A seguito delle discussioni e dei diversi pareri che hanno accompagnato la proposta del ministro Profumo di portare l'orario degli insegnanti dalle diciotto attuali alle ventiquattro ore settimanali riceviamo e pubblichiamo questo contributo.
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Si parla frequentemente di scuola ed ultimamente si è discusso moltissimo, forse anche troppo, riguardo agli insegnanti, al loro ruolo e in particolare al loro impegno lavorativo, in riferimento alla proposta ministeriale di aumentare l’orario settimanale dalle attuali diciotto a ventiquattro ore. Nell’accesso ed intenso dibattito, che ne è seguito , ho avuto l’impressione che spesso i più severi ed ingiusti detrattori di se stessi, siano proprio loro: gli insegnanti. La motivazione di questo atteggiamento è la paura per l’immagine che si dà all’esterno. Ora mi pare proprio che questo termine “immagine”, qualcosa che appare ma che non è detto che sia, rappresenti la parola chiave del quotidiano vuoto in cui viviamo. L’importante è che le cose sembrino, abbiano apparenza, risultino presentabili. Ritengo invece che sarebbe proprio questo il momento di ritrovare la nostra identità di “formatori” , parola impegnativa ma qualificante, riaffermando le motivazioni profonde del nostro lavoro ed evitando di preoccuparci proprio dell’immagine: essere più che sembrare. Dopo tutto non siamo ancora prodotti in vendita. Non dobbiamo dare l’immagine di “ fannulloni”, si dice, resistendo (per la verità non si sa ancora per quanto) all’aumento delle ore settimanali , senza rendersi conto di come questo non sia unicamente un problema di buona o cattiva volontà nostra, ma anche e soprattutto un sicuro danno per gli studenti. Si dice che non abbiamo grandi responsabilità: veramente a me pare che siano anche troppe , sia di ordine civile che morale , basta rendersene conto.
Già lavoriamo, grazie alla recente riforma Gelmini ( chi le è succeduto non ha fatto meglio e non solo a mio parere - che può valer poco - ma anche di altri più autorevoli osservatori : cfr. – Inserto culturale della domenica . Il Sole , 30 dicembre p. 25 ), in una scuola in cui sono state “taglieggiate” le ore di insegnamento anche nelle materie fondamentali e caratterizzanti i singoli indirizzi di studio. Nel contempo però i programmi sono rimasti immutati sia negli obiettivi che nei contenuti. In altre parole viene chiesto di fare di più in meno ore, ben sapendo, in tutta onestà, che questo altro non è che una bugia: un altro “sembrare “. Ciò ci fa capire in quale considerazione vengano tenuti gli studenti; pare che per la loro formazione non valga la pena investire, tanto è lo stesso. Nelle opportunità che potrebbe offrire la scuola pubblica nessuno, almeno tra chi ha ed ha avuto responsabilità di governo,al di là delle parole, pare crederci davvero.
Almeno per ora, la preparazione e la competenza sembrano non siano requisiti determinanti per affermarsi in questa società dell’ “immagine “, a volte dell’improvvisazione ed affetta dal “demone della facilità”, come direbbe Lodoli. Dobbiamo però essere consapevoli che questa scuola “facile” e così mal ridotta non può più rappresentare quell’ascensore sociale, specie per i meno abbienti, che in passato ha portato molti di loro ad occupare i anche ruoli di prestigio. Quella, pur con tanti limiti, era una scuola in cui i professori si vantavano di esserlo e non si vergognavano se il loro orario settimanale di cattedra non era paragonabile a quello di altri lavoratori. Noi insegnanti di oggi al contrario dovremmo anche vergognarci di rifiutare di lavorare in serie per poter dare l’immagine di efficienza.
Proverò ad approfondire ulteriormente quali risvolti didattici comporti questa modifica di orario che potrebbe apparire ai più ed ai non addetti ai lavori, solo una richiesta di poco conto. In una cattedra come la mia una simile modifica potrebbe comportare un aumento di 20-40 studenti, passando dagli attuali sessanta ai possibili ottanta-cento: a fine anno forse saprei a mala pena i loro nomi. Sarebbe davvero tutto questo, il trionfo della scuola di “ tutti e per ciascuno” di cui il biennio delle superiori è la necessaria ed obbligatoria conclusione ?
Noi insegnanti il nostro modo di difenderci l’avremmo già in tasca: diminuire il numero dei compiti, ma di conseguenza le opportunità di apprendimento per i ragazzi. Non dobbiamo dimenticare che nel mondo della scuola non produciamo oggetti fatti in serie, ma cerchiamo di intervenire su “ pezzi unici”, come in un lavoro artigianale, che richiede necessariamente del tempo. Anche i genitori implicitamente chiedono questo, quando vengono a spiegarti chi è il loro figlio e quali situazioni particolari stia vivendo. Mi pare dunque che, se così è, il classico principio di produttività, che mette in relazione ore di attività e produzione, fare sempre di più con meno (qualcuno direbbe, pensando di addolcire la pillola con un po’ di inglese: "do more, with less"), non risulta il più adeguato in questa situazione. La relazione personale, nei limiti del possibile, rimane una condizione imprescindibile per raggiungere dei risultati. Io so il latino, ma se non conosco Pierino finisce che anche Pierino non impara il latino (poco male, si dirà; e concordo ), ma così è anche per le altre materie. Ed i Pierini di anno in anno paiono diventare sempre più fragili e bisognosi di attenzioni.
