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“Sono l’ultimo dei Mohicani”

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Leo Turrini a Castelnovo ne' Monti (Large) (2)

Come cambia l’informazione? “Guardatemi, sono l’ultimo dei Mohicani” lo ha detto Leo Turrini, firma di punta dello sport italiano per “Il Resto del Carlino”, intervenuto alla giornata “La bella comunicazione ai tempi dei social media”, in scena nei giorni scorsi a Castelnovo Monti e organizzata dalla Cooperativa Novanta e dall'Associazione provinciale Stampa Reggiana.

“Io sono - con riferimento ai social media - socialmente morto. Appartengo a una generazione che ha iniziato a battere i primi testi con le macchine da scrivere. Ho utilizzato le telescriventi, gli stenografi, i dimafoni, le buste fuorisacco, poi i primi pc, la rivoluzione di internet e ora i social media”.

“Tutto questo – afferma il giornalista modenese che, oltre che dal cronista, si è confrontato con le domande di Gabriele Dallagiacoma Primavori e Settimo Baisi – ha sicuramente cambiato il modo di comunicare col lettore. Certo, c’è stato chi negli Stati Uniti ha previsto per il 2017 la tiratura dell’ultima copia cartacea dei quotidiani, ma lo scenario potrebbe non essere molto dissimile, perché si stanno drasticamente riducendo gli spazi della comunicazione tradizionale”.

“In Italia si sono perse un milione di copie vendute alle edicole negli ultimi cinque anni. I periodici in questi mesi stanno morendo come mosche. Non è stata però una distruzione – come in passato avveniva – creatrice di nuovi sbocchi. La rivoluzione tecnologica sta portando uno scenario completamente nuovo. Le mie figlie universitarie, ad esempio, non comprano i giornali per informarsi: usano i telefonini e internet. Tutto questo significa che abbiamo perso completamente una generazione di lettori dei quotidiani: quella che ha meno di 25 anni”.

“Noi ne sappiamo più di prima? No. Se è vero che assistiamo ad alcuni paradossi come quelli di chi sostiene che attraverso la rete ha trovato modo e risposte per curare il proprio corpo in alternativa al medico. Questo fenomeno ha, però, di positivo il fatto che si sono moltiplicate le fonti di informazione, quindi tutti possono veicolare le proprie idee e diventare, a loro volta, strumento per far circolare le notizie. Il web offre una straordinaria forma di libertà, ma mi chiedo cosa può fare oggi un giovane che voglia dare notizie e fare informazione: troverà da vivere? C’è un pubblico, oggi, che è disposto a pagare per leggere?”.

“Se proseguiamo col ritenere che sul web tutto è gratuito e libero, l’informazione come la abbiamo conosciuta non ha sicuramente più motivo di esistere. E alla fine i flussi di informazione saranno, in realtà, governati da chi ha davvero denari per manipolare gli stessi”.

E’ il web 2.0, ragazzi, che quando arriva nemmeno te ne accorgi, ma poi ti ritrovi con l’edicola sotto casa chiusa e, tu stesso, col telefonino in mano a cercare tutte le info sull’ultimo terremoto o sulla partita dell’Italia. Turrini ora sorride, ora mastica amaro.

“Se i social media hanno portato enormi benefici, non possiamo negare che si sta rischiando di uccidere una professione. All’orizzonte non vedo scenari incoraggianti. Per la carta stampata sono pessimista”.

La soluzione? “Occorre trovare un nuovo modello di business per la comunicazione. Per vent’anni ci siamo abituati alla gratuità della stessa, anche a scapito della qualità. E’ nato un pubblico che crede che l’informazione sia gratis”. A tal proposito il giornalista e scrittore ha proposto un parallelo che, sicuramente, fa riflettere e apre uno spiraglio: “Ricordate, però, 10 anni fa il mondo della musica? Pareva che anch’essa fosse tutta obbligatoriamente divenuta gratuita, in barba ai diritti d’autore. Poi è arrivato i-tunes e ha proposto un nuovo modello e ora, giustamente, chi produce musica ha diretto ad esserne ricompensato. Anche il giornalismo è attività creativa e, come tale, va tutelato. Un esempio: il New York Times che, da cinque anni on line ha unito a breaking news, gratuite, a notizie complete che si pagano. Un sistema misto che funziona molto bene”.

Checchè ne dica, lo stesso Turrini è apprezzato a livello nazionale per il suo particolare stile, riconosciuto come “bella scrittura”. Lui non si scompone molto: “Quando scrivo non penso mai al potente di turno interessato al mio articolo. Se quando scriviamo pensassimo che le uniche persone che usufruiscono delle nostre notizie sono solo i lettori comuni ci divertiremmo di più”.

Intervento di Leo Turrini tra Gabriele Dallagiacoma Primavori, Settimo Baisi e Gabriele Arlotti (Large) (2)

Leo è anche autore di libri. Tra le sue opere alcune sul Drake, Ayrton Senna (che del giornalista divenne amico), Alberto Tomba. “Mi sono ritrovato nel ruolo di biografo di Alberto Tomba – ha svelato la nota penna sportiva che, nella vita, abita a Sassuolo – partendo da un articolo su un ragazzo sconosciuto che, a 18 anni, sbaragliò i campioni su una pista sintetica ricreata a Milano su una collinetta a San Siro. La notizia strabiliante giunse in redazione a sera. Ma all’epoca non c’era internet. Era il 24 dicembre del 1984. Dovetti consultare l’elenco, chiamare chi aveva cognomi simili, individuare i parenti, uno di questi mi rimandò a un cugino che era stato con lui alla gara e ricordava il nome dell’hotel, Bruno, dove Tomba era alloggiato. Chiamai di notte e, la centralinista, temette che volessi prenderla in giro nel cercare, nel suo albergo, un nome così strano che, invece, soggiornava effettivamente lì e poco prima di mezzanotte riuscii a intervistarlo”. Fu la prima di una serie di interviste che, per altro, videro nascere un’amicizia e una stima tra i due che, in un certo senso, fecero una la fortuna dell’altro.

