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Lavori di miglioramento della rete degli acquedotti rurali in comune di Busana

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Brindisi per fine lavori
Brindisi per fine lavori

Gli acquedotti rurali presenti sul territorio del crinale appenninico rappresentano una realtà ed una esperienza di grande valore relativamente alla modalità  (insieme antica, ma anche molto moderna)  di gestione di un bene comune di fondamentale importanza quale è l’acqua.

Oggi gli acquedotti rurali presenti sul nostro  territorio rappresentano una positiva esperienza di gestione “in house” delle risorse idriche, garantendo una buona qualità del servizio, buoni investimenti  e soprattutto prezzi molto contenuti a carico degli utenti  e reale partecipazione delle comunità locali alla gestione dell’acqua pubblica ( le concessioni e le reti sono di proprietà degli enti locali ed affidate in gestione ai consorzi Autonomi gestiti da rappresentanti eletti dalle comunità locali).

 In comune di Busana si  sono da poco conclusi investimenti che hanno interessato gli acquedotti di Nismozza, di Ca Manari e di Busana e Marmoreto.

L’intervento più significativo riguarda l’acquedotto di Busana e Marmoreto (presieduto da Claudio Bucci) dove è stato realizzata la completa sostituzione della vecchia tubatura in ferro con una nuova condotta in  PLT.  La tratta interessata dall’intervento (circa 3 km) è quella che a partire dalle sorgenti e captazioni  ubicate alle pendici del monte Ventasso arriva  fino al deposito localizzato a monte dell’abitato di Busana in località Casello.

L’investimento con un costo di oltre 60.000 euro è stato finanziato dal Comune con un contributo di euro 26.000,  per  euro 16.000 da un contributo straordinario di scopo  a carico degli utenti e per la rimanenza a carico del bilancio dell’Acquedotto Rurale di Busana e Marmoreto.

Sono poi stati realizzati investimenti sull'acquedotto di Ca' Manari per circa 8.000 euro finalizzati al rifacimento della rete principale con un contributo degli utenti di 4.000 euro e per la rimanente quota con un contributo del Comune. Infine l’acquedotto rurale di Nismozza (Rio Rondino) ha provveduto a realizzare  investimenti relativi alla centralina elettrica ed alla  sostituzione di alcune tratte di tubazione obsolete  all’interno del centro abitato di Nismozza. Il comune ha contribuito a questo investimento con un contributo di euro 5.000.

Gli interventi realizzati consentiranno di gestire con maggiore sicurezza un bene prezioso come l’acqua e  valorizzano l’esperienza dei consorzi autonomi  come modalità di gestione degli acquedotti locali.

L’amministrazione comunale ringrazia tutti  gli amministratori degli acquedotti autonomi che con dedizione ed impegno (profuso gratuitamente..) hanno portato avanti gli investimenti ed i progetti di miglioramento della rete acquedottistica.

 

3 COMMENTS

  1. San Francesco diceva di tutelare “sorella acqua”, bene prezioso e insostituibile. Un elogio quindi ai volontari che con impegno spontaneo hanno rimesso in sesto ed in perfetta funzione gli acquedotti rurali, cosicchè non si disperda neppure una goccia della preziosa linfa, essenziale per gli uomini, gli animali e per la madre terra.

    (Bruno Tozzi, consigliere comunale di Busana)

