Il progetto di legge di iniziativa della giunta regionale “Istituzione di nuovo comune mediante fusione dei comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto nella provincia di Reggio Emilia” è stato predisposto sulla base dell’approvazione dell’avvio dell’iter della fusione da parte dei consigli comunali alla fine di ottobre (Busana e Collagna all’unanimità, Ligonchio e Ramiseto con maggioranza qualificata dei due terzi).
E' stato presentato così alla conferenza stampa che si è svolta questa mattina: "Perché abbiamo affrontato questa sfida? Partiamo da un presupposto: i 4 comuni fanno tuttora parte dell’Unione dei comuni dell’alto Appennino reggiano, nata nel 1999 (e in tal senso è stata una delle prime in Italia). Tale esperienza ha rappresentato un momento positivo e di aggregazione ed un esempio di buon governo. Sono state gestite e finanziate dall’Unione dei comuni le seguenti attività: due micronidi a Busana e Ramiseto, la scuola di musica del crinale, un servizio sociale strutturato, un’unica commissione edilizia per i 4 comuni, l’unificazione del servizio tributi, gestione unitaria e coordinata delle attività di promozione del turismo, gestione in maniera associata ed uniforme (con significativi risparmi) e con appalti unificati di servizi fondamentali (come la spalata neve, la manutenzione del verde e lo sfalcio dell’erba nel periodo primaverile ed estivo, la polizia municipale, la gestione dell’informatica, dei contratti di assistenza e delle licenze di utilizzo, la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione, la gestione e la manutenzione del settore della “gestione calore”, tutto il settore degli appalti e dei lavori pubblici, semplificazione dei processi amministrativi e realizzazione di un unico ufficio paghe per i 4 comuni dell’Unione), miglioramento degli strumenti di comunicazione e di contatto con i cittadini attraverso il potenziamento della funzione del sito internet dell’Unione dei comuni e la pubblicazione del notiziario “Il crinale”, è stato sottoscritto, e sempre rinnovato, un accordo di programma per il sostegno e la piena collaborazione per il buon funzionamento dell’Istituto comprensivo dei 4 comuni, allargato nel 2013 a Vetto. Ed a partire dall’anno scolastico 2011-12 l’Unione dei comuni cofinanzia un progetto volto a rendere gratuito l’utilizzo dei testi scolastici per i ragazzi delle scuole medie, attuando un progetto unico nel panorama provinciale".
"Ora la nostra realtà deve fare i conti con le sfide (ritorna questo termine) nuove che attraversano il governo locale e la riforma della pubblica amministrazione. Per questo è stato avviato un confronto serio sul tema della fusione: i 4 comuni sono tra loro contigui, sono affini ed omogenei (tre sono sulla valle del fiume Secchia, Ramiseto su quella dell’Enza) e possono puntare sulla loro integrazione grazie proprio all’esperienza dell’Unione, che fa da apripista a questa nuova avventura. Gli aspetti legati all’operazione di fusione sono stati esposti nel corso di 15 assemblee che si sono svolte prima degli atti consiliari, assemblee dove sono state ricevuti incoraggiamenti e ovviamente anche raccolto critiche ma complessivamente si è rafforzata la convinzione dei 4 sindaci".
"Quali sono dunque gli aspetti da sottolineare della fusione? Il nuovo comune che si formerà sarà un comune con una superficie di 257,24 kmq (il primo nella provincia di Reggio Emilia per estensione territoriale e il sesto in Regione) e con 4.500 abitanti. Sul piano economico-finanziario evidenti i vantaggi: beneficerà di un contributo annuale di 247.500 all’anno per 15 anni, un contributo straordinario in conto capitale di 200.000 euro all’anno per tre anni (art. 5 del progetto di legge), un contributo statale di 403.454 euro all’anno per 10 anni, pari ad un totale di 8.347.040 euro. Si tratta di risorse aggiuntive rispetto ai trasferimenti ordinari. Il nuovo ente avrebbe sicuramente un peso ed un’autorevolezza maggiore nella elaborazione dell’agenda politica della montagna e avrebbe un’identità nuova, più larga, efficiente e competitiva con la possibilità di costruire progetti ambiziosi incentrati sulle potenzialità ed eccellenze del territorio: turismo, ambiente, sviluppo e sfruttamento delle energie rinnovabili e delle risorse naturali (acqua, bene, boschi, vento), sfruttamento dei prodotti del sottobosco (funghi, mirtilli, etc). Un territorio caratterizzato da un’agricoltura di qualità, da un sistema di piccole e medie imprese artigiane e manifatturiere di qualità. C’è la ferma convinzione di mantenere i servizi ed i municipi esattamente dove sono ora nei 4 comuni".
