ARRIVA L’INVERNO
Freddo e neve li abbiamo da diverso tempo, però, dal punto di vista astronomico, l’inverno inizia il 21 di Dicembre. Per l’esattezza, quest’anno, alle ore 18,11, quando il sole entra in Capricorno. Tanto tempo fa non era così, come ci ricordano alcuni proverbi:
La nòta d’ Santa Lusìa [13 Dicembre]
l’ê la pu’ lunga ch’a gh’ sìa,
in contrapposizione all’altro riferito all’estate:
Per San Barnabà (11 Giugno)
el pu’ lóngo de la ‘stà.
[Il giorno di San Barnaba - è il più lungo dell'estate].
L’equivoco ha un’origine storica: nasce da un calcolo errato nella riforma del calendario voluta da Giulio Cesare nel 46 a. C. Nel conteggio erano sfuggiti 11 minuti e 12 secondi. Intorno al 1300 d. C. questi minuti, sommandosi, erano diventati più di una settimana, e il rapporto tra il calendario civile e quello solare si era sfasato.
Secondo Lapucci-Antoni (1) il proverbio citato si è affermato tra il 1325 e il 1350, periodo in cui il solstizio d’inverno era anticipato al 13 Dicembre (Santa Lucia) a causa dell’accumularsi dei minuti citati sopra. Papa Gregorio XIII° nel 1582 riformò di nuovo il calendario fissando il solstizio d’inverno tra il 21 e il 22 Dicembre, come è ora.
E il popolo? Pur portandosi dietro i vecchi proverbi, ha rimediato subito con quest’altro modo di dire (Veneto):
San Tomìo [= San Tommaso, 21 Dicembre]
el dì pu’ córto l’è ‘l mio.
Quindi non più Santa Lucia ma San Tommaso. Dopo il 21, anche se siamo all’inizio dell’inverno, le giornate iniziano ad allungarsi fino a raggiungere il massimo con il solstizio d’estate, quando potremo esclamare:
Il solstizio (d’estate) apre le porte
alle giornate corte.
Un tempo le persone ponevano molta attenzione a questi fenomeni e, naturalmente, misuravano tutto con le cognizioni del proprio tempo, empiriche più che scientifiche, ma rapportando ogni fenomeno con gli animali domestici, i capitali della famiglia.
Di quanto cresceva la luce diurna? Ecco una distinta valida per una quarantina di giorni:
Santa Lusìa [13 Dic.]
l'é 'l dì pu' cûrt ch'a gh' sìa
Santa Lusìa
l’è la nota pu’ lunga ch’a gh’ sia.
In Toscana: Per San Tomè
il dì s’ allunga quanto un gallo alza il piè;
In Veneto: Per San Tomìo
le giornade torna indrìo (invertono il cammino)
Da noi: Per Nadâl
un pè d’ nimâl;
Valle d’Aosta: Per Nadâl
quant un gal al pöl a-bcâr;
Un po’ ovunque: Da Nadâl a l’ànn növ
un sòcle d' manšöl
Per l’ànn vè-c
un pè d’ cavrèt;
per l’ànn növ
un pè d’ manšöl;
per la Befàgna [6 Genn.]
un salt ad càgna;
Per Sant’Antùni abât [17 Gen.]
un’ùra e un quart;
A Modena: Per San Zemiân [31 Genn.]
un’ùra i’ fân.
A Vicenza troviamo questa variante:
Da Santa Lùzia a Nadàl
crèssi el zórno un pè de gal;
da Nadàl a Pasquèta (Epifania)
crèssi un'oreta
da Pasquèta a Candelòra
ghe vōl un'altr'ora!
Oggi attendiamo l’inverno come se fosse un periodo di ferie. Addirittura si è fissato un giorno preciso (7 Dicembre) quale inizio della stagione sciistica. Un tempo invece l’inverno era temuto per le conseguenze che poteva procurare:
Arîva l’invêrne
arîva l’infêrne!
L'inverno l'è 'l bòja dei véci, (ne fa morire molti)
el purgatorio dei puteléti, (si ammalano facilmente)
e l'inferno dei poaréti. (porta loro fame e malattie).
(1): Carlo Lapucci – Anna Maria Antoni: I proverbi dei mesi – Vallardi, 1985, pag 276.