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Dove la bellezza e la malattia s’incontrano

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Lo spazio della nostra esperienza quotidiana è limitato. Da anni, passiamo la maggior parte del tempo al contatto con bambini o in funzione di loro. Si tratta di un mondo piccolo che forse ci mantiene ai margini dei circuiti della storia che conta. Ma ormai la nostra storia ha preso questa piega e noi scrutiamo con una buona dose di ingenuità il nostro orizzonte.

In questo spazio, l’abbiamo sottolineato più volte, ci interroghiamo spesso sul senso della malattia e soprattutto sul senso della malattia innocente. E non troviamo risposte soddisfacenti. Ma questo è il nostro spazio, questo è il nostro orizzonte quotidiano. E non ci freniamo!

Ultimamente, come sappiamo, la nostra casetta ha accolto bambini molto ammalati, che forse non potranno mai leggere una poesia ...che non potranno scrivere, che non potranno camminare, che non potranno guidarsi da soli...

Negli anni precedenti abbiamo lottato per cercare un futuro buono per i nostri bimbi, soprattutto per ricongiungerli con le loro famiglie. E abbiamo avuto modo di gioire per i risultati ottenuti. Lottiamo per aiutare i nostri bimbi a soffrire meno. E lo facciamo insieme, magari senza i risultati che ci aspetteremmo, ma sempre con tanto amore e tanto impegno e caparbietà.

Ultimamente, poi, abbiamo modo di spendere parte del nostro tempo nel contemplare i nostri bimbi. Come se il nostro orizzonte di vita si riducesse al corto spazio di uno sguardo. Ma siamo coscienti che questa contemplazione è il passo necessario per cogliere la bellezza che ognuno dei nostri bimbi ci riflette. La loro bellezza è il dono che irradia di energia luminosa la nostra casa. Una bellezza che si può solo accarezzare con lo sguardo degli occhi e con la tenerezza del cuore.

Vorremmo poter esprimere e comunicare ciò che contempliamo sulla bellezza e sulla debolezza perché sono lo spazio di storia viva in cui ci muoviamo attualmente. Ma non siamo poeti. E allora ci azzardiamo a riportare frasi che sentiamo nostre perché colgono il senso della nostra esperienza piccola e quotidiana, bella e dura allo stesso tempo, perché la malattia e l’innocenza di un bimbo sono un’esperienza profondamente dura, ma con una proiezione di bellezza difficilmente immaginabile.

Ecco le parole, parafrasate, tratte dal testo “Il profeta”, di Gibran Kahlil Gibran:

 La bellezza è piuttosto un cuore che freme e un’anima incantata.
La bellezza è piuttosto un’immagine contemplata con gli occhi dischiusi su un bimbo che dorme, e un canto che risuona degli echi di lidi misteriosi.
La bellezza è piuttosto un giardino(una casetta) perennemente in fiore e uno stormo d’angeli (di bimbi) eternamente in volo.
La bellezza è la vita, quando la vita disvela il suo volto sacro e sofferto.
Ma, bimbi nostri amatissimi, voi siete la vita e siete il velo.
La bellezza è l’eternità che si contempla in un volto.
Ma voi siete l’eternità e voi ne siete l’immagine, bimbi nostri amatissimi.
....
Quando poso la  testa sul cuscino, ora che sono ammalato, chiudo gli occhi e mi stacco dal mondo, mi sento volare come un uccello su valli luminose e foreste, avvolto  in un morbido velo. Mi vedo vicino a coloro che il mio cuore ha amato, che ama e che oggi mi hanno amato, mi intrattengo e sogno che parlo con loro - io che non potrò mai parlare -, con i loro stessi sentimenti e pensieri. Ogni tanto, essi posano la mano sulla mia fronte per benedirmi, per accarezzarmi. Ed è così che, quieto, mi addormento.

Sono parole mescolate alle nostre, che vogliono comunicare il senso della nostra piccola storia quotidiana. Sono parole che noi ingenuamente immaginiamo possano recitare i nostri bimbi ogni sera quando posano i loro corpi ammalati su un cuscino deposto, con amore e con cura, da mani amiche, in ogni loro culla.

(Aristide Gazzotti, dalla Bolivia)

 

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