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Castelnovo a Kahla, in Germania, per ricordare i deportati e i caduti in quel campo di lavoro

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Commozione a Kahla
Commozione a Kahla (Foto Patrick Brion)

Come ormai d’abitudine da qualche anno a questa parte, una delegazione folta di amministratori, ma soprattutto cittadini, castelnovesi ha partecipato nei giorni scorsi alle annuali commemorazioni internazionali per ricordare le migliaia di vittime del campo di lavoro di Kahla, che fu uno più duri e con maggior tasso di mortalità di tutto il terzo reich.

Un campo dove numerosi furono anche i deportati giunti dall’Appennino reggiano, molti dei quali non fecero più ritorno.

Le celebrazioni ufficiali per ricordare tutti i caduti del campo si tengono sempre nei primi giorni di maggio, a ricordare la fine della seconda guerra mondiale in Europa, siglata ufficialmente l’8 maggio 1945.

Sulle celebrazioni di quest’anno afferma il Sindaco Gianluca Marconi: “Era il 68^ anniversario della fine della guerra, ma anche il 69° delle deportazioni che, nel 1944, portarono migliaia di uomini al campo di Kahla, tra i quali numerosi anche dall’Appennino Reggiano. C’è stata grande partecipazione e commozione da parte di tutte le delegazioni internazionali arrivate da tutta Europa, a testimonianza che questo passato, in realtà non passa e non finisce, perché i valori che sono rinati al termine della seconda guerra mondiale hanno permeato la società europea dal dopoguerra ad oggi: libertà, democrazia, solidarietà, una vicinanza delle nazioni del continente e la scelta di vivere dopo secoli in pace. Da qualche anno le commemorazioni sono state prese in mano da una associazione di giovani tedeschi, che oggi testimoniano una grande assunzione di responsabilità storica, per non abbassare la guardia di fronte a fenomeni di rinascente nazionalismo xenofobo e razzista, diffusi in diverse zone d’Europa. La nostra delegazione ha visto la partecipazione di parte della Giunta, delle famiglie Zuccolini e Toschi che hanno diversi caduti a Kahla, e per la prima volta della famiglia di Agostino Pigoni, di Carniana, morto a Kahla all’età di 25 anni. C’era anche il nipote, che porta il suo stesso nome: hanno portato sulla lapide che lo ricorda un pugno della terra prelevata dalla Rocca di Minozzo, la terra di casa. Hanno scoperto della sorte del loro parente solo pochi anni fa: del resto molti dei fatti legati al campo di lavoro sono emersi soltanto a seguito della caduta del muro, dal 1989. Sono stati momenti di profonda commozione, che per noi hanno significato una continuità nell’impegno a preservare la memoria di quei fatti e di quel periodo, che quest’anno a Castelnovo ha vissuto un momento importante anche con la nuova collocazione del monumento di Giorgio Benevelli, realizzato proprio per ricordare la deportazione del 1944 degli uomini dell’Appennino, e posizionato ora nell’aiuola dell’Isolato Maestà, lungo il tracciato che furono costretti a percorrere prima di partire per la Germania”.

Omaggio alla lapide dei caduti
Omaggio alla lapide dei caduti (Foto Patrick Brion)

A poca distanza da Kahla, cittadina nella Turingia tedesca, nel periodo della seconda guerra mondiale si trovava il campo del Walpersberg, dove in una serie di cunicoli sotterranei lunghi chilometri venivano costruiti gli avanzatissimi caccia a reazione Messerschmitt 262.

Qui i nazionalsocialisti comincia­rono, a partire dall’aprile del 1944, la costruzione dell’impianto sotterraneo per la costruzione di aerei. Ben 1200 aerei del tipo “Me 262” dovevano ogni mese decollare dalla pista. Più di 15.000 uomini dovettero lavorare sulla e nella montagna, tra questi più di 13.000 come lavoratori coatti e prigionieri di guerra stranieri, costretti a lavorare in condizioni inumane, sotto la guida dell’incaricato generale per l’impiego di manodopera, Fritz Sauckel.

Ufficialmente 1.000 di loro, ma probabilmente molti di più, persero la vita per colpa delle pessime condizioni, l’alimentazione insufficiente, il lavo­ro duro e faticoso e per il barbaro arbitrio delle guardie.  I deportati di Castelnovo che vissero la terribile esperienza di questo campo e che non ne fecero ritorno furono Inello Bezzi, Anselmo e Renato Guidi, Pierino Ruffini, Attilio Coli, Ermete Zuccolini e Francesco Toschi.

Sulla collina sede un tempo del campo, nel memoriale si trova una lapide in loro ricordo posizionata dall’Amministrazione comunale di Castelnovo già diversi anni fa. Ogni anno qui si danno appuntamento delegazioni ufficiali provenienti da numerose Nazioni europee: Italia, Belgio, Russia, Francia, Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia.

1 COMMENT

  1. Un viaggio a Kahla è rimasto per me un sogno nel cassetto; gli anni sono passati e non mi è più possibile un lungo viaggio ma apprezzo molto che l’Amministrazione comunale, assieme ad alcuni parenti di chi là è morto, vada ogni anno a rendere omaggio e a mantenere vivo il ricordo di questi nostri compaesani spazzati via dall’odio della guerra. Il giorno del rastrellamento, che vide i prigionieri radunati nel teatro prima della deportazione, anche mio papà era là e mia mamma aveva preparato un pollo che avrebbe dovuto mangiare nel viaggio. Arrivata sulle scale le venne incontro mio papà che, avendo alcune costole rotte e non essendo ritenuto abile al lavoro, era stato rilasciato. Mi spiace non ricordare a chi avevano lasciato il pollo, mio padre ha raccontato tante volte questo episodio ma tanti anni sono passati e ricordo di quanto la tragedia dei deportati avesse addolorato tutto il paese. Chi ha scritto la cronaca del viaggio della memoria a Kalha ha descritto molto bene il luogo e la vita che hanno passato là i nostri compaesani senza più tornare alle loro famiglie, agli affetti, ai figli, alle loro case ed è molto bello andare a trovarli dove sono morti, vittime innocenti della guerra.

    (Paola Agostini)

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