Alle 8 e 15 del 6 agosto 1945, per la prima volta nella storia dell’umanità, una bomba atomica fu utilizzata contro una nazione in guerra. Dopo 45 secondi di caduta libera un bagliore accecante, a 600 metri dal suolo, distrusse più di dodici chilometri quadrati di case e palazzi riducendoli in macerie e ottantamila persone rimasero uccise all’istante. Un’enorme ondata di calore che si consumò in pochi secondi.
Sono passati quasi settant’anni da quel giorno, oggi Hiroshima è una città moderna, famosa per gli eccentrici tifosi della squadra di Baseball, gli Hiroshima Carps, per gli ottimi Okonomiyaki (una sorta di pizza giapponese) e per il suo festival dei fiori a maggio.
Dei sopravvissuti del bombardamento, gli Hibakusha, non ci sono più tracce, l’enorme parco della pace cerca di dare un tono di solennità a quel giorno, ma pecca di autenticità.
Solo una struttura originale è stata conservata. Accanto al fiume ci sono i resti scheletrici del Genbaku Dome, quella che una volta era la sede della sala della prefettura per la promozione industriale. Partendo da qui si entra nel Parco della Pace, sede del Museo della Pace, di diversi memoriali, del cenotafio e della Fiamma della Pace. Questa continuerà ad ardere fino a che tutte le armi atomiche sulla terra non verranno un giorno distrutte.
Il percorso espositivo del museo ricostruisce la città di Hiroshima durante l’era di Edo, racconta le tappe che hanno portato alla creazione della bomba atomica e soprattutto alle conseguenze sulle persone. I filmati e le fotografie sui muri sono estremamente crude, forti e a tratti scioccanti. L’audio-guida racconta le testimonianze dei sopravvissuti, quello che hanno visto e sentito quel giorno, come grazie al fato e alla fortuna gli abbia siano sopravvissuti.
Malgrado la nostra “abitudine europea”, ai musei, memoriali, ai racconti di guerra, di sofferenze e deportazioni, Hiroshima lascia qualcosa di unico. Per anni abbiamo letto e sentito parlare di minaccia atomica, ma camminare sopra alla terra che ne è stata testimone fa un certo effetto. Guardando in alto, orientandosi e facile scorgere il punto esatto dove la bomba esplose, cambiando per sempre il volto della città, della politica mondiale e della storia dell’umanità.
Dopo un’ora di viaggio, un treno locale ci scarica al terminale dei traghetti per l’isola di Miyajima. Quest’isola ha una grande importanza religiosa per il Giappone. In epoche remote era proibito l’accesso alle persone comuni se prima non avessero attraversato l’enorme Torii rosso galleggiante (anche se in realtà è ben saldato alla terraferma).
Mentre attraversiamo lo stretto canale del Mare Interno di Seto, scorgiamo in lontananza il complesso scintoista di Itsukushima. Per celebrare la sacralità dell’isola fu costruito nel 1168 un santuario che si erge su ponti e palafitte. A seconda della marea il tempio viene circondato dall’acqua o dal bagnasciuga (non a caso all’uscita del molo c’è la targa di gemellaggio con Mont Saint Michel).
L’isola di Miyajima custodisce anche l’antico tempio Daisho-in in onore al Monaco Kukai (meglio conosciuto con il nome di Kobo-Daisho) fondatore del buddismo Shingon (Kukai sosteneva che tutto cio’ che accade nel mondo sia un simbolo o una parola e che quindi il mondo potesse essere una sorta di libro). Il monaco Kukai, nel 806, medito' sulla montagna più alta di questa isola per 100 giorni. Il fuoco che lo stesso monaco accese 1200 anni fa continua ad ardere e si creda che l’acqua che fa bollire abbia poteri guaritori. La visita al tempio è stupefacente, ogni angolo nasconde un altare, una divinità.
Riusciamo a partecipare per alcuni minuti ad una celebrazione religiosa. Le ripetizioni dei mantra, del monaco inginocchiato, sono accompagnate dal suono di un grande taiko (tamburi rituali giapponesi) e di una piccola campana.
L’isola è affollata di turisti, cerchiamo un po’ di riposo sulla spiaggia, accompagnati dalle decine di cervi liberi e ormai addomesticati.
Prossima tappa Tokushima, per il festival buddista Awa Odori.
(Matteo Manfredini)
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