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L’archivio racconta 10 / La storia del cimitero di Castelnovo ne’ Monti

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L'odierno cimitero di Castelnovo ne' Monti si estende su un'area di 5415 mq situata a margine della strada che collega il paese con la Pietra di Bismantova. Lo diciamo ad informazione del lettore di questo nostro giornale che non fosse a conoscenza della nostra zona.

“Una pezza di terra in loco dicto in Casa Nuova”

Probabilmente quel terreno appartenne al beneficio ecclesiastico della Pieve di Castelnovo fin dal medioevo. Lo troviamo espressamente citato nel più antico fra gli inventari plebani giunti a noi in forma integrale: quello compilato il 4 aprile 1581 dall'arciprete Ambrogio Iattici in occasione della visita pastorale del vescovo Benedetto Manzoli. Era un terreno di ragguardevoli dimensioni, “30 biolche in circha”, e veniva indicato con la denominazione popolare di “Casanova” o “Casa Nuova”. Il toponimo rimase anche nei secoli successivi e ne resta tuttora traccia nella memoria di qualche anziano della zona. Nel 1581 quel terreno era confinante con “la via comune da tutte le bande eccettuate due pezzole di terra, una degli eredi di ms. Alessandro Silvi et l'altra di ms. Giovanni Prospero Pacchioni”. Cioè, detto in termini di oggi, andava dalla Montadella (compresa) all'Albiaccio e dalla statale 63 alla strada di Bismantova che affianca il cimitero a monte.

La terra dei Silvi venne poi venduta alla famiglia Giovanelli della Fornace e nel 1739 don Giulio Giovanelli, di detta famiglia, lo diede in permuta alle Confraternite della Pieve in cambio di un campo che queste possedevano in una località più vicina alla Fornace.

Il terreno “in Casanova”, così ulteriormente ingrandito, venne elencato in tutti i successivi inventari della Pieve e vi rimase fino al 1909 quando una parte di esso fu ceduta al Comune perchè vi fosse costruito il nuovo cimitero che entrò in funzione tre anni dopo, nel 1912.

In chiesa oppure nel sagrato

Prima di procedere, però, gettiamo uno sguardo sommario sui luoghi di sepoltura castelnovesi che si erano succeduti nei secoli precedenti.

Qui come altrove, nell'età medievale si incominciò a seppellire i defunti all'interno delle città, dei villaggi, in mezzo alle case degli uomini. Cioè nei cimiteri, in chiesa e vicino ad essa.

Risalgono al XVI secolo i primi documenti che riportano, con qualche dettaglio, le modalità di sepoltura dei defunti di Castelnovo.

Agli inizi del '500, e ancora prima, si seppelliva in chiesa e nel cimitero esterno che era posto a ridosso del muro orientale del tempio, nello spazio che oggi è in parte occupato dall'abside semicircolare eretta dopo il 1713.

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Figura 1 - Un settore del sagrato occupato, in antico, dal cimitero. Non c'erano i muri attorno e la sagrestia nuova

Nella seconda metà del secolo il cimitero fu completamente rifatto dai parrocchiani ed incominciò ad occupare anche il settore terminale dell'attuale sagrato (fig. 1). Nel '600 venne delimitato in parte da muro ed in parte da siepe. Contemporaneamente però, ed anzi ancora di più, si seppelliva in chiesa dove erano presenti sepolcreti di famiglia davanti agli altari e sepolture collettive al di sotto del pavimento della navata centrale (fig. 2). Periodici lavori si resero necessari in quel tempo nelle due zone di sepoltura, fuori e dentro la chiesa. E sono rimasti agli atti anche molti testamenti nei quali i castelnovesi manifestavano le loro volontà di essere sepolti nell'uno o nell'altro luogo.

E così si continuò ad operare anche nel XVII e XVIII secolo, prima e dopo la riedificazione della chiesa.

In quei due secoli, mentre la popolazione della parrocchia ed il numero dei defunti erano in costante aumento, il cimitero avanzava lentamente nel prato a lato della chiesa ed i loculi sotterranei della stessa andavano sempre più colmandosi di salme con immaginabili effetti sulla salubrità del tempio.

Napoleone disse: solo nel sagrato!