Non sono tra gli incondizionati “laudatores temporis acti“, ma non sempre la novità esprime miglioramento ed opporvi delle resistenze è indice i rigidità. Del resto le “innovazioni“ del campo scolastico mi pare si siano limitate , per il momento, a depauperare il vecchio sistema più che ad innovarlo (a parte un’ incompleta informatizzazione, aspetto che non tocca la sostanza ma … crea immagine ).
Questa riflessione a voce alta la dovevo prima di tutto a me stessa, ma sarò ben contenta se altri la vorranno condividere.
Buon Anno 2013
(Patria Vinci)
Cara Prof. Vinci, lei dice che con più studenti lavorerebbe peggio. Ma non le pare che 18 ore siano veramente poche? Provi a pensare a chi, sempre statale, può avere uno stipendio come il suo, che dopo tanti anni, potrei ipotizzare tra i 1400-1600 euro. Mi vengono in mente gli infermieri. Stesso stipendio, ma 36 ore settimanali, turni di 7 ore di giorno e di 11 di notte. Lavorano una notte ogni 5. Lavorano d’estate e alle feste. Non hanno i compiti a casa ma un obbligo di almeno 200 ore l’anno di aggiornamenti extra, quindi oltre le 36 ore settimanali. Non pensa che per il bene dei Pierini ammalati dovrebbero lavorare meno ore, o avere meno Pierini in modo tale da offrire una qualità maggiore, come quella che lei da ai suoi 60 studenti? Per inciso. Lei 60 studenti li vede a gruppi di 20 alla volta, un infermiere può anche lavorare da solo con 40 pazienti per volta (vedi case protette/Rsa).
Insegnanti, smettetela di lamentarvi.
(Sandro)
Sig. Sandro, gli insegnanti non esauriscono il loro dovere nelle 18 ore settimanali. Ci sono molti altri impegni obbligatori che devono rispettare tra cui: consigli di classe, scrutini, collegi docenti, corsi di aggiornamento, ricevimenti ecc.. non dimenticando tutto quello che fanno a casa come preparazione dei piani di lavoro, delle prove, correzioni delle medesime ecc…gli insegnanti non si dovrebbero lamentare ma tutti gli altri non dovrebbero sempre sottovalutare il carico dei docenti.
Saluti
(Isabella)
Il mestiere di insegnante una volta era considerato quasi una vocazione. In quanto tale, chi lo praticava, non si soffermava a contare le ore che impiegava nel farlo. Non sto dicendo che oggi ciòon avvenga, ma sto dicendo che troppo spesso ci si appoggia alle invettive sindacali di turno per nascondere un problema reale. Stando all’ultima “provocazione” del Governo, che con una serie di “esami di ingresso” per l’assunzione di nuovi docenti, è saltato fuori che solo il 33% a livello nazionale e 38% a livello regione Emilia Romagna, avevano dimostrato di avere i requisiti per accedere alle graduatorie vere e proprie per poter insegnare. Ora, so già che si alzeranno innumerevoli invettive nei miei confronti per quello che scrivo, so che si porteranno innumerevoli scusanti al fatto in questione, ecc.. Ma questo, secondo me vuol dire una sola cosa: la qualità dell’insegnamento in italia è CALATA DRASTICAMENTE negli ultimi 20/30 anni. Non ne conosco con precisione le motivazioni, ma azzardo una ipotesi: negli anni 80 e inizio anni 90 era quasi una moda fare le magistrali e diventare tutti insegnanti. L’illusione del posto fisso statale portava tanti verso questa scelta. Non è stata fatta una scelta di scrematura meritocratica in uscita dalle università, ma ci si è limitati a promuovere quasi tutti, perchè l’istruzione era un diritto sacrosanto per il paese e dovevamo uscire per forza dall’ignoranza degli anni sessanta – settanta. Ma nessuno ha mai detto che non è vero che lo studio E’ UN DIRITTO, ma IL BUON STUDIO lo è e studiare, per chi lo vuole, E’ UN DOVERE. Forse, la qualità dei nostri studenti rispecchia la qualità dei nostri docenti. Se il 65% dei docenti che hanno partecipato agli esami di controllo lo scorso anno, non sono stati considerati DEGNI, forse, e dico forse, qualche ora di lezione in più durante la settimana giova anche a loro. Concordo comunque con quanto detto da SANDRO: la maggior parte dei dipendenti, siano essi pubblici o privati, lavorano sicuramente più delle 24 ore settimanali dei professori. E tutti i dipendenti, lavorano 12 mesi l’anno, e non hanno vacanze natalizie, pasquali ed estive. Saluti
(Fabio Mammi)
Sig. Mammi non le lancio invettive ma le suggerisco di informarsi correttamente. Quella del Governo non è stata una provocazione ma una necessaria pesante scrematura dei più di 300.000 aspiranti ad un posto in ruolo a fronte di circa 11.000 posti disponibili tramite un sistema molto criticato che non stabilisce la capacità di un docente di saper svolgere questo particolare lavoro. Dovevano con un veloce e facile metodo eliminarne buona parte. E’ lo stesso metodo che so che utilizzano anche per concorsi europei, me lo ha detto una ragazza che ne ha sostenuto uno. In un tempo limitato devi rispondere a una serie di quiz online che sembrano più giochi enigmistici che prove di validità professionale. Penso che sappia anche lei che un bravo docente deve avere capacità di trasmissione del sapere e di rapporto umano che non si misurano con veloci quiz sullo stile dei quiz televisivi. Hanno scremato per ammettere chi li ha superati ad altre prove e non per inserirli nelle graduatorie. Tanti docenti in graduatoria ci sono già da anni e dopo aver già superato altri concorsi. Insegnano da tempo come docenti precari e le assicuro che fra questi la maggior parte sono molto preparati professionalmente. Credo che per tanti di loro sia stato umiliante doversi sottoporre di nuovo ad un concorso nel quale la selezione iniziale è stata di questo tipo dopo che già lo Stato aveva detto loro nei precedenti concorsi che andavano bene per fare gli insegnanti e li ha utilizzati in questi anni assumendoli a settembre e licenziandoli a giugno. Nelle sue affermazioni sento del populismo purtroppo molto di moda di questi tempi. Si approfondisce poco e si spara su tutto con luoghi comuni e frasi ad effetto. Ci si mette a disquisire su argomenti che si conoscono superficialmente perchè si è letto qualcosina qui e là nell’immenso mare informativo nel quale siamo immersi che ci fa sentire dei tuttologi. Credo, vivendo nella scuola da tanti anni prima come studente e poi come docente, che la sua equazione che fa corrispondere la scarsa qualità degli studenti alla scarsa qualità dei docenti sia proprio un tantino populista. Le cose sono molto più complicate e coinvolgono molti più fattori e agenti sociali.