"La successione (art. 3 del progetto di legge): il comune di nuove istituzione subentra nella titolarità della posizione dei rapporti giuridici attivi e passivi all’Unione dei comuni dell’alto Appennino reggiano e ai 4 comuni, i beni demaniali e patrimoniali si trasferiscono al nuovo comune, così come il personale. I regolamenti e gli atti amministrativi dei 4 comuni, oltre agli strumenti urbanistici, continuano ad applicarsi fino all’adozione dei nuovi regolamenti. I tempi: il progetto di legge sarà presentato all’Assemblea legislativa, sarà poi acquisito il parere della Provincia, quindi dopo l’esame sarà la Commissione assembleare competente ad analizzare il testo. Entro luglio l’Assemblea delibera l’indizione del referendum, il quesito e l’ambito, poi sarà il presidente della Regione ad emanare il decreto di indizione del referendum, che indicativamente si terrà il 12 ottobre. Se l'esito sarà positivo in tutti e 4 i comuni, la fusione diventerà operativa dal 1° gennaio 2015 e il commissario governativo, insieme ai sindaci dei 4 comuni preesistenti (tre dei quali eletti il 25 maggio, solo a Collagna non si vota per il rinnovo), accompagnerà alla nascita del nuovo comune. Nel referendum dovrà essere deciso anche il nome fra questa rosa: Ventasso, Nasseta, Crinale reggiano, Nasseta e Valle dei Cavalieri, Alto Appennino reggiano, Crinale dell’alto Appennino reggiano. Accanto all’iter normativo, c’è anche un percorso “disegnato” da un progetto presentato dall’Unione dell’alto Appennino reggiano e finanziato dalla Regione, denominato “Due valli, quattro municipi, un unico comune”, che prevede, oltre alle cose già fatte (Assemblee e notiziario “Il crinale”), incontri con forze dell’ordine, associazioni di categoria, di volontariato, consorzi, parroci, componenti del Consiglio d’Istituto, con i dipendenti e la realizzazione di un convegno".
Premetto la mia ignoranza in materia giuridico-amministrativa e pongo il mio quesito sui futuri organi del nuovo Comune che verrà costituito dopo la fusione. La mia domanda è questa: il nuovo Sindaco, la Giunta e gli altri organi del futuro Comune saranno eletti a suffragio dalla popolazione o verranno “ereditati” dalle vecchie amministrazioni?
(Michela)
Ben venga la fusione, se serve alla rinascita della montagna che tende sempre di più allo spopolamento ed all’impoverimento. E` vero, ci son tante differenze tra le comunità, ma credo che siano più le somiglianze e gli interessi di sopravvivenza e di rilancio oltre lo Sparavalle a vincere.
(Bruno Tozzi)
Ho seguito gli ultimi articoli sulla fusione, che anche Redacon ha pubblicato, ho percepito le posizioni dei sindaci dei 4 comuni interessati, ho letto il giornale “Il crinale” che descrive la fusione in ogni dettaglio e ho riflettuto sulla posizione dei “no” tra cui quella del signor Franzini, letta in un altro articolo di questa testata. Ora, in questa occasione viene offerta al cittadino la fusione per portare avanti i buoni prodotti di una esperienza di governance che fino ad oggi ha ottenuto, riassumendo, risultati quali: le unificazioni (commissione edilizia, appalti, servizio tributi, promozione del turismo), i miglioramenti (comunicazione col cittadino: sito internet e giornalino) e la strutturazione (servizio sociale). Premesso che le unificazioni e le strutturazioni di qualsivoglia settore o di qualunque gestione non sono condizione sufficiente per trasformarsi in miglioramento del servizio al cittadino, o vantaggio per esso, e considerato che è bene possedere strumenti validi di comunicazione, ma è altresì importante il come questi vengono utilizzati, si potrebbe affermare che se l’esperienza insieme non si può definire fallimentare, poco ci manca. Non è su questi punti, però, che vorrei soffermarmi, ma su un’analisi dei benefici primari per cui i nostri amministratori vorrebbero indurci a fonderci: i benefici economici. Il giornalino dell’Unione “Il Crinale” si sofferma agitatamente su questo punto, illustrando che ai benefici portati dal risparmio prodotto dal nuovo ente (che ancora non si traduce in un miglioramento del servizio al cittadino) si aggiungono varie voci economiche in entrata. Gli introiti in questione (non di risparmio) sono tre:
1) contributo straordinario in conto capitale (fondo perduto) erogato in tre rate su tre anni. Ogni rata ha importo di 200.000 euro;
2) contributo ordinario annuale, erogato in 15 rate fisse annuali con importo calcolato in base a popolazione (30.000 euro), estensione territoriale (1.150.000 euro), volume delle spese correnti dei quattro comuni dell’anno antecedente la legge di fusione (50.000 euro), per fusione di quattro comuni (30.000 euro), maggiorazione del 10% per fusione di tutti comuni facenti parte la precedente unione (22.500 euro). Totale 247.000 euro all’anno;
3) contributo straordinario statale, erogato in 10 anni con importo complessivo di 4.034.540 euro. Globalmente i contributi, sommandosi, raggiungono una quota di 8.347.040 euro incassati su un arco temporale di 15 anni che, per avere una visione complessiva, divisi per il numero di anni (15) e successivamente divisi nuovamente per 4 (quattro comuni), ci danno un’idea della somma su cui si sta disquisendo: poco meno di 140.000 euro all’anno per comune.