A Castelnovo Leo Turrini ritrova il parroco di un tempo: don Geli Margini che lo interroga per sapere se sapremo continuare a ragionare sulle notizie o, nel quadro da lui esposto, saremo semplicemente governati dalle notizie. “Stiamo perdendo la capacità di ragionarci sopra – ha risposto il giornalista  -. Negli ultimi anni siamo stati capaci di incattivirci, a differenza del dialogo che andava in scena dinnanzi a forti contrapposizioni, come quelle fra Dc e Pci”. Concorda con Roberto Rocchi, Turrini, sul fatto che l’informazione si stia degradando, “sia per l’elemento economico al ribasso che per la tendenza degli editori di fare lavorare i giornalisti al desk e non sul posto”. Un accenno all’Ordine dei giornalisti: “E’ uno strumento che è totalmente superato dal moltiplicarsi degli strumenti e fonti di informazione. E il web, affiancato al crollo dell’economia, alla diminuzione della pubblicità, alla presenza di editori non puri  non riserva nulla di buono. Anche se l’Ordine potrebbe mantenere un ruolo disciplinare”.

Spersonalizzazione dell’informazione? Dissente Ameya Gabriella Canovi: “Se sul web si vuole fare comunità ci sono i luoghi giusti, come i forum, i blog, le fan page…”, ma per Turrini “non è tutto oro quello che luccica”.

Cristina Casoli pone l’attenzione sulla decadenza dell’uso corretto dell’italiano e delle sue sfaccettature. Per Turrini la soluzione sta nell’approfondimento delle notizie, mentre, certo, “la quantità delle stesse e le forme per darle potrà mutare. L’approfondimento, invece, riserva ponderazione e riflessione”.

La giornata si è aperta col saluto di Pietro Ferrari, presidente della Cooperativa Novanta, che ha ripercorso le vicende che hanno portato alla nascita di Radionova, Redacon e Reggio Emilia Meteo. I 70 soci, i 300 collaboratori succedutisi negli anni, la storia di chi ha voluto lasciare una piccola eredità alla radio “perché mi faceva compagnia”, e, quindi, l’imminente traguardo, il prossimo anno, dei 30 e 10 anni di radio e sito. Giuseppe Adriano Rossi, presidente dell’Associazione Provinciale Stampa Reggiana “Gino Bedeschi”, ha riconosciuto il valore del servizio alla comunità dei media di Radionova ma, anche, “la necessità di incontri come questo per fermarsi e dialogare sull’evoluzione della comunicazione”.

Gradito, anche, il saluto del sindaco Gian Luca Marconi, che nei nuovi media vede “una precisa attività di servizio all’informazione. Una radio che è sociale e ed espressione di solidarietà, di fianco, anche, al ruolo dei comuni, con una informazione in diretta e con commenti e confronto di cui, io stesso, mi servo per dialogare con i cittadini in tempo reale”.

 

Giuseppe Adriano Rossi Leo Turrini e Pietro Ferrari (Large) (2)

IL LIBRO

"Il Pirata e il Cowboy" , Pantani e Armstrong le storie maledette

Al foyer del Teatro Bismantova Leo Turrini ha anche presentato la sua ultima opera "Il Pirata e il Cowboy , Pantani e Armstrong le storie maledette”. Come ha saputo Turrini toccare le storie di campioni che nella vita non hanno saputo essere campioni come nello sport? “C’è una sostanziale differenza – ha risposto il cronista sportivo – ma prima di tutto partiamo dal considerare il fatto che un campione dello sport non necessariamente debba esserlo nella vita. Questo non avviene quasi mai. Ricordate Maradona? Era il più bravo, ma era un assuntore di stupefacenti, quando invece sarebbe stato bellissimo se avesse preferito svolgere volontariato sociale”.

“Pantani penso sia stato vittima di un complotto – ha aggiunto il giornalista -, prima di tutto di tipo mediatico. Lo hanno fatto passare per un baro, fonte del male in un mondo dove tutti facevano quello che facevano quello che ha fatto Marco. Era il più forte, ma debole dentro e hanno scelto lui come capro espiatorio. Non era perfettamente allineato con gli altri. Ho scritto questo in confronto con Armstrong: i due fecero in tempo a gareggiare entrambi nelle Olimpiadi e nel Tour de France del 2000. Però ci fecero credere che Armstrong, confronto al Pirata, fosse il buono, il volto pulito dello sport”.

“Marco a soli 34 anni era già morto, di una morte orribile, in una camera d’albergo e il web c’era già. Certo, forse Marco non aveva valori radicati, ma era più fragile. Alla presentazione del libro, a Cesena, gli organizzatori hanno voluto portare i genitori a mia insaputa. Hanno letto il libro, lo hanno apprezzato”. Il tempo corre via. Come le dediche di Turrini sul libro che, a fine serata, va a ruba.