Venerdì, 1 febbraio 2013
Teresita deve essere nata sulle rive di un fiume tropicale
Teresita è arrivata da noi da poco più di un mese. Prima, viveva in un centro dello Stato insieme ad una trentina di altri bimbi con gravi disfunzioni. Alcuni dei nostri giovani, tutte le domeniche pomeriggio, accompagnati da Giorgia e Gianluca, vanno a passare alcune ore in quel centro con l’intenzione di portarvi un’aria nuova e fresca. Lì hanno conosciuto Teresita. Ci raccontano che la bimba stava sempre nella sua culla, spesso trascurata. E da lì è nato il desiderio di chiedere alle autorità il suo trasferimento da noi, ciò che è avvenuto poco dopo Natale.
Non sappiamo ancora bene della sua storia, della sua famiglia. Avrà 6 anni, ma non è sicura la sua data di nascita. Teresita non parla e non cammina ancora. Per questo, passa molte ore del giorno sdraiata nel box insieme a David. Condividono i giocattoli con un tacito e mutuo accordo. Strano, perché David è molto geloso delle sue cose. Forse perché anche David non parla e non cammina ancora.
... tante volte siamo scesi lungo il fiume tropicale che ci porta alla tribù degli yuqui. Un fiume lento, circondato dagli alti alberi di una foresta impenetrabile. Un fiume silenzioso che pausa la sua quiete interrotto solo dagli squittii delle scimmie e dai suoni dolci del martín pescatore, ma è difficile intravvedere scimmie e uccelli in mezzo a una vegetazione così fitta.
Con nostra grande sorpresa, da quando è arrivata Teresita il caos infantile della nostra casa è punteggiato improvvisamente da squittii e suoni dolci: sono identici a quelli ascoltati sul fiume tropicale. Superata la sorpresa, ci siamo accorti che è Teresita che con maestría riesce e riprodurre fedelmente quei suoni. E’ per questo che immaginiamo che lei deve essere nata sulle rive di un fiume tropicale. Fin dai suoi primi istanti, sola, sdraiata sulle stuoie di canna, deve aver ascoltato quei suoni ed averli impressi nel suo ricordo, sviluppando così una capacità inusuale.
Poi, a causa della sua malattia, deve essere stata strappata dal suo mondo, dal suo fiume, per essere ricoverata in un anonimo e triste centro della città.
Ora è qui Teresita, e ci riporta a quell’atmosfera particolare, a quel percorso sul fiume che ci unisce con una tribù della foresta tropicale, fitta di dolore e di malattie. Teresita ha inventato questo suo modo di comunicare la sua storia, lei che non cammina e che non parla ancora. Ha ascoltato e ha riprodotto. Proprio lei che, come ci ha detto la dottoressa ieri, non vede perché è cieca dalla nascita, proprio –forse- come il nostro amatissimo piccolo Juan.
Ma Teresita ci aiuta a rivedere e ci aiuta a rivivere, ci aiuta ad ascoltare e ci aiuta a ricordare.
...Jhon Ademar, invece, sembra un coniglietto scappato da un libro di fiabe
Nella stessa stanza in cui viveva sino a poco tempo fa Teresita, i nostri giovani hanno conosciuto e si sono affezionati a Jhon Ademar, un frugoletto di tre anni che, con il suo nome strano e i suoi dentini da coniglietto, sembra davvero uscito da un libro di fiabe. E insieme a lei è stato trasferito alla nostra casetta poco dopo Natale. E’ uno spettacolo di bimbo, sempre allegro e sorridente. La gioia gli esce dagli occhi, lui che ha la fortuna di aprirli. E ben se ne approfitta perché esce un’espressività impressionante da quegli occhi, lui sempre immobile sul suo lettino. E ti attira finché non lo abbracci e lo riempi di baci.
Non cammina e non parla, riesce appena ad avvicinare le mani alla bocca, ma sorride sempre. E’ privo di tono muscolare, ma la vita sprizza da ogni poro del suo esile corpo. Si agita solo quando ha fame. Quante strette di fame deve aver sopportato,così piccolo, ci diceva ieri la dottoressa...
Vale la stessa cosa per lui: non sappiamo bene la sua età, non conosciamo la sua storia, il perché della sua malattia, ma abbiamo aperto senza esitazione le porte della nostra casa per accoglierlo. E, come sempre, abbiamo guadagnato, soprattutto in serenità.
Teresita e Jhon Ademar, come tanti dei nostri bimbi, non camminano e non parlano, ma sono ora curati con affetto, di giorno e di notte. Sono accolti come un tesoro unico e prezioso nella nostra piccola e caotica comunità. Ma non sono gli unici! Nei quindici giorni attorno al Natale, infatti, abbiamo accolto Elizabeth, di sei mesi di età, Sebastián di un mese, Miguel Angel di due anni, sua sorella María Luisa di un anno e Jesús con solo una settimana di vita. E la stanza da letto qui accanto si è riempita di culle!
E noi impariamo grazie a questi bimbi a vedere e ad ascoltare, a tacere e a sorridere nonostante il dolore.
E proviamo pure a comunicare il mistero di storie difficili per spronarci insieme verso l’essenziale.
Vi sono vicino con la preghiera. Che Iddio vi benedica!
(Ivano Pioppi)