Leggendo attentamente il giornalino però, si possono notare dettagli che possono sconvolgere ulteriormente in negativo questa cifra. Per la prima voce di contribuzione compare una postilla espressa nel Piano di Riordino Territoriale, recita “Il crinale”, in cui la Regione afferma che questo sarebbe “un contributo finalizzato a partecipare alle spese iniziali in conto capitale che il comune neo istituito deve sostenere per l’acquisto di beni materiali e immateriali necessari alla riorganizzazione delle preesistenti strutture amministrative comunali, messa in rete degli uffici comunali e all’eventuale costituzione degli opportuni sportelli decentrati, per l’effettuazione di eventuali lavori pubblici urgenti per uniformare gli standard prestazionali nelle diverse parti del territorio del nuovo ente e per l’acquisto di servizi necessari ad uniformare le procedure, i sistemi informativi e i servizi per l’intero territorio ecc. E’ possibile l’utilizzo anche per altre tipologie di spese purchè strumentali all’avvio delle attività del Comune unificato”. Lungi da chiunque, allora, l’idea di potere impiegare questi soldi per lavori a favore del territorio, dei servizi al cittadino, di energie rinnovabili, di sgravi fiscali (vedi investimenti pro cittadinanza del Comune di Monchio delle Corti PR).
Nella seconda voce si analizzano varie voci di spesa che come si è visto, da BURERT 111 del 24 Aprile 2013, Allegato A, concretizzano un sostanzioso importo. Ciò che non è stato detto è, però, che i fondi destinati a questi finanziamenti in poco meno di 8 mesi sono calati di circa il 37 %. Ciò si può agilmente evincere da cifre stabilite nel BURERT 168 del 30 Agosto 2012, Allegato A. Cosa accadrebbe a questa voce se i fondi calassero ancora? Ovviamente calerebbe anche l’importo destinato a finanziare le fusioni in percentuale proporzionale.
Nella terza voce la situazione è ancora più preoccupante, infatti il decreto, che stabilisce le metodologie e gli importi della voce più cospicua del nostro globale malloppo, si esprime affermando che in caso di insufficienza dei fondi erariali destinati al finanziamento delle fusioni di comuni, il contributo spettante per la fusione è proporzionalmente ridotto, come riportato ne “Il Crinale”. Cosa accadrebbe se il fondo fosse a zero? Se la matematica non è una opinione ogni percentuale di zero rimane zero. Arrivando al dunque di questa riflessione cosa si può concludere? Che se i fondi statali della terza voce andassero a zero la somma complessiva destinata alla nostra fusione già si dimezzerebbe portando la disponibilità annuale per ogni comune a 70.000 euro. Se proseguiamo considerando la prima voce vista, di complessivi 600.000, spalmata su un arco temporale di 15 anni (risulterebbero 40.000 euro anno), per ogni comune sarebbe una cifra di 10.000 euro anno (tassi di interessi esclusi). Scorporando questi 10.000 euro anno per comune, destinati esclusivamente a gestione e organizzazione della fusione, si arriverebbe a 60.000 euro anno per comune, disponibili per investimenti a favore del cittadino. Se poi si valuta che la seconda voce potrebbe ulteriormente diminuire (andando potenzialmente a zero), dato che in nemmeno un anno è calato del 37 %, si potrebbe dichiarare che la cifra annuale che ogni vecchio comune andrebbe a percepire all’anno (facendo le ipotesi menzionate) nella situazione più svantaggiosa sarebbe di 10.000 euro per 15 anni, spendibili solo, come abbiamo visto, seguendo le direttive del programma di riordino territoriale (vedi sopra). Questa analisi si fonda su ipotesi non impossibili. Vi chiedo, ora, varrebbe veramente la pena perdere la propria identità, i propri servizi e le prossime occasioni per 10.000 euro all’anno? Lascio a voi la riflessione.