(Anna Maria Gualandri)
Cari Prof. se volete fare cambio io sono disponibile. Di ore alla settimana ne faccio (in media) 48 (adesso che è inverno)… Durante il periodo estivo (quando voi siete in ferie, per capirci), arrivo a una media 51/52 ore. Quando volete, sono disponibile…
Dimenticavo: Stipendio da 1000 euro (circa), estate al caldo e in inverno al freddo…
(P.R.)
Piuttosto, se le sembra così invitante, perché non va lei ad insegnare?
(commento firmato)
Caro P.R. non capisco affatto il suo commento. Lo sa che STUDIARE è un investimento? Lo sa quanto costano 5 anni universitari? Da come scrive direi che non si è mai posto la domanda… perchè non va a fare l’insegnante? L’orto del vicino sembra sempre migliore!
(Lufab)
Da insegnante, sono d’accordo con le motivazioni pedagogiche della prof. Vinci, ma vorrei sottolineare che il suo commento si riferisce solo ad una parte degli insegnanti. Nelle scuole dell’infanzia e primaria le ore settimanali sono sempre state 24 (nella scuola dell’infanzia anche di più per chi si rende disponibile a garantire il prolungamento dell’orario per venire incontro alle esigenze delle famiglie…). Il carico di lavoro e di responsabilità è lo stesso; non trovo quindi particolarmente “scandaloso” far lavorare anche i professori 24 ore settimanali…
(L.T.)
Viste le 18 ore settimanali in sede scolastica e il lavoro massacrante che vi tocca gestire a casa vi proporrei di modificare gli orari in questo modo:
dal lunedì al sabato presso l’istituto scolastico essere presenti nei segunti orari 8,30/12,30 – 14,30/18,30 tranne un giorno settimanale in cui si è presenti solo o al mattino o al pomeriggio: (questi orari ovviamente saranno utilizzati per ore in classe di lezione, preparare correggere esami e tutte le attività che voi faticosamente fate al di fuori dell’orario attuale).
Le ferie e vacanze vi proporrei di ridistribuirle in questo modo:
nel periodo natalizio e o pasquale si va a lavorare presso l’istituto dove si svolge attività, (è sottinteso che Natale, Pasqua e festivo si sta a casa ) ma gli altri giorni si lavora come facciamo tutti, e se non ci sono tutti gli studenti si può fare attività extrascolastica, in estate non si terminano le lezioni, a metà giugno, qualche riunione etcc dopo e si sta a casa fino ai primi di settembre, si lavora le ferie sono le 3 settimane come tutti noi, si va al lavoro!!! E qui altre attività ricreative e un po’ di attività scolastiche, cosa ne pensate?
(C.)
Da insegnante posso assicurare che per fare questo lavoro non servono raccomandazioni, chiunque voglia, può verificarlo, la strada è apertissima ma non semplicissima… Non penso neanche che serva spiegare cosa comporta tale mestiere, serve farlo e basta. Credo che sarebbe anche ora di fornire gli insegnanti di un bel cartellino da timbrare ogni giorno e di dire loro quante ore devono fare perchè se no non se ne esce.
Cordiali saluti.
