Casa de los Niños, Bolivia, 6 novembre 2013
Colgo un piccolo spiraglio tra le tende della finestra che permette intravvedere la luce del giorno che invita ormai la penombra della sera... Disteso nella stanza dei bimbi lo sguardo spazia oltre quel piccolo pezzo di cielo che mi è concesso scoprire.
Sono le sei del pomeriggio. E’ l’ora della preghiera. Una preghiera personale, necessaria ed umile, rubata spesso al ritmo intenso che richiede l’attenzione quotidiana per i bimbi insieme al pensiero e alla preoccupata speranza per il loro futuro. Non è la preghiera dei forti, dei bravi, ma di chi si rende conto che da soli non ce la facciamo, di chi sperimenta la reale e sincera necessità di essere aiutato.
Mi accompagna, come sempre a quest’ora, il piccolo Juan, Juansito del Cielo, adagiato sul mio petto, con il torso e la testa sollevati per facilitare la respirazione. In genere, è questa per lui l’occasione di dormire un po’, prima della cena. Difatti, accarezzare dolcemente il suo volto lo tranquillizza e l’invita al sonno nella momentanea quiete della stanza dei bimbi.
Un pezzetto di cielo dietro le tende e Juansito del Cielo appoggiato sul petto...
Mi colpisce, stasera, lo svolgersi di questo sereno e semplice momento.
E mi permetto comunicare questa sensazione.
Oggi è il compleanno 87 della mia mamma, Mirella, il secondo che lei passa in Cielo... Me lo illumina e suggerisce quel piccolo spiraglio che si fa luce tra le tende...
Ho pensato e immaginato spesso, ingenuamente, come avrà trascorso questi due anni...
Che mistero di gioia e di scoperta senza fine! Di incontri rinnovati e di sorprese continue! Di lode e di ringraziamento eterni.
Rivedo gli ultimi mesi trascorsi con lei, mesi belli e profondi, necessari ed umili, come la preghiera quotidiana al crepuscolo.
E’ lo stesso scorrere di preghiera, la stessa ora, le sei del pomeriggio, quando ci sedevamo con la mamma di fronte alla finestra del salotto di casa, su, al nostro paese di Toano, e recitavamo con calma il Rosario, prima del riposo notturno.
Un momento sacro, nella sua quotidiana normalità.
E’ come se si ripetesse la stessa scena: allora, con una mamma ottantenne ammalata, con l’esperienza feconda e forte di una vita consegnata intensamente nel piccolo spazio della sua famiglia, una vita donata nell’impegno silenzioso che fa grande ogni mamma.
Oggi, con un bimbo di un anno e mezzo che lotta e strappa ogni istante a una situazione difficile in cui l’ha innestato il mistero della vita, una storia di cui è protagonista inerme e che l’immobilizza e lo rende dipendente in tutto, lui, abbandonato proprio dalla mamma. Ma allo stesso tempo bimbo impressionantemente bello e fortemente amato.
Oggi come allora: la preghiera del Rosario.
Oggi come allora: uno spiraglio di cielo nel silenzio della stanza, nello spazio personale di affidarsi oltre, di abbandono e di ricerca oltre, di sguardo umile in avanti e di sforzo per comunicare.
Rosario: una intonazione universale “povera” che si ripete fuori dal tempo e dal ragionamento. Ma anche il respiro e il battito si accompagnano dentro un corpo che vive.
Approfitto di questo respiro e di questa compagnia, stasera come allora, per ripercorrere la storia di amicizia con tanti, per affidare la storia, gli aneli, le inquietudini di tante persone care a una Mamma fedele che ci accompagna con la sua preghiera, per ricostruire nel silenzio i volti di questi incontri che hanno intessuto la mia vita e rimetterli ordinatamente dentro la cornice del cuore.
Quanta necessità sincera di ringraziare! Ed anche di chiedere scusa...
Il Rosario: suggerimento di una Mamma per noi suoi figli, preghiera inventata per avvicinare l’immensità del Cielo alla fragilità della terra, per riscoprire nell’universo il tessuto dell’amore, la preoccupazione profonda di una Madre per l’umanità intera con tutti i suoi limiti.
Mi colpisce, stasera, questo intessersi di preghiera e vita, nella quiete e nel silenzio, come se dietro quel piccolo spiraglio di luce si potesse cogliere qualche bagliore della verità senza orizzonte che ci avvolge.
Passano in fretta gli istanti della preghiera, lo ripeto senza enfasi: necessaria ed umile.
Ringrazio la mamma Mirella e rinnovo gli auguri per lei, con una stretta al cuore.
...
E il crepuscolo avvolge ormai la stanza. Juansito del Cielo dorme ancora, sereno. La sua presenza mi accompagna e abbraccia dolcemente, mentre altrettanto dolcemente scorrono le carezze sul suo volto. Forse anche in questo ritrovo una similitudine con lo scorrere e rincorrersi della preghiera nel Rosario: come acqua benedetta che sgorga da un cielo vicino, appena dietro le tende della nostra stanza.
Un caro saluto, Arisitide, e tanta sincera ammirazione! Ti sono vicino nella preghiera.
(Ivano Pioppi)