Riceviamo e pubblichiamo.
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La riforma per il riordino delle province mira a ridurne il loro numero mediante una concertazione che coinvolge il mondo delle autonomie locali. La legge ha istituito due criteri, certamente discutibili e forse anche scarsamente condivisibili: la dimensione territoriale data da una superfice di 2.500 kmq e una popolazione non inferiore a 350.000 abitanti.
Come è noto, la provincia di Reggio Emilia non raggiunge il primo parametro, ma supera abbondantemente il secondo. Da qui una pluralità di proposte sul nostro futuro dal punto di vista della nuova realtà provinciale che si andrà a costituire. I tempi, una volta tanto, sembrerebbero celeri: la regione dovrà elaborare una proposta sulla base delle ipotesi indicate dal Consiglio delle autonomie locali (Cal) e trasmettere poi al Governo tale proposta entro il 23 ottobre 2012. Un atto legislativo di iniziativa governativa perfezionerà poi il riordino delle province.
Tra le proposte che si stanno facendo strada nella discussione a livello provinciale c'è quella della grande Emilia che vedrebbe un'unica provincia da Modena a Piacenza, quella che unificherebbe solo Modena e Reggio ed una terza, non ancora circolata, ma che potrebbe verificarsi in caso di opposizione dei modenesi alla Grande Emilia, che è quella delle tre province: Reggio–Parma-Piacenza.
Nel dibattito svoltosi in terra reggiana siamo quasi gli unici a sostenere che, avendo imparato per esperienza a dubitare dell'efficienza e del risparmio delle aree troppo vaste, vedremmo volentieri l'unificazione delle province di Modena e Reggio. La nostra non è una posizione supportata da grandi studi accademici, s'incarna con il sentire comune di numerose nostre imprese e famiglie che sono, come tanti, preoccupati dell'attuale momento di crisi economica, ma nello specifico argomento del riordino delle province desiderano che emerga una proposta che assicuri governabilità nel tempo e sia il più vicino possibile, anche nei luoghi fisici, alle esigenze di cittadini e imprese. Non ci esprimiamo in questa fase sui presunti risparmi in quanto riteniamo che per diversi anni saranno minimi. Il tutto può poi essere supportato da alcune considerazione di buon senso: conformazione geografica molto simile, distretti produttivi facilmente integrabili, unica università tra le due province, radici storiche comuni che crediamo non siano da sottovalutare.
Certo, non una proposta rivoluzionaria, ma una lettura della realtà che presuppone anche una sincera volontà d'integrazione da parte modenese, altrimenti in un modo o nell'altro faremmo la fine dei parenti poveri. Non ci pare altrettanto convincente la proposta che oggi va per la maggiore e cioè quella dell'unica provincia dell'Emilia da Modena a Piacenza. Anche chi sostiene questa ipotesi dispone di tanti argomenti, ma scarsamente supportati da analisi precise riguardo agli effettivi benefici. Noi siamo abituati a prendere le misure a partire dal piccolo e se poi le cose vanno bene ad allargare.
(Mauro Garlassi, segretario provinciale Confartigianato)
Modena e Reggio (… Carpi e Mirandola) è da ritenersi esclusa pena la messa in dubbio dell’Unità di Italia, trattandosi della mera restaurazione del Ducato Estense: improponibile!
Altrimenti non è escluso che in conseguenza si formino anche nuove Unioni di Comuni “trasversali”, magari “per valli”.
(Marco)