suggerisce misure drastiche: “Inutile insistere in azioni su aree ridotte a tempo limitato. Non basta fermare le auto una domenica ogni tanto per sperare di cambiare le cose. In una zona così climaticamente svantaggiata, serve un radicale cambiamento sui mezzi di trasporto, permanente e su larga scala, ma anche una riduzione vera delle emissioni industriali e la diffusione del teleriscaldamento”.
Ai politici un consiglio prima che sia troppo tardi: muovetevi! Certi provvedimenti anti-smog faranno male a qualcuno, ma è l’unico modo per non ucciderci tutti dall'inquinamento in cui siamo immersi.