Quattro anni fa, il 15 settembre 2008, fallì Lehman Brothers, innescando una reazione a catena che ha portato il sistema finanziario americano (e di conseguenza l'economia globale) a un passo dal collasso, costringendo i governi e le banche centrali a misure estreme.
Sono passati quattro anni da allora ed il mondo è cambiato; molti paesi sono entrati in forte recessione, addirittura con rischi deflazionistici, e la disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti. Assistiamo tuttavia a repentini mutamenti di umore ed è davvero difficile comprendere come in pochi giorni dal diluvio tempestoso si passi al sole cocente. Non sto parlando di clima meteorologico, ma di “evoluzioni” finanziarie. Basti pensare all’Italia. Qualche settimana fa eravamo in piena tempesta, i nostri titoli di Stato erano considerati asset rischiosi, tanto da dover pagare rendimenti (spread) decisamente elevati.
Moody's metteva un tassello che preludeva ad un prossimo declassamento degli istituti di credito italiani. Si avvertiva infatti che era in forte aumento l’ammontare degli accantonamenti effettuati dalle banche italiane legati a potenziali perdite su crediti che negli anni erano stati erogati. Era rilevato che diversi istituti primari del nostro Paese avevano comunicato un aumento delle loro perdite su crediti, da +19 a+49%, rispetto allo stesso periodo del 2011. Questo «prova - secondo la nota diramata dall’agenzia di rating - il deterioramento della qualità delle attività delle banche in un'Italia di nuovo in recessione, che influenza negativamente sulla loro già bassa redditività».
Moody's stimava altresì che il deterioramento della qualità del patrimonio degli istituti di credito italiani dovrebbe continuare fino al 2013. Era anche inevitabile l’avvertimento che nel frattempo «il processo di riduzione dell'indebitamento delle banche, cui sono ora impegnate, dovrebbe probabilmente proseguire» e questo renderà difficile il finanziamento di loro stesse, tanto da «mettere ulteriore pressione l'economia del Paese». Moody's attualmente riconosce all'Italia la valutazione 'Baa1' con outlook 'negativo’ a causa della difficile situazione nell'Eurozona e dei «rischi di contagio» che possono arrivare da Spagna e Grecia.
Se devo dire la verità, pur con tutte le cautele che occorre utilizzare quando si leggono i report delle agenzie di rating, il disegno mostrato era in linea con quanto ognuno di noi può constatare ogni giorno, anche nei semplici gesti quotidiani di fare l’acquisto di generi ordinari o facendo il pieno di carburante o anche semplicemente guardando i cartelli di vendita sugli immobili ormai chiusi, compresi gli immobili industriali. Se poi si lavora nel settore del recupero dei crediti, ci si avvede delle difficoltà insormontabili che un creditore incontra quando cerca di recuperare i soldi spettanti, che possono essere quelli di una vendita di merce già consegnata o l’erogazione di un servizio già fruito.
Uno scenario di recessione, con cali importanti nel consumo e anche nell'acquisto di beni durevoli, per non parlare del baratro nel quale sono sprofondati i parametri che misurano gli “investimenti”.
Fino a qua il diluvio. Eppure nel giro di pochissimi giorni, il sole incandescente è riapparso sulla scena finanziaria irrompendo con voli delle quotazioni azionarie, violente riduzioni dei rendimenti dei titoli di stato, potenti azioni di politica monetaria sferrate da Bce (per ora solo annunciate) e dalla Fed banca centrale statunitense, che ha mosso le sue pedine qualche giorno fa. Infatti, dalla banca centrale americana è arrivato ufficialmente anche il tanto atteso Quantitative Easing numero 3. Si tratta della terza fornitura di “droga” finanziaria alla speculazione, tanto che a festeggiare sono le borse di tutto il mondo, mentre le fabbriche continuano a chiudere e le persone a perdere il lavoro.
La Fed ha infatti prolungato di altri 6 mesi la politica dei tassi a zero, affermando che durerà almeno fino a metà dell’anno 2015, garantendo ulteriormente le possibilità di “carry trade” sul dollaro (indebitarsi in valuta debole, il dollaro stampato a profusione, per acquistare asset redditizi).
Inoltre la Fed ha prorogato fino a fine anno la cosiddetta Operation twist (vendita di titoli di stato a breve e acquisto di bond a lungo termine), sempre al fine di tenere artificiosamente bassi i tassi di interesse. Ma soprattutto ha deciso di mettersi a manipolare anche il mercato dei bond basati sui mutui, i cosiddetti Mortgage Based Securities, acquistandoli al ritmo di 40 miliardi di dollari al mese e garantendo che la nuova fornitura di dollari durerà fino a che sarà necessario. Sostiene in tal modo la Fed di poter innescare nuove positive azioni di assorbimento della disoccupazione. Fatto peraltro ben difficile a realizzarsi, se pensiamo che sul mercato statunitense non si incontrano – sotto il profilo della qualità - il lavoro offerto e quello ricercato. Quando vi è bassa qualità di lavoro che viene offerto, è ben difficile che inondare di dollari il mercato possa servire ad innalzare la qualità delle energie lavorative offerte (non mi pare che la preparazione scientifica e tecnologica richiesta ad un lavoratore si acquisti al supermercato)
Infine, a dimostrazione del fatto che neppure la Fed è sicura di ottenere quanto meno nel breve termine dei risultati positivi, ha ridotto le stime sul Pil del 2012, ma ha aumentato quelle del 2013 e 2014. Tanto, essere ”ottimisti” per il prossimo futuro “non costa nulla”.
