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Quando la mamma sale in cielo

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CASA DE LOS NINOS (Bolovia) - Nei giorni scorsi abbiamo ricordato la nostra Paola che, dalla nostra casetta, ha raggiunto il Cielo 5 anni fa. Era una mamma molto giovane, colpita dal virus del HIiv. Aveva poco più di 20 anni. Noi la conoscemmo in ospedale e ci chiesero di ospitarla perché potesse passare gli ultimi momenti della sua vita insieme ai suoi figlioletti, Víctor Manuel e Teresita che avevano allora 4 anni e 2 anni rispettivamente. Il loro papà era morto, a causa della stessa malattia, l’anno precedente. I bimbi vivevano con gli zii. Quando venne la mamma, si trasferirono pure loro da noi. I primi tempi, dormivano con lei, poi vedemmo che era meglio che stessero in stanza con gli altri bimbi.
Paola, infatti, rimase con noi 50 giorni. All’inizio poteva camminare, poi, per l’aggravarsi del suo stato di salute, fu costretta a rimanere sempre a letto, e le preparammo un ambiente adatto nel nostro salotto, qui sotto, dove c’è il televisore. Il suo corpo era ridotto a pelle ed ossa. In quei 50 giorni siamo stati sempre con lei. Siamo diventati la sua famiglia.
Paola è la prima mamma con il virus del Hiv che ha vissuto con noi e da questa casetta è volata in Cielo. Da allora, tante altre mamme con la stessa malattia sono state accolte qui e continuano a vivere qui, insieme alla loro famiglia. E tutte stanno molto bene. L’infermeria della nostra cittadella porta il nome di Paola Maraza perché da allora noi siamo sicuri che lei ci ha aiutati a tenere sotto controllo e a vincere questa malattia così dura.
Víctor Manuel e Teresita, figli di Paola, hanno adesso 9 e 7 anni rispettivamente. Vivono in una bella casetta della cittadella insieme agli zii e al nonno. Sono ammalati, come la mamma e il papà, ma il loro stato di salute è tranquillizzante. Sono bimbi sereni e ben protetti dall’affetto dei familiari. Giocano felici e ignari insieme agli altri bimbi.
In questi giorni abbiamo sentito il bisogno di rileggere il messaggio di 5 anni fa. Ed ora vorremmo comunicarlo perché tanti non conoscono ancora Paola e non hanno potuto condividere i momenti che lei ci ha donato, come mamma, come sorella e come figlia.
La nostra storia è passata anche per il crogiuolo del suo dolore.
Così la nostra casa è stata purificata dalle sue lacrime e dai suoi sussurri.
Ora si costruiscono nuove storie tra queste mura, ma il sussurro pausato e sottovoce di Paola è ancora qui che ci accompagna nell’essenzialità di ogni istante.

Sussurri nella nostra casetta... 13 giugno 2008

“Ari, puoi venire qui un attimo?”
“Sí, Paola, adesso ti raggiungo! Dimmi.”
“Secondo te, me ne vado?”
“Non lo so, Paola... Certo che il tuo corpo non ti accompagna... Ma non lo so proprio e non so bene cosa risponderti. Ma dove vorresti andare: in Cielo?”
“Sì...”
“Sei pronta?”
“Sì.”
“Sei più contenta di andare o di restare qui?”
“Voglio andare!”
“E’ perché sei stanca, vero?”
“Sì, sono stanca e mi rendo conto che non sono più capace di far niente, neanche di curare i miei figli.”
“Non ti preoccupare di questo. Come vedi, a loro ci pensiamo noi. Gesù sarà contento di venirti incontro e ti darà un grande abbraccio. Tu ti senti amica di Gesù?”
“Sì.”
“L’hai conosciuto in questo tempo?”
“Sì, l’ho conosciuto e lo sento vicino, anche se faccio fatica a parlargli.”
“Lui ti vuole molto bene perché tu hai amato tanto nella tua vita...! E hai sofferto pure tanto. Ricordi che l’altro giorno ti ho spiegato che la morte non esiste, per cui manteniamo –come possibile- dentro di noi la gioia.”
“Vorrei poter dormire una notte intera e svegliarmi in un posto bello, sana, ma probabimente si tratta di un sogno impossibile.”
“No, vedrai che sarà possibile.”
“Sai, io ho già perdonato a tutti e ho chiesto perdono di tutto.”
“Questo sì che è bello ed è degno di una vita!”
“Ari, non mi lasciare, rimani qui con me, ti prego.”
“Non ti ho mai lasciato, in queste notti, tu lo sai; magari sto di lá nel letto dell’infermeria, ma tu mi puoi chiamare quando vuoi. Hai paura?”
“Sì.”
“Ti capisco, ma sai che siamo sempre qui con te e non ti abbiamo mai lasciato, anche se a volte ti sgrido perché vuoi accaparrare tutta l’attenzione per te.”
“Non mi lasciare, ti prego.”
“Cerca di dormire, perché tutti e due abbiamo bisogno di dormire e di giorno ci sono tutti i bimbi da accudire.”
“Non riesco...”
“Cerca di stare tranquilla se no ti sgrido ancora...”
“Portami a fare un giro in macchina.”
“Ma va lá, è mezzanotte e fa freddo fuori. Lasciamo a domani.”
“Ari!”
“Dimmi:”
“Com’è il Cielo?”
“Tu dovrai insegnarlo a me, non credi?”
“Fammi una puntura, ti prego, perché tutto il corpo mi fa male, e sfregami i piedi perché non li sento.”
“E ci vedi?”
“No, da alcuni giorni vedo tutto sfuocato.”
“Quante dita sono, queste?”
“Cinque.”
“Vedi che stai dicendo una bugia.”
“No, non ci vedo bene, anche se riesco a distinguere vagamente da vicino.”
“Dormi, ragazzina nostra.”
“Forse ci riesco se mi fai una puntura.”
“Va bene, ma sarà difficile trovare un posto dove farla.”
“Ari, non te ne andare!”
“Come faccio a farti una puntura se non vado a prendere l’iniezione?”
.....