    • Firma - brunotozzi
  2. L’acquedotto di Busana e Marmoreto. La notizia, all’apparenza banale, del rifacimento della tubatura dell’acquedotto del mio paese, ha invece suscitato in me una folla di ricordi e pensieri. I ricordi di quando l’acquedotto di Busana e Marmoreto venne costruito; in gran parte con le “opere di prestazione”, come si chiamavano allora, cioè con il lavoro gratuito prestato dagli uomini delle due frazioni. La stessa modalità, del resto, con cui, due volte l’anno gli stessi uomini ripristinavano muretti e massicciate di strade e mulattiere, liberavano i sentieri da “ragge e guzedre” mantenendo in perfetto ordine la viabilità di allora. Era l’inizio degli anni Cinquanta, credo, ero una bambina ma ricordo vividamente il clima di fervore, di allegria e passione che c’era attorno ai lavori, il coinvolgimento di tutti per un’opera che avrebbe liberato le donne dalla fatica del “besle”; un altro passo sulla via del progresso, dopo la luce elettrica, come sentivo dire da mio padre con una luce di contentezza negli occhi. Non ricordo ruspe, lo scavo venne fatto tutto a mano, con le zappe e profondissimo perché i tubi non avessero a gelare in inverno e l’acqua rimanesse bella fresca in estate. Le fontanelle furono quattro – le stesse che restano ancora oggi – una a Ca’ di Cola, una nella Piazza, una sulla Via Nuova (come veniva detta la provinciale) e una alla Malanga, rispettando così la conformazione e la tradizionale divisione di Marmoreto. Mio babbo comperò alcuni metri di tubatura, allungò lo scavo dalla strada al nostro muro e fece a mia madre il regalo dell’acqua in casa; un lusso che all’inizio si concessero in pochissimi. Nell’angolo della cucina dove prima c’era la mensola con il secchio dell’acqua e il mestolo appeso comparve un lavandino a fondo piatto di marmiglia grigia e sopra un rubinetto di ottone a farfallina che usciva dal muro. Ed era tutto. Furono costruiti anche dei nuovi lavatoi, accanto alla fontana e al lavatoio vecchio. Sei vasche di cemento col solito rubinetto a farfallina, separate fra loro e riparate da un tetto. Le donne se ne lamentavano perchè l’acqua attinta così direttamente era gelida e perché “lì sotto c’è una ‘zinfra’ che, belle sudate, c’è da prendere la polmonite”. Ma forse giocava anche un po’ di rimpianto per l’antico vascone dove s’era mescolato e lavato lo sporco di tutti e attorno al quale si erano consumati lunghi decenni di chiacchiere, risate e furibonde liti femminili. Credo di avere intuito allora, nella concretezza di un lavoro collettivo che cresceva sotto i miei occhi, il significato della parola comunità, la bellezza di spendersi insieme per un’utilità di tutti, l’importanza di coltivare il bene comune e di aver cura dei beni comuni. Che non significa, come allora, esonerare amministrazioni ed enti pubblici da molti compiti ma poter chiedere agli stessi, a buon diritto e con più forza, di fare con onestà la loro parte. Oggi, nella fotografia che corredava l’articolo – il brindisi con l’acqua, i sorrisi allegri e soddisfatti per il lavoro finito – ho rivisto un po’ dello spirito di chi lo stesso acquedotto lo costruì sessanta anni fa. Grazie di cuore dunque a chi continua l’opera dei nostri vecchi e amministra e tiene da conto un bene tanto prezioso.

    (Dalmazia Notari)

    • Firma - DalmaziaNotari
  3. Che bei ricordi! Che ricordi di partecipazione diretta alla gestione del territorio. Allora era cosiì, ma adesso con l’esodo dalla montagna e dalle campagne quelle belle usanze sono gradualmente sparite. In tutta Italia negli anni cinquanta c’era un fermento di partecipazione per crescere, per avere anche nelle campagne acqua e luce, e poi quelle belle scuolette rurali sorte in ogni borgo portavano l’alfabetizzazione a portata di tutti. E così anche i contadini aprivano gli occhi della mente ed invece di fare una croce per la firma scrivevano completamente il loro nome e non solo, ma riuscivano ad esprimere i loro pareri ed i loro pensieri. In quei tempi fatali il territorio era salvaguardato e custodito come un bene prezioso poichè da esso veniva il vivere il sostentamento di tutti. Ed allora quelle due o tre giornate che tutti prestavano alla comunita` chiamate “ad opera a natura” erano proprio provvidenziali. E sembra che proprio ad opera di questi custodi i torrenti ed i fiumi erano più docili e scorrevano nel loro alveo e mai danneggiavano campi, borghi, paesi. Ma ora… resta solo il ricordo di quei tempi pieni di volontà di fare e qualche gruppo lodevole come i montanari di oltre lo Sparavalle.

    (Bruno Tozzi)

    • Firma - brunotozzi