Mario Bernabei, del centro turistico "Andare a Canossa", ci invia una nota, che volentieri pubblichiamo, sull'evento di domenica 22 settembre quando si avvierà l'abbattimento della porcilaia/ecomostro vicina al castello di Canossa.
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Racconta la leggenda che Adalberto Atto nel 940 durante una battuta di caccia, inseguendo una cerva, rimase folgorato dalla bellezza di Canossa e decise di costruire lì il suo principale castello-dimora.
In realtà la rupe di Canossa oltre ad essere bella, bianca, protetta dai calanchi e da strapiombi, possedeva una caratteristica essenziale per un Castello: era ricca d'acqua.
A 200 metri in linea d'aria da Canossa c'è infatti il Monte Atesa, alto circa 700 metri, ricchissimo di fonti, che ancora oggi è sede di numerosi pozzi che forniscono acqua all'acquedotto reggiano.
Ogni domenica, centinaia di ciclisti riempiono le borracce alla fonte Branciana ai piedi del Monte Atesa.
Poichè Canossa è una roccia arenaria, porosa, permeabile, alta poco più di 600 metri, per il principio dei vasi comunicanti mantiene costante il livello dell'acqua nelle sue cisterne, come è possibile constatare visitando le rovine.
Questa premessa serve a dare una ulteriore motivazione – se mai ce n'era bisogno – alla necessità di abbattere la porcilaia/ecomostro posta appunto alle pendici del monte Atesa a duecento metri da Canossa.
Sicuramente negli anni '60 la nuova porcilaia ha risposto a positivi interessi di sviluppo dell'agricoltura dando lavoro a più persone.
Tuttavia il luogo scelto per insediarvi uno stabilimento di 5 piani per 3000 maiali, "era quanto di più sbagliato": per essere in zona franosa, per inquinare le falde acquifere con gli scarichi inquinanti, per avere un impatto devastante su un paesaggio così importante e storicamente così connotato.
Non a caso, i primi a gridare allo scempio dell'ecomostro furono i giornali tedeschi ed europei scandalizzati della violenza compiuta.
Perciò il lungo, tortuoso, difficile percorso per abbattere la porcilaia effettuato dagli Enti pubblici: Comune, Regione, ma sopratutto Provincia va rispettato ed apprezzato.
E' giusto che l'abbattimento sia una giornata di festa: per l'ambiente e per il rilancio di attenzione e di interesse ai nostri beni monumentali.
Occorre dire che una politica intelligente del territorio e delle infrastrutture, nell'ultimo decennio ha messo in rete tutta la Val d'Enza col casello autostradale A1 “Terre di Canossa e Campegine”.
Icastelli matildici, le pievi, i borghi, gli importanti Musei di Canossa, dei fratelli Cervi a Gattatico, di Peppone e Don Camillo a Brescello che quasi in sequenza identificano il cuore dell'Europa Medievale, le radici della Repubblica e della Resistenza Italiana, il “sentire” dei reggiani, debbano diventare il core-business di un turismo più maturo e ricco che finalmente dia lavoro ai giovani e ai numerosi B&B, agriturismi,centri di accoglienza che stanno sorgendo un po' ovunque.
Buone speranze ci sono: il primo anno di gestione con ingresso a pagamento al castello di Canossa ha fatto registrare dati del tutto positivi: sono giunti a Canossa visitando il Castello o informandosi all'Ufficio U.I.T. “Le Terre Matildiche” più di 26.000 persone. I biglietti venduti nonostante molte gratuità (giovani fino ai 18 e over 65) hanno consentito alla Provincia di incassare 23.000 euro la metà della cifra spesa per l'appalto di una nuova e moderna gestione del Castello.
Canossa è aperto tutti i giorni, con visite guidate, servizio di audioguide, accoglienza con proiezione video in quattro lingue, book shop, degustazioni e spettacoli.
Infine: l'abbattimento dell'ecomostro rilancia tutta la tematica canossana nella ricorrenza dei nove secoli dalla scomparsa di Matilde che guarda caso coincide nel 2015 con l'Expo di Milano ove sono attesi milioni di turisti a non più di 40 minuti da Reggio grazie alla Stazione Medio Padana.
Vuoi vedere che forse è la volta buona che Reggio Emilia prende il treno... del turismo?
C’è davvero da attendersi un’esplosione di turisti: un po’ come avvenuto a Felina…
(Giorgio)
Giustissimo abbatterla ma chi paga, i proprietari o Pantalone?
(G.C.)
I proprietari sono Pantalone! A volte mi domando cosa ci stiano a fare le opposizioni nei vari consigli… possibile che nessuno sia capace di fare una visura catastale e una camerale?
(Giorgio)
Paga ovviamente Pantalone, con “soli” 900mila euro si butta giù. Ma se si doveva invece costruire quanto costava? 50 milioni di euro?
(L.C.)
Intanto non sono 900.000 ma 1.100.000: basta sommare il costo della demolizione (600.000, sempre che ora non sia addirittura diventato di 900.000 come si vede scritto) al costo pagato a suo tempo dalla Matilde SpA ai proprietari (500.000). Ci si dovrebbe chiedere come mai la Provincia che è la detentrice di oltre il 60% delle azioni della ormai fallita Matilde SpA usi questa operazione per rimpinguarne le casse. Ci si dovrebbe chiedere come mai persone che hanno preso soldi come componenti della Matilde SpA, del Circuito dei Castelli e di altre molteplici associazioni sponsorizzate da enti pubblici confidino nell’ecomostro per “l’avvio” del turismo. E i soldi incassati finora a che sono serviti? Questo si dovrebbe chiedere chi fa il giornalista a Reggio Emilia….
