Riceviamo e pubblichiamo.
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In questi giorni le famiglie e gli esercenti di Vetto hanno ricevuto la prima e salata cartella per il pagamento della Tares, l’ultima arrivata nell’universo di tasse e tributi che si è abbattuto sul contribuente italiano. L’ acronimo Tares sta per “tassa rifiuti e servizi”, ma potremmo benissimo convertirlo in “tasse a ripetizione e spropositate”, bersagliati come siamo da una miriade di imposte e gabelle applicate da Stato-regioni-province-comuni ed enti vari, che impoveriscono le nostre tasche e rendono sempre più dura e difficile la vita economica di chi svolge un lavoro in proprio (commercianti, artigiani, imprenditori, professionisti…), creando quasi sempre occupazione anche per altri. La nuova Tares è un’autentica “bomba fiscale”, che va disinnescata, aveva dichiarato alla stampa il presidente di una conosciutissima associazione imprenditoriale reggiana.
Oltre all’enorme e sperequato carico fiscale - il più alto di tutta Europa, come ampiamente noto - gli esercizi di vendita e di produzione dell’uno e dell’altro settore sono poi oggetto di sistematici controlli da parte degli svariati organi di vigilanza. Quotidianamente o quasi leggiamo infatti sui giornali che sono state rilevate infrazioni a questa o a quella norma e talvolta ci viene anche da sorridere di fronte alla esiguità dell’inadempienza commessa, che però viene egualmente e indifferentemente multata, anche in maniera pesante, perché le norme sanzionatorie non graduano le violazioni e non fanno distinzione tra grandi e piccole aziende, né considerano il volume d’affari e neppure il fatto che un’attività sia svolta in zona disagiata e svantaggiata (qui la responsabilità va innanzitutto imputata al legislatore, nazionale e regionale, e anche comunitario, e non tanto agli organi di vigilanza).
In tale situazione, per molte attività economiche, specie quelle di più piccola dimensione, il sopravvivere sul mercato diventa una corsa ad ostacoli e c’è da augurarsi che non arrivino a chiudere i battenti - vista anche la loro notevole funzione sociale, specie nelle piccole comunità - o che i titolari non siano costretti, anche per via dei debiti accumulati, a cedere la licenza a un qualche signore che viene da terre lontane e si presenta, come sentiamo ormai spesso dire, con una valigetta piena di danaro contante della cui provenienza poco o nulla sappiamo, mentre a noi italiani stanno mano a mano chiedendo di giustificare ogni qualsivoglia spesa.
Questo preoccupante scenario contrasta abbastanza con il fiorire estivo di tante feste paesane “mangerecce” che non sembrano invece accusare alcuna crisi. Sono iniziative benemerite e benvenute quando servono a rivitalizzare borghi e frazioni della nostra montagna e ad attrarre nuovi visitatori, ma dobbiamo nel contempo aspettarci che non siano fuori regola quanto a permessi, requisiti igienici e aspetti fiscali, perché altrimenti si tratterebbe di una concorrenza sleale e immeritata verso chi ha un esercizio aperto tutto l’anno ed è costantemente soggetto a controlli e a tasse, Tares compresa.
Questo dovremmo tutti chiedere, in questo delicato momento economico, agli organizzatori e ai responsabili delle feste paesane, in modo che l’intera comunità possa trarne beneficio e nessun operatore economico del comparto si senta penalizzato o avverta disparità di trattamento.
(Giovanni Ferrari, coordinatore Pdl di Vetto)
A me sono arrivati 1700 € di anticipo quindi andrò a pagare sui 3000 € di immondizie cioè quasi 8/9 € al giorno. Poi mi ritrovo dei gazebi abusivi fiscalmente e non autorizzati a somministrare alcolici e alimenti ma autorizzati dal sindaco con un permesso temporaneo per la somministrazione di lattine sigillate… Ma queste attività temporanee pagano le tasse come i commercianti che ci sono tutto l’anno? Ma il sindaco tutela i commercianti del suo paese?
(Mandi)
Dipende dal genere delle feste paesane perchè se gli incassi vanno a beneficio di scopi socialmente utili va bene, ma se non si sa dove finiscono i soldi è un altro discorso. Vicino a Vetto c’è una borgata che fa per due serate il pieno totale togliendo a bar e ristoranti, non sarebbe sufficiente una sola serata…? Lo scopo socialmente utile a tutti che viene dichiarato qual è? Qua di Tares si paga ben poco e anche di tasse di utilizzo del suolo pubblico, mentre invece chi ha delle piccole attività viene assediato da tutto ciò, se poi gli togliamo anche gli incassi per intere serate…
(A.B.)
Le feste, se non hanno uno scopo benefico, devono pagare tributi e tasse ed essere tartassate come o più dei locali commerciali.
(CG)
Ci mancherebbe altro che chiudessero le feste estive per favorire quei quattro furbacchioni (mettiamola così) dei commercianti della nostra montagna. Da tempo non compro più nelle nostre zone, se non il minimo indispensabile, perchè i prezzi sono incomparabilmente più elevati rispetto alla grande distribuzione delle città. Invece che inveire contro chi si dà da fare, abbassate i prezzi e battete degli scontrini!