(A. Saielli)
Giusto Sig. Saielli. Se si timbrasse il cartellino e si chiudesse col lavoro quando si esce dalla porta non ci sarebbero incomprensioni e continue polemiche. Il cartellino mi conteggerebbe anche l’ora settimanale di ricevimento genitori che risulta essere la 19a. Conteggerebbe le ore buche nell’orario che non possono essere evitate perchè gli incastri fra le ore di lezione delle varie discipline altrimenti non sarebbero possibili. Ore che vengono trascorse a scuola e nelle quali si sbrigano altre faccende inerenti il lavoro scolastico, si scambiano informazioni con i colleghi sugli alunni e si è in attesa del suono della campanella della successiva ora di lezione frontale. Così verrebbe conteggiato anche quel tempo come agli altri lavoratori che timbrano l’entrata e l’uscita dal lavoro. Visto poi che tutto verrebbe svolto sul luogo di lavoro ovviamente il datore di lavoro dovrebbe fornire il materiale necessario per il suo svolgimento: materiale di cancelleria, computer e stampanti con i necessari fogli e cartucce per la stampa, telefono per i contatti con enti, specialisti, esperti esterni, genitori ecc., materiale per le lezioni (DVD, dischi, libri diversi dai testi scolastici) che i docenti acquistano di tasca propria o vanno a reperire fuori dall’orario adesso conteggiato. Non si dovrebbe più pagare con i soldi del proprio stipendio tutto ciò che occorre per svolgere al meglio il lavoro e ci si potrebbe recare in biblioteca, dagli assistenti sociali, dai neuropsichiatri e agli enti con cui si organizzano progetti, uscite didattiche ecc. dopo aver timbrato il cartellino di ingresso. Nell’orario documentato dalla timbratura si predisporrebbero le verifiche, che vengono richieste personalizzate per i ragazzi con qualche tipo di difficoltà, e si preparerebbero le lezioni stendendo appunti, mappe concettuali o quant’altro un docente fornisce agli alunni per favorire l’apprendimento e il tutto verrebbe stampato a scuola. Compiti assegnati, verifiche ed elaborati di vario genere verrebbero corretti prima di timbrare l’uscita. Si stenderebbero i Piani di lavoro delle varie classi, i Piani Didattici Personalizzati per gli alunni DSA, i Piani Educativi Individualizzati per gli alunni con certificazioni di difficoltà, i verbali di riunioni e di incontri di vario genere, le relazioni finali di ogni classe, i Programmi d’esame, le valutazioni quadrimestrali e intermedie (pagellino), le comunicazioni da inviare alle famiglie di alunni con problemi scolastici. La tenuta dei registri, dove vengono documentate le attività quotidianamente svolte, verrebbe conteggiata. Per chi lavora su molte classi il tutto si moltiplica (io lavoro su 9 classi con 194 alunni). L’aggiornamento personale (consultazione di materiale in rete, lettura di documenti e libri, utilizzo di software specifico…) dovrebbe avvenire sul luogo di lavoro con l’attrezzatura adeguata a tutti i lavoratori presenti (attualmente è un’utopia). Verrebbero conteggiati tutti gli incontri con le famiglie che hanno problematiche particolari, che vengono concordati in orari in cui possono essere presenti. I colloqui con la Dirigenza per motivi organizzativi o didattici e il disbrigo di faccende burocratiche con la segreteria (documentazione per uscite varie, permessi da far firmare alle famiglie, denunce all’assicurazione, libretti dello sportivo) sarebbero svolti anch’essi nel tempo conteggiato dalla timbratura. Al suono della campanella di fine lezioni, io riporrei il materiale necessario allo svolgimento delle attività didattiche recandomi poi in sala insegnanti dove ci si scambia informazioni sugli avvenimenti della mattinata o sulle attività dei giorni seguenti, per far sì che sia un lavoro di equipe come richiesto. Leggerei le comunicazioni messe alla firma dalla Dirigenza e dalla Segreteria e solo al termine di tutto, all’uscita dall’edificio scolastico, timbrerei il cartellino e non come adesso che quello che stabilisce il termine del conteggio delle ore è la campanella del termine della lezione in classe con gli alunni. Verrebbe conteggiato anche il tempo per recarmi alla toilette perché fuori dalle famigerate 18 ore di lezione frontale. Mi pongo però una domanda. Come mai dalla Scuola dell’infanzia all’Università le ore di lezione frontale da decenni sono state stabilite in modo decrescente man mano che la scuola sale di livello? Forse una motivazione relativa al diverso impegno extra che ogni ora di lezione frontale comporta ci sarà o è stata solo una “svista” dei legislatori dei tempi passati?
(Anna Maria Gualandri)
Forse bisogna precisare ANCORA che 18 ore sono solo quelle frontali, in classe. E, per inciso, nessun docente in Europa ne fa altrettante IN CLASSE (mediamente ne fanno 14-16 e una ragione ci sarà, al doppio del nostro stipendio, però!). Non si capisce perché da noi non vengano conteggiate quelle dei ricevimenti individuali (in Germania non ci sono, si fa solo quello generale due volte l’anno) e generali, dei consigli, dei collegi, degli scrutini, delle riunioni, dei corsi di aggiornamento. Ma il carico più oneroso è il lavoro che facciamo a casa, di cui non si parla mai: correggere centinaia di verifiche, anche nelle vacanze di Natale e di Pasqua, poi preparare le lezioni, perché le materie sono tante, le classi ognuna con la sua fisionomia e le modalità di insegnamento sempre diverse. Le mie ore settimanali vanno ben oltre le quaranta e lavoro sempre anche la sera dopo cena e il fine settimana! E infine, come dice bene Patrizia, per formare adeguatamente i nostri studenti, li dobbiamo conoscere per attivare le strategie didattiche più opportune. Abbiamo assistito, stiamo assistendo, a scelte dissennate (taglio di materie fondamentali e professionalizzanti come Inglese, Geografia, Storia dell’Arte. Per tacere della grave perdita culturale della lingua latina…) fatte da ministri improvvisati che poi lasciano a noi insegnanti, alla nostra buona volontà, colmare le lacune da loro prodotte. Se non avessimo un alto senso del nostro compito educativo, che ci porta, normalmente, a fare ben di più di quanto richiestoci, per fornire comunque un’adeguata istruzione ai nostri ragazzi, la scuola sarebbe già a rotoli da un pezzo!
