Picchia la moglie in avanzato stato di gravidanza e lei finisce all’ospedale, per fortuna senza particolari conseguenze per il bambino. È accaduto ieri in un comune della val d’Enza, sponda reggiana (i carabinieri non specificano di più), dove i militari di S. Poco d’Enza, dopo aver ricevuto la chiamata di un cittadino, sono intervenuti per soccorrere una donna che al nono mese di gravidanza è fuggita da casa percorrendo sofferente a piedi la provinciale 513 dove è poi stata rintracciata.
Dopo le cure del caso la donna, dimessa con una prognosi di alcuni giorni per delle contusioni al volto, prima di essere affidata ai parenti, abitanti in altra provincia, ha formalizzato la denuncia in caserma raccontando l’odissea vissuta da qualche anno, ovvero da quando, nel 2011, si era sposata.
Ha sempre subito le violenze del marito-padrone tanto da non riuscire a quantificare quante volte è stata picchiata negli ultimi due anni. Costretta negli ultimi mesi a rimanere chiusa in casa, veniva anche picchiata qualora si affacciasse solo per stendere i panni. Un matrimonio fatto di soprusi e violenze a cui la donna ha posto fine ieri mattina riuscendo a fuggire dopo l’ennesimo episodio di violenza.
Dopo averla picchiata ieri mattina lui è andato a lavorare e lei approfittando della sua assenza è fuggita. Quindi l’epilogo, con il soccorso dato alla dona dai carabinieri, la denuncia del marito ed il collocamento della ragazza (appena 20enne) presso un'abitazione di parenti. Per l’uomo, un operaio 30enne residente in val d’Enza, per ora è scattata la denuncia in stato di libertà che i carabinieri di S. Polo d’Enza hanno inoltrato alla Procura reggiana in ordine al reato di maltrattamenti continuati in famiglia.
E’ assurdo che nel 2013 accadano ancora cose di questo genere. Al di là dei singoli episodi dovremmo interrogarci su chi arma la mano di questi uomini, su un certo tipo di cultura che giustifica certi atteggiamenti nei confronti delle donne. E non si tratta solo di casi estremi, perché questa cultura passa anche attraverso le battute, i commenti maliziosi o le foto di corpi femminili pubblicati su Facebook per divertimento. Non vorrei sembrare esagerata ma credo che valga la pena riflettere su queste cose, insieme, uomini e donne.
(Margherita Crovi)