(Un canossano stanco e deluso)
I costi sono discutibili ma l’operazione è “sacrosanta”. Vorrei solo sapere chi (nomi e cognomi di sindaci, assessori, sovrintendenti, ecc. ecc.) ha permesso la costruzione di tale obbrobrio. Vorrei saperlo per curiosità, per onor del vero, ma, soprattutto, per ricordarmi chi non bisogna emulare.
(Borz)
Anche le cose “sacrosante” si fanno a tempo debito e se le “finanze” lo permettono. Sui nomi, che non conosco, ho l’impressione trattandosi di un edificio degli anni 60-70 che siano già ampiamente dimoranti “altrove”. Intanto però sarebbe interessante sapere chi ha lasciato costruire in quel di Grassano sulla costa, ben visibile dal castello, solo pochissimi anni fa….
(Un canossano stanco e deluso)
900.000mila euro per “l’abbattimento e ripristino naturalistico” appena letto sul sito http://www.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=703&IDSezione=3927&ID=522007… e io pagoo…
(G.C.)
E così, ancora una volta, i soldi pubblici vengono usati per distruggere e ancora una volta i responsabili se ne stanno tranquilli chissà dove senza nessuna responsabilità. I responsabili, che non sono necessariamente i proprietari dello stabile come qualcuno sembra pensare. Questi se hanno costruito lo hanno fatto dopo aver ottenuto regolari licenze, intendo coloro che i permessi li hanno concessi o che hanno stabilito le regole per concederli. Ci mancherebbe che alla fine della storia chi ha costruito con regolari licenze fosse poi obbligato ad abbattere a proprie spese(?!). Siamo proprio un paese strano, fa notizia e siamo qui a gioirne perché abbatteremo a caro prezzo una struttura regolarmente costruita oltre 40 anni fa e sapendo bene, come scrive Giorgio, che ne ricaveremo gli stessi vantaggi derivati dall’abbattimento dell’ecomostro di Felina, cioè un po’ di risonanza mediatica e un mucchio di macerie da portare via. Certo che a distruggere si fa presto ma perché invece non si prova a pensare ad un eventuale recupero, a ricavarci qualcosa di socialmente utile, per esempio un ostello, una struttura ricettiva per turisti o studenti? Cercando una logica morale in tutta questa faccenda mi viene alla mente un vecchio detto montanaro che a tal proposito recita: “Fàr e dasfàr l’è tùtt lavuràr…”
(Antonio Manini)
I precedenti proprietari non possono certo essere ritenuti colpevoli di aver costruito qualcosa per cui certamente avevano avuto i permessi occorrenti. Ora però il proprietario è una società ben nota, la Matilde SpA, quella che doveva essere il motore del turismo nelle zone matildiche, quella di Montefalcone e dintorni, ove sono stati sepolti migliaia e migliaia e migliaia di euro. Nel progetto originario, a quanto ne so, prima dell’acquisto da parte di Matilde SpA, l’intento era proprio quello di non distruggere senza alcun costrutto: erano state fatte varie ipotesi, compresa la realizzazione di un centro visite e delocalizzazioni di aree ricettive. Il biglietto di invito alla “festa” è di una tristezza globale: un invito ad una festa con un mirino di arma da fuoco puntata, cosa di estremo cattivo gusto e di pessima missione educativa. Certo: “Fàr e dasfàr l’è tùtt lavuràr…”, però sarebbe bello che il tristo lavoro lo pagassero tutti quelli che in Matilde SpA ci hanno vissuto, alle spalle del turismo morto e sepolto.
(un canossano stanco e deluso)
Non mi sembra ci sia niente da festeggiare! Il cittadino continua a pagare per errori di amministratori incompetenti e ci dovremmo accontentare dei bei discorsi degli amministratori. E’ la dimostrazione, ancora una volta, che ad amministrare la cosa pubblica non si rischia mai perché nessuno ci mette la faccia. Con la carenza di risorse non era il caso di pensare a qualcosa di più economico? Potrebbe essere materiale per Report o Striscia.
(Sampolese molto delusa)
Con la situazione economica attuale è incredibile che si possano spendere certe cifre (credo soldi nostri) per abbattere un fabbricato, mentre ci sarebbe tanto bisogno di opere utili e indispensabili; basti pensare al collegamento viario tra Vetto e Ramiseto; nel 2013 si passa ancora su un “guado”, due ponticelli dove due auto non passano e i camionisti si telefonano per non incontrarsi. La mancata realizzazione di una viabilità decorosa tra Vetto e Ramiseto, due comuni posti sulla Valle dell’Enza, non sarà un ecomostro ma è certamente una mostruosità incredibile, ma nessuno fa nulla per realizzarla e in pianura si fanno strade e rotonde ovunque; e poi qualcuno si meraviglia se la montagna non si sviluppa.
(Lino Franzini)
Sempre a proposito di come i nostri cristallini amministratori locali spendono i nostri soldi: pare che al mostruoso show dell’abbattimento siano arrivati 7 pullman di studenti; pullman pagati con le nostre tasse per far fare bella figura a chi fra poco potrebbe essere a spasso, perciò si dà giustamente da fare per mettersi in mostra e prepararsi una nobile e ben pagata poltrona per gli anni che mancano alla sudata pensione d’oro. Roba da far impallidire Caeausescu. Intanto da Vetto a Ramiseto si va ai 30, come non si va più da anni nemmeno da Bucarest a Timisoara…
(Giorgio)
E la “cadrega” è una brutta bestia…
(G.C.)