(Elisa)
P.S. Per tacere della condizione degli insegnanti precari da 15 anni e oltre… Assunti e licenziati ogni anno… per risparmiare sulla loro pelle… Davvero una situazione invidiabile! In questo modo, però, si nega anche la continuità didattica agli alunni…
Tanti ragazzi hanno bisogno di ripetizioni, e le famiglie pagano profumatamente insegnanti che non appartengono alla loro scuola. Non sarebbe possibile invece che fossero gli stessi professori a fare questo, senza costi aggiuntivi a carico delle famiglie stesse? In fin dei conti se i ragazzi hanno bisogno di lezioni extra, ci può essere un problema a livello di insegnamento e sappiamo che un buon professore fa di tutto affichè anche l’ultimo dei suoi ragazzi possa raggiungere traguardi almeno discreti e in relazione alle sue possibilità.
(MC)
Ciò avviene regolarmente, MC. I corsi di recupero si fanno ogni hanno. Il dramma è che i ragazzi NON studiano, in generale. Manca la cultura dell’amore per la cultura. Si può fare a ping pong colpa prof., colpa famiglia, colpa società, ecc. Di fatto manca un amore per il sapere. Ci sono ottimi docenti che motivano, interessano gli alunni. In classe. Il lavoro a casa è stentato, mal vissuto. C’è il calcio, la TV, il gruppetto. Insomma la socialità e altre agenzie hanno preso spazio al semplice studio. Che non si fa, se non in fretta, mugugnando. Ci sarà la selezione naturale. Chi continuerà ad apprendere, a voler conoscere si selezionerà. I cinghiali mezzi analfabeti che grugniscono mentre digitano e si fanno le foto dell’IPAD, sballano di brutto al sabato sera che fine faranno? I genitori dei cinghiali, li vedono?
(Prof.)
il dott. Vittorio Lodolo D’Oria, esperto di medicina del lavoro, sostiene che, tra le helping profession (le professioni di supporto ad altre persone come le professioni mediche, gli assistenti sociali, etc.) la più esposta al burnout (oggi lo chiamiamo stress lavoro-correlato) risulta essere quella degli insegnanti. Cito le parole del dottore: “Nonostante questa drammatica situazione, la pubblica opinione rimane schiacciata dai propri stereotipi, ritenendo che quella del docente sia una professione privilegiata. La stessa classe medica – a causa dello scarso numero di pubblicazioni scientifiche sull’argomento – è del tutto ignara delle conseguenze dello stress-lavoro-correlato sulla categoria degli insegnanti.” La differenza sostanziale tra questo mestiere ed altri, è che in tutti i mestieri si lavora tra pari – tra adulti. Qui si lavora con bambini o ragazzi, persone in crescita, personalità in formazione. Non è la stessa cosa che confrontarsi e avere a che fare con altri adulti. Le 18 ore di cattedra (per le scuole secondarie) sono tali perché il legislatore ha valutato che per ogni ora di lezione frontale, mediamente ne serve un’altra per le attività di supporto a quell’ora. Tant’è che se un docente viene assegnato ad altri compiti (non di docenza) avrà l’orario di 36 ore come il personale amministrativo. Non aggiungo altre considerazioni a quelle fatte da Annamaria Gualandri, che condivido. Naturalmente, come in tutti i luoghi di lavoro, ci saranno insegnanti più o meno appassionati, più o meno capaci, più o meno disponibili. Invito, comunque, chi ritiene che insegnare sia una passeggiata, ad immaginarsi di fronte a 25 ragazzi, per quattro ore, ogni mattina, e gestirli.
(Giorgio Bertani)
Non è una passeggiata fare l’insegnante ma è innegabile che la possibilità di avere così tanti mesi di vacanza all’anno mantenendo lo stipendio è un privilegio che ha soltanto la categoria degli insegnanti. Mettiamoci in testa che fare 40 ore di lavoro settimanali, magari in una catena di montaggio o in tanti altri luoghi di lavoro senza pause giornaliere se non i giusti dieci minuti del caffè per 11 mesi e mezzo all’anno, è ben diverso dal potersi godere tutta l’estate e il peridodo natalizio con la propria famiglia. Il non avere il problema di collocare i bambini nel periodo delle vacanze senza doversi svenare con baby-sitter o con soluzioni alternative, care/i insegnanti, lo sapete benissimo anche voi che è un’altra vita, per voi e per la vostra famiglia! Cordialità.
(Betti)
Appunto per questo, invito tutti coloro che vogliono godersi la vita a diventare insegnanti!
(commento firmato)
Mi dispiace contraddirla, Prof., ma i corsi di recupero non vengono fatti in tutte le scuole, questo per esperienza diretta e conosco persone che hanno mandato o mandano i loro ragazzi a lezioni private. Condivido invece le sue affermazioni quando parla dei ragazzi che non studiano, perchè presi da mille interessi che sottraggono tempo allo studio e credo che sia necessario riequilibrare gli impegni post scolastici.
(MC)
I corsi di recupero vengono fatti regolarmente alle scuole superiori. Alle medie ci sono altre risorse, e, mi creda alle medie ci si salta fuori, in mille modi. Se ci fosse la volontà di imparare, conoscere…
(P.)
Con il senno di poi sicuramente in tanti nel passato avrebbero scelto la strada dell’insegnamento, non per godersi la vita come dice il signor “commento firmato” ma per avere più tempo a disposizione sicuramente sì.