(Isabella Vaccari)
Rispetto all’aspetto economico finanziario citato dalla signora Vaccari, penso che una valutazione oggettiva sia possibile solo da esperti o da addetti ai lavori, per cui attendiamo risposta dai nostri amministratori. Rispetto invece alla sua affermazione molto forte sull’Unione “se l’esperienza insieme non si può definire fallimentare, poco ci manca” vorrei comprenderne il significato e i riferimenti concreti, inoltre su quali teorie si basa per affermare che se Ramiseto (o Collagna o Busana) fossero rimasti autonomi e non nell’Unione oggi avrebbero risultati migliori? Buoni servizi nell’Unione esistono, tra i quali micronido, servizio agli anziani e scuola di musica. Si poteva fare di più e meglio? Forse, ma i problemi che affliggono da sempre la montagna (spopolamento, viabilità carente, mancanza di lavoro) non sono da imputare solo alle varie amministrazioni locali, ma anche alla collocazione storico-geografica in cui si svolgono gli eventi. Il discorso va visto in un’ottica piu ampia, che si slega dal contesto dei nostri micro-comuni. Alcuni fattori, come l’abbandono dell’agricoltura, sono atavici, non certo da considerare come imputabili alla politica locale. Infatti le stesse problematiche si ritrovano negli altri versanti, purtroppo l’Appennino parmense e quello modenese lo testimoniano. Parlando di identità e radici legate al proprio Comune, il discorso entra in una sfera soggettiva per cui non ci sono opinioni razionali da argomentare; certo che affermare che Ramiseto è diverso da Busana a causa di una valle fluviale e perchè più ricco dal punto di vista economico è molto difficile da accettare come verità assoluta e inopinabile. Concludendo, non si vuole affermare che la fusione sia la panacea di tutti i mali, ma non lo è nemmeno continuare a vedere in modo solo negativo quello che è stato fatto fin qui e, soprattutto, bisognerebbe capire se Ramiseto non entra nella fusione che possibilità di sviluppo reali (fare esempi) potrebbe avere come ente autonomo.
(Michela)
Rilancio ancora il nome “Comune dei Vallisneri e dei Cavaieri” perché manca; spero che gli amministratori inseriscano questo nome anche nel referendum. “Nseeta” e “Nasseta valle dei Cavalieri”, uno dei due nomi è di troppo senza nulla togliere al nome che era terra dei Vallisneri. Qualche amministratore deve provvedere. Storia e geografia si dovrebbero conoscere. Grazie dell’attenzione.
(Doriano Fiorini)
Due Valli, quattro municipi, una sola fine; quella dei paesi del crinale. Se riescono a far credere che questa fusione è fatta per il bene della montagna e non per togliere le uniche rappresentanze ufficiali rimaste a tutela di queste terre dissestate, possono farci credere tutto, compreso che i coccodrilli volano. Basterebbe uscire per un attimo dall’ipnosi mediatica di mass media, conferenze e ora anche un giornalino fatto ad hoc, per capire che lo scopo di questa fusione non è fatto per risparmiare o per avere ritorni economici o maggiore forza politica, ma si vogliono togliere le uniche forze ancora presenti in questi territori disagiati e dissestati; se verrà fatta questa fusione paesi come Taviano potranno tranquillamente finire nell’Enza senza che nessuno se ne accorga. Sta succedendo come quando tolsero i cantonieri dalle strade, la Forestale dai paesi e i punti Enel dal territorio, venne assicurato che il servizio sarebbe migliorato e che veniva fatto per il bene della cittadinanza; provate a fare un contratto Enel e capirete; se ora riescono a togliere i Comuni è veramente il colpo di grazia per la montagna reggiana. Se lo stesso impegno portato avanti dai signori Sindaci di questi Comuni fosse stato portato avanti per la diga di Vetto, o per la fondovalle Val d’Enza, in montagna ci sarebbero migliaia di posti di lavoro e un futuro per tutti i Comuni del crinale. Ringrazio la signora Vaccari per aver illustrato, a mio avviso in modo ottimistico, gli aspetti economici inesistenti di questa fusione; allo stesso risultato erano giunti anche Toano e Villa; da parte mia mi ero limitato a definirla “beneficenza” per non chiamarla “elemosina”; importi che non coprono neppure le maggiori spese derivanti dalla fusione. Alla signora Michela vorrei dire che non compete a Ramiseto presentare progetti, ma compete a chi ha firmato questo iter di fusione presentare proposte reali, concrete e costruttive; progetti garantiti e finanziati dalla Regione per lo sviluppo della montagna e non ipotesi o promesse a cui mi auguro nessuno creda più. A titolo informativo volevo solo dire che la Francia ha quattro volte il numero dei Comuni italiani; è il Comune che rappresenta il territorio; non è nè la Provincia nè la Regione; la stesse Province montane di Bergamo, Cuneo, Brescia, Torino e tante altre, altre hanno una media di 200/300 comuni per provincia contro i 45 di Reggio Emilia e qui vogliono ridurli ulteriormente; per me è una vergogna.