Vorrei aggiungere un’analisi personale a quella effettuata qui sopra, in quanto diplomato in ragioneria nella sezione IGEA di Castelnovo ne’ Monti qualche tempo fa (quindi non da “espertone di turno”, ma da “interessato ai fatti contemporanei che quotidianamente ci toccano”). A parer mio, e della mia famiglia, le principali problematiche che portano un Paese allo sbando (come l’Italia) sono da ricercarsi in primis nei comportamenti dei consumi della popolazione. Questo perchè è inevitabile, volenti o nolenti, non essere condizionati negativamente dalle notizie che tutti i giorni vengono trasmesse dai media nazionali. E’ un continuo susseguirsi di “brutte” notizie inerenti l’economia italiana. Ogni singolo cittadino istintivamente tende a essere restio nello sperperare i propri “soldini” in acquisti futili in situazioni di recessione economice e crisi finanziaria. Questo perchè uno pensa di superare la crisi risparmiando! Beh, sciocchino, secondo noi non si puo commettere errore peggiore, in quanto, se l’economia non gira si “paralizza” un mercato ed una nazione. Quindi sarebbe di vitale importanza per tutti noi cercare di restare ottimisti e fiduciosi nel futuro, continuando a spendere e a “vivere alla buona” come facevamo, e come dovremmo fare anche in futuro.
Poi, in secondis, grandissima colpa deriva dalle politiche economiche e monetarie attuate dalla FED, in seguito al diffondersi della crisi in tutta l’Europa. Ovvero, una volta sottoscritto un trattato europeo, non puoi decidere di tirarti indietro all’ultimo, o peggio, manipolando e cambiando le “carte in gioco”! dicendo che ormai non si puo più fare nulla di concreto per aiutare i paesi in “panico”, se non estrometterli dall’Euro (ennesima castroneria di livello mondiale perchè, se dovesse malauguratamente accadere, vorrebbe dire regredire a livello di economia e di stile di vita a prima dei favolosi anni del miracolo italiano! Beh, e in quel caso “buonanotte ai suonatori”!).
Infine, come terza ed ultima “piaga della crisi”, è sotto gli occhi di tutti (gli informati, e non i menefreghisti!!!) l’atteggiamento ed il comportamento delle agenzie di rating. A partire da Moody’s per arrivare da Standard and Poor’s! A parer mio non è possibile assegnare una simile rilevanza strategica (e tattica) della valutazione dell’affidabilità degli STATI (PUBBLICI) ad una manciata di pochi enti PRIVATI!!! capaci di manipolare le scelte di milioni di investitori, di fare il bello e il cattivo tempo nella finanza mondiale in base agli obiettivi ed interessi personali! Personalmente credo che un’economia fondata su siffatti “cardini” sia un economia di m….a! (scusate l’eufemismo, spero di non venir bannato in questa mia ultima frase, perchè è necessario per noi e per tutti una scossa in grado di spronare anche quei “menefreghisti” che si tappano le orecchie al suono di una brutta notizia, e continuano a camminare e a vivere “tre metri sopra il cielo”!).
(Danjusha)
Posso anche condividere, ma se consideriamo che il potere di acquisto del così detto “ceto medio” è crollato, i prezzi dei beni primari volano, le tasse pure, mettiamo la non certezza del lavoro e degli stipendi… mi sa che volente o nolente i consumi vanno giù che è una meraviglia e a “vivere da ottimisti” non ce la si fa manco a volerlo (guardare anche i dati dei risparmi degli Italiani se calano o aumentano). Oltretutto i consumi interni certo influiscono, ma qui si parla di economia mondiale che va piano e l’Italia industrializzata che è sempre stata una grande esportatrice subisce parecchio il colpo; qui poi potremmo aprire una parentesi gigantesca sulla nostra competitività estera a valle di costo del lavoro, costo materie prime, costo energia, burocrazia, amministrazione pubblica e via dicendo. Il “problema italiano” è tutto strutturale, amministrativo, culturale e a questo si aggrappano i falchi della finanza, mica hanno gli occhi bendati, sanno dove e chi prendere di mira. Siamo un paese che scende in piazza per il pallone, mentre ora che ci sarebbe davvero la necessità di farlo, ce ne stiamo in casa bellamente… a guardare la partita (o il reality) e intanto i soliti noti volponi fanno finta di diventare bravi e onesti e noi a crederci. In tutta onestà penso di potere dire che se fossimo appena meno campanilisti e ignoranti a livello sociale, la crisi, potremmo quasi non sentirla con tutto ciò che di buono qui in Italia c’è: dal territorio, alle idee.
(Andrea Ganapini)