(Luigi Zannini)
Una buona parte del tempo a disposizione di cui parla il sig. Zannini lo dedico a leggere le lettere degli artisti (un argomento che mi interessa) e libri di storia dell’arte (che acquisto, naturalmente, a mie spese). Queste sono conoscenze che poi si riversano nelle mie lezioni di storia dell’arte. Seguo su Twitter numerosi musei e istituzioni artistiche da tutto il mondo di cui rilancio le informazioni che possono interessare i miei studenti; a casa, di sera, al pomeriggio, di notte. Sono passatempi o è aggiornamento professionale?
A proposito del tempo a disposizione, invito il sig. Zannini a leggere il commento di Annamaria Gualandri, che mi sembra spieghi con chiarezza quanto e quale tempo sia mediamente a disposizione degli insegnanti.
(commento firmato)
Medici, avvocati, meccanici, artigiani ecc devono essere costantemente aggiornati leggendo testi e partecipando a corsi di formazione se vogliono svolgere con competenza il proprio lavoro e restare al passo con la tecnologia in continua evoluzione. Anzi per tante professioni i corsi di aggiornamento sono obbligatori e spesso sono autofinanziati. Ho un famigliare molto stretto che e’ insegnante e mi dice sempre che nonostante i notevoli problemi della scuola mai e poi mai farebbe altre scelte perche’ in primo luogo ama il proprio lavoro e poi molto obbiettivamente ne riconosce i vantaggi. Anche lui si autoforma leggendo libri oppure online ma lo fa nei pomeriggi liberi, nelle ore buche e nei mesi estivi liberi. Tante altre categorie sottoscritto compreso l’aggiornamento lo fanno leggendo dalle dieci di sera in poi o partecipando a corsi nelle ore di lavoro dovendo poi recuperare il lavoro arretrato perche’ di ore buche durante il giorno o nei mesi estivi ancora meno non ne esistono. Concludendo definitivamente credo che nessuno metta in discussione l’importanza e le difficolta’ del lavoro dell’insegnate ma siamo anche obbiettivi e guardiamoci alle spalle per vedere realta’ ben peggiori.
(Luigi Zannini)
Facciamo un confronto di guadagni, tenendo presente il titolo di studio richiesto? I docenti italiani sono i meno pagati d’Europa. Sicuramente in ogni lavoro ci sono dei vantaggi e degli svantaggi rispetto ad altri. Le ferie non possiamo mai prenderle in momenti diversi dell’anno. Vorrei precisare, visto che qualcuno ha parlato di “tanti mesi di ferie” che gli esami di licenza media terminano alla fine di Giugno e quelli di maturità in Luglio e che nelle scuole superiori in Luglio ci sono docenti che devono fare corsi di recupero. All’inizio di Settembre ci sono tutte le attività preliminari al nuovo anno scolastico e negli Istituti superiori anche gli esami degli alunni che non hanno avuto la promozione nell’anno precedente perchè insufficienti in alcune materie. In un mio precedente intervento ho dimenticato di menzionare le Prove INVALSI, obbligatorie, che vengono somministrate durante l’anno come test richiesto dal Ministero o come esercitazioni che i Docenti fanno per preparare gli alunni a quella, uguale per tutta Italia, che dovranno affrontare come prova d’esame in aggiunta alle altre. Sono tutte prove che i Docenti devono organizzare e correggere inserendo poi i dati nei siti predisposti dall’INVALSI. Come in ogni lavoro ci sono quelli che si impegnano molto e quelli che fanno meno. Non capisco però questo accanimento discreditativo verso gli insegnanti come se fossero improvvisamente l’unica categoria con grossi vantaggi rispetto agli altri.
(AnnaMariaGualandri)
Insegno al Liceo e sono una privilegiata. Sono davvero una privilegiata perchè da 23 anni, ormai, trascorro buona parte della mia vita fra i ragazzi, perchè ogni mattina con loro mi occupo di libri, di poesia e – perchè no – anche di declinazioni e altre cose un po’ meno divertenti.
Sono davvero fortunata perchè posso entrare in contatto con il loro “io” più profondo quando correggo i loro temi, quando porto con me i loro pensieri, le loro ansie, le loro gioie, quando penso che – nel bene e nel male – nella loro vita lascerò un piccolo segno.
Ho una grande fortuna perchè faccio quello che avrei sempre voluto fare, perchè posso svolgere parte del mio lavoro a casa, in orari che decido io, così da poter seguire la mia famiglia.
Tutti, nella vita, dovrebbero essere realizzati e veder poste in essere le proprie aspettative. Mi dispiace se per tutti non è così.
Il mio “mestiere”, però, non è solo questo.
Io lavoro la media di circa 40 ore settimanali, sono impegnata sino a luglio compreso, per gli Esami di Stato ed eventualmente per i corsi di recupero, rientro al lavoro il I settembre e per raggiungere tutto questo ho studiato parecchio, ho affrontato una lunga gavetta, ho dovuto lasciare quanto avevo di più caro per poter lavorare.
Non penso di essere un “parassita” dello Stato e non ritengo che mi si possa chiedere più di quanto già faccio da parte di chicchessia.
Il mio curriculum è consultabile sul sito della “mia” Scuola, il Liceo “Cattaneo-Dall’Aglio”, per dimostrare quanto noi docenti siamo “fannulloni”.