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Figura 2 - Uno degli accessi ai sepolcreti sotterranei della chiesa

E si arrivò al 12 giugno 1804. In quella data Napoleone Bonaparte emanò a Saint Cloud, cittadina francese alle porte di Parigi, il famoso editto in virtù del quale le tombe andavano poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati ed arieggiati, e, inoltre, dovevano essere tutte eguali. L'editto fu esteso al Regno d'Italia il 5 settembre 1806 suscitando vivaci discussioni e polemiche. Sull'argomento è ben noto l'accorato disappunto manifestato dal poeta Ugo Foscolo nel carme “Dei sepolcri”.

A Castelnovo occorsero tre anni per mettersi in regola con le nuove disposizioni ed il 26 novembre 1809 avvenne l'ultima tumulazione all'interno della chiesa: quella del defunto Zanetti Michele di Quarqua, di anni 79. Subito dopo ripresero le sepolture nell'attiguo cimitero che era stato riordinato alla meglio ed il primo ad esservi deposto fu Capanna Marcantonio di anni 80 circa.

Da allora le sepolture avvennero soltanto nel cimitero, di dimensioni ormai troppo esigue e ben presto saturo di resti umani. Nel 1859, poi, terminò il dominio estense e due anni dopo si giunse all'unità d'Italia.

Tra i tanti problemi che si pararono dinnanzi al primo potere civile nazionale vi furono anche quelli che per secoli erano stati demandati alle istituzioni religiose locali, come la sepoltura dei cittadini defunti.

La situazione a Castelnovo è ben rappresentata dalla seguente lettera che l'arciprete Don Francesco Riccò inviò, in un non precisato giorno del 1861, al sindaco dott. Domenico Merciadri. Ne riporto alla lettera le parti più significative:

“Che il Cimitero della Parrocchiale di Castelnovo ne' Monti per la sua angustia e ristrettezza non è più in grado di prestarsi anche in via ordinaria al seppellimento dei decessi della popolazione divenuta, come è, di quasi un doppio da quella che era quando il Cimitero fu costruito, motivo per cui non si sa più dove ora seppellirvi un cadavere senza trovarne altri e questi duplicati e qualche volta ancora triplicati in uno stesso luogo.

  Che l'Oratore ... divisò (= decise) nell'estate prossima passata di allungare nel fondo del Beneficio il detto cimitero dalla parte di levante in modo che venisse ingrandito il doppio.

  Che per raggiungere lo scopo lo stesso Petente fece ricorso verbalmente all'Illustrissimo Sindaco, allora Sig. Quirino Bellini, dal quale ebbe concessione di fare intanto eseguire pel perito del Municipio, Sig. Quirino Romei, regolare perizia nel valore dell'appezzamento del fondo parrocchiale necessario all'ingrandimento del Cimitero.

  Che ciò fu fatto dallo stesso sig. Perito il quale, portatosi poco dopo nel luogo progettato, eseguì l'operazione peritale di cui qui si unisce copia.

  Che prima degli vari detti atti, lo stesso Supplicante avanzò domanda alla Superiorità Ecclesiastica la quale annuì...

  In vista pertanto degli esposti motivi, il Supplicante prega l'Illustrissima Signoria Vostra che, sottoposta la domanda all'Illustrissima Aggiunta (= Giunta) o Consiglio Municipale, sia approvata e messa la spesa relativa del fondo espressa, nella perizia Romei, nel preventivo delle spese da farsi del futuro anno 1862”.

La ricerca di nuove soluzioni

Il primo progetto, dunque, prevedeva l'ampliamento dell'antico cimitero posto a ridosso della chiesa. Ma da un documento del 14 ottobre 1862 recante, manoscritta, l'intestazione “Regno d'Italia - Provincia di Reggio nell'Emilia”, apprendiamo che l'ubicazione del cimitero in fieri era stata poi spostata nel cosiddetto “campo ospedale”, il terreno prossimo alla canonica sul quale sta ora sorgendo il nuovo Oratorio. Quel documento conteneva una perizia secondo la quale il nuovo camposanto - delle dimensioni di mt. 32X31 = are n. 9,92 – avrebbe comportato una spesa complessiva (terreno+materiali+manodopera) di italiane Lire 1595,55.

