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“Quando non c’era la tivù”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Della serie "Quando non c'era la tivù".

Liberati tutti! Questa frase altisonante e dal tono risorgimentale bucava di frequente le tenebre nelle calde serate estive; si elevava dal gruppo di noi piccoli, impegnati a giocare alla cut o, se si preferisce, a nascondino sotto i portici dei palazzi in cui abitavamo, mentre gli adulti, seduti sui seggiolini pieghevoli, conversavano placidamente al fresco davanti alla porta d'entrata. Altre volte, tutti insieme, noi bambini, ci avventuravamo nei bui cortili dietro casa, gli stessi in cui giocavamo durante il giorno, ma che di notte ci apparivano misteriosi e pieni di insidie nascoste. Qualcuno, mentendo, spaventava gli altri, giurando d'aver visto laggiù in fondo un'ombra strana... e allora tutti a fuggire, gridando, mentre lui, il bugiardello, si spaventava più degli altri e se la dava a gambe in testa al gruppo.

Nella stagione delle lucciole invece eravamo impegnati a rincorrere quegli insetti surreali che parevano provenire dal mondo delle fiabe e così somiglianti alle tremule stelle che brillavano in un cielo impreziosito da una falce di luna, rilucente come la lama di un pugnale... "Lucciola, lucciola,vien da me, ti darò il pan del re..." cantavamo in coro, turbando il silenzio notturno. Che sudate dopo quelle corse affannose! Poi a uno a uno i bambini se ne andavano a dormire e io, madida di sudore e col cuore palpitante per il gran correre, mi avvicinavo alla mamma, che, continuando a conversare, mi accoglieva amorevolmente sulle ginocchia e lì, fra le sue braccia, col capo appoggiato alla sua spalla, dimenticavo ogni timore e rilassavo le membra stanche.

Non mi restava che ascoltare i discorsi dei "grandi" fino a quando quelle voci pacate, che giungevano alle mie orecchie come una ninna nanna, mi conciliavano il sonno, interrotto di quando in quando dalle voci concitate dei giocatori di scopone, provenienti dal bar situato nell'altro lato della strada. Mi chiedo come mai non venisse in mente a nessuno del nostro gruppo di sedersi ad un tavolino del bar e consumare una fresca bibita... dopo tutto bastava attraversare la strada! Non so se dipendesse da un fattore economico o piuttosto dalla mentalità di quel tempo, che non prevedeva proprio svaghi di quel genere!

Verso le ventitrè, prima di andare a coricarci, ci dirigevamo tutti insieme alla fontana della piazza per riempire ciascuno la propria bottiglia di acqua freschissima che zampillava invitante a getto continuo. A quell'ora la piazza e le vie del paese erano deserte, sulle facciate delle case buie e silenziose le finestre spalancate parevano enormi orbite vuote... finalmente sull'uscio di casa l'ultima "buonanotte" si perdeva come un soffio nella calda oscurità e io trovavo infine ristoro fra le fresche lenzuola del mio lettino dove sprofondavo in uno di quei dolci sonni che solo l'infanzia ci sa donare. Questo era il genere di vita che si conduceva in estate nei piccoli paesi durante gli anni trenta: qualcuno li troverà squallidi, io... soprattutto oggi, li considero favolosi.

(Amalia Pezzi)

Amalia Pezzi
Amalia Pezzi

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