(Rosanna Fontana)
Riprendo la questione delle 24 ore di cattedra. Forse non tutti sanno che gli insegnanti della secondaria possono (non sono obbligati) fare fino a 24 ore di cattedra. Prendono un po’ di soldi in più, nel caso decidano di farlo. Sono pochissimi, quelli che prendono 24 ore. Quelli che l’hanno fatto, quando la norma è uscita, in genere non hanno ripetuto l’esperienza. Che io sappia, ci sono due ordini di motivi: il primo è che si rischia l’esaurimento nervoso (richiamo qui la citazione del dott. Lodolo D’Oria che ho lasciato in un commento precedente); il secondo è che prendendo quelle ore si impedisce ai precari di lavorare. Quest’ultimo, peraltro, era l’obbiettivo del governo quando ha proposto di aumentare (a parità di stipendio) l’orario di cattedra: eliminare gli spezzoni utilizzati per formare cattedre assegnate annualmente ai precari, eliminando qualche decina di migliaia di posti di lavoro. Per il resto, noto con piacere che l’aggiornamento o auto aggiornamento degli insegnanti non viene considerato un passatempo, dal sig. Zannini. Continuo a non capire perché dovremmo guardare (vergognandoci, magari?) a realtà ben peggiori. Nessuno impedisce a medici, avvocati, meccanici e artigiani di andare ad insegnare, se lo desiderano. Si mettono in fila, prendono l’abilitazione, fanno il concorso e vanno ad insegnare. Non devono iscriversi ad un partito, non devono compiacere qualche illustre personaggio, non devono fare i portaborse di nessuno. Sembra che diventare insegnante sia un privilegio. A me pare che il privilegio, in Italia, stia in altri luoghi, per esempio nelle nomine ricevute per appartenenza politica a prescindere dalla competenza specifica o nelle candidature a cariche politiche di persone che nulla hanno a che vedere con l’esperienza amministrativa.
(Giorgio Bertani)
Grazie agli insegnanti, che svolgono il lavoro più impegnativo. Lavorano con quello che è più prezioso per una famiglia, il figlio, che viene affidato per farlo crescere. Dobbiamo unirci, non creare inutili lamentele! La Società ha bisogno di una scuola che funzioni e questo anche grazie ai genitori che non dovrebbero remare contro.
(Antonella)
Non prendetevela con i “politici” per salvarvi in corner. Forse, in questa discussione, vi sta capitando quello che ai politici capita ogni giorno: semplificazioni, incomprensioni, generalizzazione di quel tanto di negativo (che c’è nella politica e anche nella scuola), voglia di giudicare piuttosto che di capire… Forse come per i politici c’è un problema di fondo: che i risultati non sono all’altezza delle attese, che l’impegno che molti mettono è annebbiato dalla sciatteria o dall’opportunismo di altri. O forse che, con la globalizzazione, al posto dei duri cambiamenti necessari, ha preso quota una confusa ideologia anti Stato… E tutto ciò che è pubblico ne paga le conseguenze nell’efficienza, nella qualità e anche nella considerazione e nell’opinione.
(Commento firmato)
Non so se il lettore si riferiva a me, per quanto riguarda il prendersela con i “politici”. Nella fattispecie, non me la stavo prendendo con i politici in quanto causa del cattivo servizio della scuola. Il discorso riguardava i “privilegi” dei docenti, confrontati con le prebende, le sinecure, le liste bloccate, le nomine nei consigli di amministrazione delle partecipate dello Stato e degli enti locali. Tutti fenomeni sconosciuti nel mondo della scuola.
(Giorgio Bertani)
“Commento firmato” ha centrato il problema, ormai tutto ciò che è pubblico è visto dalla cosiddetta società civile come un qualcosa di oneroso e improduttivo. A torto o a ragione non lo so, ma il problema è questo. Ormai generalizzare e banalizzare i concetti è diventato lo sport nazionale, si parla per spot senza mai approfondire le cose, e questo avviene nei confronti della politica, della pubblica amministrazione, della sanità e del pubblico impiego in generale, e non lo dico per interesse lavorando io da sempre nel privato. Il mestiere di insegnante avrà senza dubbio dei privilegi in fatto di tempo libero (e questo è ora di ammetterlo…) ma ha anche grande responsabilità nella crescita dei giovani e soprattutto è fondamentale per la società futura, tutte cose che ad esempio nel nord europa vengono riconosciute (non solo economicamente) a chi insegna.
(PE)
Mi sono reso conto dell’importanza dell’insegnamento quando ho avuto bisogno del Pronto Soccorso e sono stato visitato da un mio ex-studente. Poco tempo dopo, ho chiamato il medico di guardia per mia madre, ed era un mio ex-studente. Alla RSA ho incontrato di nuovo, nello staff, una ex-studentessa. Ho pensato che era nel mio interesse (e quindi nell’interesse di tutti) che gli studenti avessero la migliore istruzione possibile. Credo che quando si interviene sul sistema dell’istruzione si dovrebbe avere ben presente questo fatto: gli studenti sono il futuro della società. Ci sono due alternative: una scuola pubblica poco costosa e dequalificata assieme ad una scuola privata costosa e qualificata; oppure un sistema di istruzione pubblico qualificato e che costa il necessario assieme a scuole private che fanno come meglio credono ma non a carico dello Stato. Poi, ognuno ragionerà sulle conseguenze; in generale, il primo sistema favorisce chi è già istruito di suo perché viene da una famiglia istruita. Il secondo dovrebbe dare la possibilità a tutti i meritevoli (anche se privi di mezzi) di avere accesso alla mobilità sociale in senso positivo. E qui non è questione di “prendersela con i politici”: è una questione di scelta; si vota alle elezioni e si sceglie il tipo di istruzione che si ritiene migliore. Le scelte operate dai governi recenti sono stae caratterizzate dai ‘tagli lineari’ al sistema di istruzione. Ognuno valuterà. In generale, penso che ogni scelta che ostacola o dequalifica il lavoro dei docenti, peggiora la scuola pubblica e il futuro del Paese.