Anche questa seconda idea, però, non andò in porto e subito dopo il Comune commissionò all'arciprete la costruzione del cimitero nella piana della Pieve, fornendo i materiali ed assumendosi gli oneri della manutenzione. Pur nella provvisorietà generale del momento e nella limitatezza dei mezzi a disposizione, fu comunque l'ingresso ufficiale dell'Autorità pubblica nella gestione delle questioni cimiteriali.

Il cimitero nella piana della Pieve

Il nuovo camposanto iniziò a funzionare nel 1867. Il 13 aprile di quell'anno avvenne l'ultima sepoltura nel sagrato della Pieve, quella di Corsini Teresa di anni 21, deceduta nell'ospedale costruito da don Riccò. Il 26 maggio fu sepolta nel cimitero appena ultimato la giovane Manini Clotilde di anni 16, allieva nell'Educandato delle Suore della Carità, aperto dallo stesso arciprete nell'ala orientale del palazzo ducale di Bagnolo che egli stesso aveva eretto con l'autorizzazione del duca Francesco V.

Dopo il 1885 e l'avvento del nuovo arciprete don Giovanni Bertoldi, che vi fece costruire la cappella, il cimitero assunse la denominazione di “Cimitero di S. Maria Assunta”.

Quel luogo di sepoltura, però, ebbe vita breve e già nei primi anni del XX secolo si ravvisò la necessità di un ulteriore aggiornamento della struttura con un considerevole aumento delle sue dimensioni ed anche la variazione dell'ubicazione.

L'ultima sepoltura nel suddetto cimitero avvenne il 21 agosto 1912, giorno in cui vi fu sepolta la neonata Croci Maria, figlia di Giuseppe e di Argenia Santi.

I resti del camposanto rimasero là fino agli anni '70, quando vennero definitivamente rimossi per fare posto ad alcuni edifici del nuovo Peep che andava sorgendo nella zona.

Il cimitero in Casanova

Tralasciando gran parte della fitta corrispondenza intercorsa in quegli anni fra i soggetti coinvolti nell'evento, basta la seguente lettera del 5 luglio 1907 ad informarci sui tratti essenziali di quell'evento. E' scritta sulla carta intestata, questa volta a stampa, del Comune di Castelnovo ne' Monti ed è diretta all'arciprete.

“Questo Consiglio Comunale in sua adunanza delli 27 maggio u.s., deliberava la costruzione di un nuovo cimitero per questo Capoluogo, e, coll'approvazione del progetto relativo, ebbe a stabilire che la località ove detto cimitero dovrà sorgere sia l'appezzamento di terreno denominato Casanova di proprietà del Beneficio Parrocchiale retto dalla M.R.S.V. (Molto Reverenda Signoria Vostra).

L'occupazione ascenderebbe a 3600 mq. ivi compresa la strada d'accesso lunga ml. 222 e larga ml. 3,00 a partire dalla Comunale denominata dell'Albiaccio, ed il compenso relativo, in conformità della perizia giurata del geometra Signor Bezzi Gustavo, verrebbe determinato in complessive lire 396,00.

Ora, essendo tutto ciò stato approvato dalla superiore autorità... conviene che la M.R.S.V. prenda in considerazione la delibera consigliare su accennata e dichiari se intende o no accettare il dispositivo suo per quanto riguarda l'occupazione del terreno.

Nel primo caso è necessario ch'Ella stessa promuova subito le pratiche presso il Rev.do Subeconomato dei benefici vacanti per ottenere l'autorizzazione a fare bonariamente la cessione, nel secondo caso invece quest'Amministrazione desidera di esserne sollecitamente avvertita per poter procedere senz'altro all'espropriazione per ragioni di pubblica utilità secondo la facoltà concessale dalla legge sui LL.PP. (Lavori Pubblici).

In attesa di una risposta distintamente La riverisco

Il Sindaco, Lorenzo Fiori”.

Il 30 luglio il vicario generale della diocesi, mons. Luigi Campani, inviò all'arciprete Bertoldi il benestare del vescovo Arturo Marchi. La superficie del terreno ceduto dalla parrocchia era stata portata a 4293 mq e la sua quotazione definitiva, stimata dal geometra Bezzi ed approvata dalla Curia e dal Comune, fu di lire 500.

