Una società che risparmia sulla scuola è una società che si taglia via un pezzo di futuro. Detto questo chi nella scuola ci lavora ha due scelte. Tagliarsi fuori dal futuro insieme alla riduzione dei fondi. Oppure cercare una corrente motivazionale che trascenda l’amarezza di appartenere a una categoria spesso vituperata, screditata, criticata, talvolta a ragione, quasi sempre non valorizzata.
Al di là dei monotoni luoghi comuni collettivi, nella scuola c’è chi ci crede. E si spende per farla diventare bella. I soldi sono pochi, sempre meno. Allora anche la qualità dell’insegnamento deve adeguarsi? La scuola è un luogo fecondo, di interazione, di creatività. Si assiste a una demotivazione di alunni e docenti. E di famiglie che a fronte di difficoltà, problematiche trascinate, non hanno più voglia di crederci. Da una situazione di entusiasmo alla scuola dell’infanzia, si perdono talvolta le tracce della famiglia via via che salgono gli ordini di scuola. In casi estremi, i docenti si trovano a dialogare con un’assenza. Con conseguenze emotive di solitudine, mancata collaborazione, smarrimento. Famiglie rarefatte, talora in ginocchio per i casi della vita, si girano verso la sopravvivenza, mettendo in secondo piano il percorso scolastico del figlio, percepito già grande e autonomo. In questi casi bussare nel vuoto non serve.
Ma c’è l’alunno lì di fronte, con cui costruire, con cui dialogare è possibile.
La sfida educativa è prima di tutto affettiva. Poi i contenuti seguono, e diventano primari. Ma senza una relazione tra gli agenti del processo formativo non si costruisce un sapere, cade tutto in una distanza.
Allora vale la pena incontrarsi tra i banchi, scambiandosi una scuola che è fatta di condivisione, di guardarsi reciprocamente prima come persone, pensando chi è lì di fronte capace. Capace di apprendere e restituire, arricchito, il sapere.
Pensare una scuola che valorizza le risorse di ognuno è possibile. Rinforzare l’importanza che ognuno ha nella costruzione della scuola, anche.
Lasciare spazio ai linguaggi creativi, all’espressività di ognuno, restituendogli un’immagine di cittadino portatore di senso, capace di innovazione, contribuisce a far crescere individui che si percepiscono capaci di incidere sulla realtà, apportandovi il proprio contribuito.
Ben vengano tutti i sistemi di comunicazione che valorizzano le qualità degli studenti.
L’insegnante può cogliere la modernità come possibilità e trasformala in alleata, inserendo contenuti nei contenitori familiari agli alunni. Parlare con il loro linguaggio per insegnarne uno più antico, mescolandolo. Da quest'anno inoltre la vera novità assoluta è quella del registro elettronico. Addio registri blu, feticcio a cui ogni docente si aggrappava ogni mattina, testimone fedele del proprio lavoro, magazzino di voti, annotazioni, e timori degli alunni. Ora l'insegnante si dovrà modernizzare e adeguarsi al digitale. E così facendo si avvicinerà ai mezzi usati con disinvoltura dai nativi digitali, gli studenti.
Solo una scuola che guarda, ascolta con attenzione e parte da quello che c’è può aspettarsi frutti. Altrimenti si diventa depositari sterili.
Una scuola dove si sta bene passa dall’apprezzamento. Degli uni e degli altri.