(Giorgio Bertani)
In merito alle lezioni private, problema emerso in alcuni interventi, ritengo che nella maggior parte dei casi siano una pratica illusoria per gli studenti, dispendiosa per i genitori e poco produttiva per l’apprendimento. L’alunno, confidando nell’aiuto pomeridiano, si sente quasi sollevato dal prestar attenzione in classe e il genitore, pagando, pensa di aver fatto tutto il possibile. Spesso però i risultati non vengono. Meglio spronare i ragazzi a stare più attenti in classe, a lavorare di più e con maggior impegno in prima persona, a chiedere ulteriori spiegazioni, quando non si è capito o non è stato spiegato abbastanza: è un loro diritto che non sanno esercitare. In questo modo i ragazzi non avranno tempi aggiuntivi di lezione, i genitori risparmieranno, i professori avranno la piacevole sensazione di essere ascoltati. La stessa cosa vale per i corsi di recupero. Personalmente non li tengo più da due anni, pur essendo pagati a parte, proprio perchè nella mia esperienza non hanno determinato apprezzabili risultati e pertanto mi sembrano un dispendio inutile di risorse. Chi non ti segue al mattino e non fa quello che di norma dovrebbe fare, è difficle che ti ascolti alle due del pomeriggio o nelle pigre mattine d’estate.
(Patrizia Vinci)
Quando ci saranno insegnanti che spiegheranno bene la loro materia e si assicureranno che tutti, anche il più scarso degli alunni, l’abbiano assimilata, non ci sarà più bisogno che le famiglie spendano soldi per le lezioni private. Ci sono alunni più o meno coinvolti, ma ci sono anche insegnanti più o meno capaci ed essere professori non significa affatto insegnare bene. In fin dei conti questo è il vostro lavoro: insegnare bene.
(MC)
Concordo pienamente con Antonella, la scuola forma i nostri ragazzi, il nostro futuro! Grazie a chi si impegna in ogni modo per far si che la scuola funzioni!
(Patti)
Altre riflessioni… Forse è sfuggito a qualcuno che i fenomeni migratori che stanno interessando le nazioni più industrializzate hanno comportato, a livello mondiale, la necessità di impegnarsi nell’integrazione delle popolazioni migranti e nel rispetto dei diritti umani tutte le persone più fortunate. Nell’ambito scolastico il fenomeno ha portato a cercare di integrare alunni che non erano nemmeno a conoscenza dell’ITALIANO DA SOPRAVVIVENZA, sia nella scuola primaria che secondaria. L’altra particolarità che continua a sfuggire è che negli ultimi anni, con le vaie riforme scolastiche, sono stati tagliati i fondi per i progetti di alfabetizzazione, sostegno, recupero, laboratori ecc. Se gli insegnanti meritevoli riusciranno a non avere alunni insufficienti nelle loro materie sarà perché avranno imparato a fare i miracoli: come possiamo pretendere che un alunno straniero abbia la stessa padronanza della nostra lingua rispetto a un suo coetaneo italiano? Quanto tempo occorre perché tale conoscenza sia acquisita da uno straniero anche solo per raggiungere la sufficienza? Come faccio a insegnare il linguaggio specifico della matematica o delle scienze quando mancano i fondamenti basilari della costruzione anche di una semplice frase nella nostra lingua corrente? Come continuare a proporre corsi di recupero quando basterebbe un corso intensivo di conoscenza della lingua del paese ospitante?
Per MC: inoltre la genetica insegna che non tutti abbiamo le stesse attitudini, è noto da secoli che ci siano persone geniali poeticamente, altre geniali musicalmente a altre ancora incredibilmente dotate per altri studi, ci sono però persone che non sono capaci di raggiungere risultati positivi nello studio ma che dimostrano ogni giorno di essere bravissime a livello pratico e tale situazione non lede alla dignità di nessuno, al contrario del suo pensierino!
(Gloria Lavagnini)
Non voglio certo entrate nella discussione ricca di impressioni, spiegazioni, frasi buttate lì per scaricare su una categoria degna del massimo rispetto e anche di comprensione, quella sorte di livore che ci accompagna un po’ tutti quando dobbiamo esprimere un giudizio negativo su un’istituzione. Degli anni in cui ho insegnato alle medie di Carpineti e Busana ho un ricordo stupendo, ma era un mondo diverso da questo, con una grande collaborazione e rispetto fra insegnanti, alunni e famiglie. Alunni che arrivavano da Cerreto Api, Ligonchio, Casalino, Collagna, non si parlava di globalizzazione,non c’era tutta quella tecnologia che quasi sembra rendere superflue anche le lezioni. La dietrologia è inutile, nel mio commento volevo ringraziare in particolare Anna Maria Gualandri per l’esattezza e la chiarezza della sua esposizione e Gloria Lavagnini che, nel suo articolo, mette in evidenza anche il costo di una laurea, sopratutto a chi è fuori sede e “il trattamento” che lo Stato ha riservato e riserva agli insegnanti, quelli italiani sono i meno pagati d’Europa, togliendo loro anche la dignità e il rispetto cui ogni persona, con o senza laurea, ha diritto.
(Paola Agostini)