(Lino Franzini)
Signor Franzini, se vuole raccontare favole lo faccia pure, se vuole denigrare tutto ciò che è stato fatto, niente da obbiettare, ma almeno dica chiaramente che si vuole candidare a sindaco di Ramiseto e che le darebbe fastidio, se vincesse (cosa che ritengo improbabile), esserlo solo per sei mesi. Lo dica chiaramente, almeno tutti sarebbero a conoscenza che gli asini non volano.
(Luca Cagnoli)
Mi lascia perplessa leggere che l’attuale Unione ha finanziato l’asilo, l’illuminazione pubblica, il taglio del verde, lo sgombero della neve, il vigile e tanto altro; ma non sono cose che si fanno in tutti i comuni? Ma se fossero questi i servizi che fa una unione, l’unione con Castelnovo ne’ Monti non li farebbe più, visto che ci si dovrà andare comunque? O i Comuni di Busana, Collagna, Ligonchio o Ramiseto non sarebbero in grado di farli come fanno gli altri comuni Italiani?
(Laura)
Far sorgere interrogativi e dubbi nella popolazione è senz’altro positivo, in democrazia. Tuttavia le posizioni non sono molto chiare, lo stesso Franzini, su questa testata, auspicava una probabile fusione con Vetto, nell’articolo di ottobre affermava “diverso sarebbe stato se la fusione fosse stata proposta fra Ramiseto e Vetto, entrambi posti sul bacino dell’Enza, con interessi e storia molto simili”. Scusate, ma non è lo stesso principio, o le fusioni verso il basso hanno caratteristiche diverse? Inoltre vorrei capire che interessi hanno in comune (non “avranno in futuro o potrebbero avere”) Ramiseto e Vetto, perché dobbiamo basarci sul presente.
(CT)
Fusione sì, ma….a “cerVa persa”. Oh, che bello!, si farà la fusione dei comuni del crinale: Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto. Giorni fa ho ricevuto il giornale che mi informa della lieta novella, dove, in prima pagina, appare la cartina del territorio interessato a tale evento. Ben presto la mia felicità viene fatta a brandelli, poichè mi accorgo, stupefatto, che su tale cartina il nome del mio paese, che è Cervarezza, non compare. Allora prendo la lente d’ingrandimento per vedere meglio, allargo le orbite e spingo in avanti i bulbi, ma di quel nome nemmeno la puzza. Purtroppo la mia iniziale soddisfazione rimane irrimediabilmente lacerata e i brandelli vanno a farsi friggere portati chissà dove dal vento del crinale. Come è possibile? Faccio delle supposizioni:
1) una semplice distrazione alla quale si dovrebbe porre riparo, immagino!
2) La cartina è talmente vecchia che il paese di Cervarezza non esisteva ancora, se è così bisognerà aggiornarla, credo!
3) Oppure potrebbe essere successo n’u guaio brutto assai e cioè che nella fretta di fare la fusione il paese di Cervarezza è scivolato, senza volere, nel crogiolo.
N.b. Se sono queste le attenzioni che vengono poste per il rilancio del turismo in montagna, oscurando, uno dei paesi più vocati e trainanti, non c’è molto da sperare. Il paese di Cervarezza ha tutto il diritto di essere nominato sulle cartine geografiche e sui cartelli stradali per il semplice fatto che esiste e paga le tasse ed è il maggiore contribuente del comune di Busana
(P. Dario Galassi)