A quanti è capitato di percorrere migliaia di chilometri in cerca di qualcosa di bello? Da noi forse questa tendenza è meno marcata. Oggi sappiamo cogliere la bellezza dei panorami quotidiani. Ci stiamo rendendo conto che anche il nostro Appennino, con tutte le sue difficoltà e contraddizioni, merita attenzione. Ci sono luoghi raccolti nella loro intimità, quasi schivi per pudore, ma carichi di storia e di fascino come i ben più noti luoghi ove si sono celebrati eventi epocali. Queste località le abbiamo lì, a due passi da casa. Come Santo Stefano di Pineto, a cinque minuti d’auto da Castelnovo, lungo la strada che da Rosano scende a Buvolo.
La denominazione deriva dal fatto che a Pineto, durante il dominio estense, vi era una Podesteria attiva fino all’avvento di Napoleone, nel cui territorio si trova la nostra chiesa, detta per questo Santo Stefano di Pineto.
Ma la chiesa esisteva molto prima dell’arrivo degli estensi: “La chiesa, che ha subìto diversi rifacimenti, sembra risalire al periodo preromanico anche se restano tracce attribuibili, forse, al periodo carolingio”. [A. Nobili: VETTO – Itinerari turistici- Immagini d’altri tempi – Age 1980].
Purtroppo il primo documento scritto che possediamo e che parla della presenza di un sacerdote a S. Stefano è solo del 1352. Ma a me piace sognare, anche se non ho documenti per provare ciò che propongo. Ho immaginato che quassù, da dove si domina buona parte dell’Appennino reggiano-modenese e, (dopo i temporali che spazzano via la foschia dalla pianura padana) si può intravvedere uno scorcio delle Alpi e dei colli Euganei, i nostri antenati Liguri-Montani avessero un centro di culto. Quel centro sarà stato forzatamente abbandonato quando i residenti furono sopraffatti dai Romani e deportati in massa nel territorio sannita. Si parla di circa 40.000 persone, in prevalenza donne e bambini oltre ai pochi superstiti delle guerre. [G. Cavalieri: LA CONQUISTA ROMANA DELLA MONTAGNA REGGIANA, Analisi, 1991 - pag. 35].
Anche i Bizantini potrebbero aver scelto questo luogo per erigervi una cappella, centrale rispetto ai territori delle attuali parrocchie di S. Stefano e di Rosano. Me lo fa pensare il fatto che la chiesa sia dedicata al primo martire cristiano. I sacerdoti Bizantini vivevano in comunità (forse all’interno del castello che era sulla Pietra) e alla festa si recavano nelle cappelle dislocate nel territorio per le funzioni religiose. Quassù da noi, dove era il fronte fra Bizantini e Longobardi, la dedicazione delle chiese indica l’influenza dell’una o dell’altra parte. I Bizantini scelgono santi della Chiesa primitiva: Apostoli, primi martiri, primi dottori; i Longobardi scelgono santi guerrieri: S. Michele arcangelo, S. Giorgio. Passano i secoli, cambiano le condizioni sociali. Sicuramente ci sarà stato anche un considerevole degrado della cappella. In epoca carolingia o matildica potrebbe essere stata costruita la chiesa attuale. È quanto lasciano capire le strutture riportate in luce dopo l’ultimo restauro: la chiesa aveva l’abside rivolta ad Oriente; la tipologia di costruzione è caratteristica di quell’epoca, uguale a quella di Marola, di Belleo, di Cagnola, di Toano.
La prima notizia scritta che possediamo è del 1315 dove si nominano dei terrerii (possidenti) delle borgate vicine. Nel 1245, si cita un certo Johannes de Sancto Stephani. [INSEDIAMENTO STORICO E BENI CULTURALI APPENNINO REGGIANO a cura di Walter Baricchi, pag. 349 / 33].
Ma il primo prete che cura la chiesa è Zanino di Ubertello da Vedriano (1352). [Milani mons. Francesco: RAGGUAGLIO STORICO SULLA PARROCCHIA DI S. STEFANO DI PINETO (Inedito)]
Nel 1352, poi di nuovo nel 1359 Santo Stefano è unita a Rosano, unione che diventerà definitiva nel 1393 e durerà fino al 1852.
Dalle visite pastorali apprendiamo: 1543 (visita Cervini) la chiesa risulta mal governata; 1664 (visita Marliani): è definita “antiqua, tabulata” e orientata liturgicamente; e, finalmente, con Picenardi (1705), si parla di una chiesa “in volto e con tre altari”. Cioè quella attuale.
Da altre fonti ci risulta che, sempre durante una delle visite pastorali, la chiesa viene dichiarata “sordida” (sporca), e al parroco viene imposto il restauro. In quell’occasione la chiesa viene orientata in senso inverso, (cioè con la porta a levante e l’abside a ponente), e ampliata rispetto alla precedente.
Il campanile attuale risale all’inizio del 1900. Quello precedente, crollato, era a metà del lato nord, dietro alla cappella ove si trova l’urna di San Generoso.
All’interno: sopra la porta è stato messo in evidenza l’arco che delimitava l’abside quando la chiesa era orientata a levante. Probabilmente la primitiva chiesa era a croce greca vista la presenza di parte di un arco (sulla destra). Da rilevare l’Acquasantiera, una conchiglia in marmo, sorretta da una mano in bassorilievo, pregevole opera ottocentesca. Nella cappella di destra vi è l’urna che racchiude la statua in cera e le reliquie di S. Generoso, arrivate a S. Stefano da Roma intorno al 1830. Chi fosse S. Generoso non è ancora chiarito. Vi è chi lo ritiene vescovo di Tivoli, ma è più probabile che si tratti di un militare. Nell’abside si può ammirare una tela del XVIIº secolo raffigurante l’Addolorata al momento della Deposizione, circondata da Santi (Giuseppe, Silvestro, Agata e Pellegrino). La Sacra Mensa dell’altare risale al XIIIº secolo, già inglobata nel vecchio altare. Tutta l’abside è ornata da un cornicione in stucco, con volute vegetali e volti di cherubini. È opera di Francesco Salvi, attivo in questo territorio nel 1775-1776. Il tabernacolo, in legno intagliato e dorato, viene attribuito a uno dei Ceccati (XVIIº secolo).
Oltre alla festa del titolare Santo Stefano la parrocchia celebra la sagra nella domenica anteriore al 15 Settembre (quest’anno l’8) e la festa di S. Generoso nella prima domenica di novembre.