(L. Pollenti)
Ha scoperto l’acqua calda che i prezzi della grande distribuzione sono più bassi di quelli dei piccoli commercianti. Provi lei a fare i prezzi della grande distribuzione aprendo un piccolo negozio. Non si preoccupi, fra pochi anni andremo tutti a comperare nelle grandi città perché i piccoli saranno costretti a chiudere e, calcolando le spese di benzina e la perdita di mezza giornata, vedrà come il risparmio andrà a farsi benedire.
(Gianni Zannini)
Piccola domanda. E se provassero a fare pagare le tasse alla grande distribuzione come si deve, in proporzione ai piccoli e alla roba che esce dalla loro porta, con studi di settore adeguati, cosa succederebbe? Ma va bene così, gli evasori siamo noi e presto andremo anche noi a fare spesa in città, come dice Gianni Zannini.
(Elio Bellocchi)
Speriamo che la grande distribuzione arrivi in montagna e gli utenti ne avranno un beneficio, finalmente…
(Maurizio Pancotti)
Purtroppo per lei non arriverà mai; il numero degli abitanti è troppo piccolo per poterselo permettere.
(Gianni Zannini)
Purtroppo per noi, purtroppo per tutti i consumatori, non arriverà mai la GDO in montagna. Ostacolo alla sana concorrenza.
(G. Bellini)
Ora la grande distribuzione si può trovare in rete. Direttamente da casa potete ordinare e ricevere quello che volete. L’unico problema che manca il diretto colloquio con il negoziante per risolvere gli eventuali problemi.
(Gianni Zannini)
Dipende dal sito sul quale si acquista. A me è capitato di ricevere un rimborso di pochi euro per un articolo risultato mancante nel pacco. Nessuna diffidenza, molte scuse e rimborso rapido. Certo, manca il rapporto personale con il commerciante e, anche in questo caso, dipende dal commerciante. C’è da domandarsi, piuttosto, se non sia spesso questa la ragione per la quale ci si dirotta su internet, a parte l’indubbio risparmio. Il monopolio e l’atteggiamento da “o compri da me o non trovi da nessun altro” ha fatto la sua epoca e credo che i commercianti della montagna si dovrebbero interrogare sulle ragioni dell’esodo dei loro clienti.
(Celeste Grisendi)
Andiamo nel concreto: 5 amici che un mese fa circa decidono di fare una grigliata con le loro famiglie e con altri amici. Per pura curiosità decidono di acquistare 5 prodotti necessari in 5 attività diverse, stessi prodotti, stessa marca e stessi pesi/quantità, tra questi 1 confezione da sei bottigliette di birra di una nota marca tedesca, una confezione da due bottiglie da 1,5l. di una famosissima bibita gassata più altri tre prodotti funzionali ad una grigliata. I luoghi scelti sono un famoso ipermercato della provincia di Modena, un piccolo supermercato della montagna e tre negozi “di paese”. I risultati:
spesa totale nel famoso ipermercato 9,79 euro; spesa totale nel piccolo supermercato di montagna 10,79 euro; spesa totale nel negozietto di un morto capoluogo della montagna 11,80 euro (a cui vanno i nostri complimenti un paio d’euro di rincaro ci possono stare…); spesa in negozietto della “capitale” della montagna 13,10 euro; spesa in negozietto di ridente località turistica dell’appennino reggiano 14,60 euro.
Quasi 5 euro di differenza su 5 cose in croce… le conclusioni traetele voi.
(PR)
P.S. – La carne (che non rientrava tra i 5 prodotti) l’abbiamo presa in macelleria quassù, prezzo alto ma qualità eccelsa, giusto dare a Cesare ciò che è di Cesare.
E quindi? Mi dispiace ma, anche facendo qualche sforzo, non riesco a trarre la conclusione. La differenza di prezzo fra negozi è sempre esistita e può essere una sana concorrenza. Basta scegliere tra chi ti offre il prodotto migliore, al prezzo migliore ed al servizio miglore. C’è da scegliere. C’è chi ti offre la borsina e chi no, chi ha più cortesia, chi è in affitto e ha più spese, i fattori che determinano il prezzo sono tanti. La mia mentalità distorta però, mi consiglia di frequentare di più il negozio in affitto (forse ha più bisogno di lavorare) rispetto a quello in proprietà e alla concorrenza sleale dei grandi centri commerciali che spesso sono multinazionali e che nella maggioranza dei casi le tasse le pagano fuori dal nostro paese. Se fosse per me, uscirebbe il prodotto dalla fabbrica con il prezzo imposto, obbligatorio per tutti. Ma teniamoci la tanto invocata libera concorrenza sfrenata al ribasso, mi sta anche bene, ma attenzione poi che ci troviamo con i prodotti del sottobosco inquinati, provenienti da chissà quali paesi, come è successo in questi giorni.
E questo è soltanto un esempio. Di sicuro, però, la concorrenza non esiste nel mondo del lavoro dipendente pubblico o privato. Ma guarda un po’, e mi fermo qui perchè non voglio offendere nessuno. Porto soltanto un esempio che vale per tutti: quelli che hanno rubato nelle valigie negli aereoporti sono difesi dai sindacati e non si possono nemmeno licenziare!
Grazie.
(Elio Bellocchi)