Queste notti sono state dure... Il sonno voleva prendere il sopravvento ed ogni volta che mi sentivo chiamare da Paola, era uno sforzo incredibile alzarmi dal letto...
Abbiamo passato tre notti di seguito in ospedale, cercando sollievo nei medici anche perché le punture non facevano più nessun effetto. Ma anche in ospedale non c’era verso di trovare una vena nel corpo di Paola...
I medici sono sempre stati bravissimi, ogni volta che ci vedevano arrivare alle 2 o alle 4 di notte. Mai ci hanno fatto pesare il disturbo, anche se nella grande sala di emergenza dell’ospedale arrivavano persone in uno stato grave e c’era poco personale di servizio.
Paola non voleva fermarsi in ospedale anche se ogni volta i medici le consigliavano un ricovero urgente.
Io l’ho sempre capita e suggerivo ai medici di aiutarla con un calmante più efficace di quelli che potevamo avere noi in casa.
Giovedì sera, Paola non parlava più.  Solo gemiti e sussurri uscivano dalla sua bocca. Da giorni non mangiava niente. Voleva solo la sua bottiglietta d’acqua accanto al lettino. Ma neanche l’acqua riusciva più a trattenere nel suo stomaco... Nella notte sono riuscito a dormicchiare fino alle 4, poi mi sono seduto accanto al letto di Paola, a pregare in silenzio con il rosario che le era stato regalato, cercando di capire come sistemarla alla meglio, ogni 5 minuti, rigirandola nel letto in modo da alleviarle il dolore. Le avvicinavo la bottiglia d’acqua per rinfrescare le sue labbra secche. Lí ho capito perché Teresa di Calcutta ha fatto mettere nello stipite dei suoi ospedali, per ammalati terminali, la frase di Gesú in croce: <Ho sete>.”
Poi mi è venuto in mente di cantarle alcune canzoni di montagna che mi piacciono tanto. Mi sono pure ricordato della ninna nanna che cantava Grazia ai nostri bimbi, nel periodo che è stata qui. E mi sono messo a ninnarla, pensando che nel fondo pure lei era una delle nostre bimbe.
Ho chiesto a Gesù di prendersela con sé, nel sonno, e ho chiamato David e Luciano, angeli della nostra casa che abbiamo avuto il dono di ospitare ed accompagnare fino alla fine, perché venissero in suo aiuto, e l’accogliessero con loro nel Cielo...
L’ho accarezzata in fronte, sistemando i suoi capelli dietro la nuca e ci siamo addormentati tutti e due...

Più tardi i bimbi i sono svegliati e, dopo una mezz’oretta li ho portati a scuola, mentre avevo protetto il lettino di Paola affinché i bimbi non si rendessero conto dell’aggravarsi del suo stato di salute.
Al ritorno da scuola, alle 8 e mezza di venerdì mattina, Paola aveva appena raggiunto il Cielo, senza disturbare nessuno. I bimbi non si sono accorti di niente, per fortuna...
Pensavo portarle la Comunione, come ogni mattina a quell’ora, ma non ce n’è stato bisogno. Lei già stava vivendo la sua Comunione definitiva e piena con Gesù. Il suo ultimo sguardo è stato per Tania che era rimasta a casa per poter cambiare il nostro Manuelito. La Comunione, Paola, l’ha fatta con la nostra grande famiglia, in questi mesi, conclusasi con uno sguardo dolce, quasi un sorriso...

Grazie, Paola, per questi 50 giorni che siamo stati insieme e mai avremmo pensato che sarebbero stati così intensi e così duri... Ma è stato un dono bello ed unico per la nostra casetta, per la nostra famiglia grande, per la nostra Comunità...
E  c’è stata anche tanta dolcezza tra tutti noi, e tanta intesa...
E’ difficile pensarti lontana da noi...
Grazie, Paola, perché ci hai uniti a tanti che ogni giorno –pur senza conoscerti- ti pensavano o scrivevano e ti mandavano un bacio o un abbraccio.
Ti vogliamo bene per sempre, Paola Maraza!

3 COMMENTS

  1. Questa testimonianza dà valore alla vita. E colloca, anche per chi è ateo, la morte in uno spazio definito, marginale, quasi di passaggio dinnanzi alla profondità dello spirito umano. Spirito umano che, anche senza portare un nome famoso, può dimostrare la straordinarietà, davvero a immagine di Dio per chi crede, del nostro essere.
    Caro Aristide grazie per averci fatto dono di una pagina da far leggere nelle scuole, ai nostri figli, a chi ha perso la speranza, a tutti noi.

    (Gabriele Arlotti)