Venne così realizzato l'attuale complesso murato il cui unico ingresso, posto sul lato nord in direzione della Pieve, aveva di fronte la cappella ai lati della quale furono eretti i due corpi edilizi contenenti, disposti su tre file, i loculi detti anche colombari (fig. 3).

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Figura 3 - La prima pianta del cimitero “in Casanova”

Il cimitero in Casanova, dunque, entrò in funzione nel 1912 e dapprima vennero utilizzate le parti a destra dell'entrata. In quella superiore, un settore fu riservato alla sepoltura dei bambini.

Prima ad essere inumata nel nuovo cimitero, il 1° settembre, fu Corsini Isabella, di anni 76, figlia di Domenico e Azzolini Annunciata nonché moglie di Agostini Pietro. Pertile Cesare, anch'egli di anni 76, figlio di Pietro e di Mantovani Maria e marito di Pinelli Desolina fu deposto nel proprio loculo il 1° dicembre. Bisognò attendere l'8 giugno 1931 per registrare la prima sepoltura di un defunto proveniente dal nuovissimo Ospedale “Principe Umberto” di Castelnovo: quel giorno si celebrarono i funerali di Ferrari Zelinda del fu Quinto, già abitante nel comune di Vetto.

Nel nuovo cimitero, benedetto dall'arciprete mons. Bertoldi nel 1913, per alcuni anni furono trasferiti defunti già sepolti in quello precedente.

Un primo ampliamento del cimitero di Casanova, per la costruzione di altri colombari sul lato orientale e lo spostamento del muro occidentale con apertura di un secondo cancello sulla nuova strada comunale appena realizzata, si rese necessario già nel 1939, ma, a causa degli eventi bellici, fu poi realizzato nel 1956.

Nel 1967, 1974 e successivamente (anche in anni recenti) furono realizzati e predisposti ulteriori ampliamenti, ancora nella parte orientale del cimitero destinata a nuovi colombari, parte dei quali  prefabbricati, che si affacciano ora su logge interamente coperte.

Tutti questi ampliamenti vennero eseguiti su terreni prebendali via via acquisiti dal Comune.

(Corrado Giansoldati)

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Fonti consultate:

Archivio storico parrocchiale di Castelnovo ne' Monti

Ufficio Anagrafe e Stato civile Comune di Castelnovo ne' Monti

Archivio Diocesano di Reggio Emila

Archivio di Stato di Reggio Emilia

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4 COMMENTS

  1. Sulla strada vicinale per i Boschi, quella che arriva dietro l’ospedale, si attraversava una zona detta “il cimitero vecchio” ma non ne trovo traccia in ciò che che scrivi. Scusa Dado, ma devo sapere: c’è qualcosa che riguarda un cimitero in quella zona?

    (Giovanni Annigoni)

    • Firma - Giovanni Annigoni
  2. Ciao, Giovanni carissimo. Il “cimitero vecchio” cui ti riferisci e che tutti a Castelnovo “ai nostri tempi” abbiamo sempre, in effetti, chiamato in quel modo, è quello che stavolta ho preferito denominare “Il cimitero nella piana della Pieve”. E ti spiego il motivo di questa preferenza. Mentre in passato si è sempre parlato di due soli cimiteri, quello “nuovo” e quello “vecchio” ben identificabili e distinguibili, in questa mia breve relazione compaiono altri luoghi di sepoltura ancora più vecchi ed ho temuto che, specialmente nei lettori più giovani, l’aggettivo “vecchio” riservato a quel solo cimitero potesse creare qualche equivoco. Tuttavia è indubbio che con “cimitero nella piana della Pieve” vada inteso quello che negli ultimi decenni fu detto “cimitero vecchio” e dei cui residui tu ed io, ma credo anche altri, conserviamo tuttora qualche ricordo.

    (Corrado Giansoldati)

    • Firma - CorradoeAnnaGiansoldati
  3. Grazie Dado, spero non ti infastidisca se continuo a chiamarti così. Come chiosa alla chiusura della tua risposta aggiungo che di quella zona non conservo residui ma solo ricordi strappati e penso che tu sappia quanto questo sia vero.

    (Giovanni Annigoni)

    • Firma - GiovanniAnnigoni