Home Cronaca Il dr. Tavasanis sul decreto riguardante la “revisione della spesa”

Il dr. Tavasanis sul decreto riguardante la “revisione della spesa”

49
0

Il dottor Giancarlo Tavasanis, medico di base in pensione dirigente Avis e ex dirigente Usl, presidente onorario della società scientifica di medicina di famiglia e di comunità, a proposito del decreto sulla “spending review” ha voluto esprimere, attraverso un suo intervento scritto, alcune considerazioni su questo provvedimento che impone di ridurre la spesa pubblica e, nel campo della sanità, di ridurre la spesa sanitaria e di fornire alla popolazione un’assistenza appropriata. Ecco di seguito il testo del suo intervento.

-----

I “decisori” devono impostare il Servizio sanitario nazionale sull’assistenza sanitaria primaria, come indica l’Organizzazione mondiale della sanità (di cui l’Italia è autorevole membro) da 34 anni (Alma Ata, settembre 1978) e l’Ufficio europeo di Copenhagen da 28 anni (i 38 obiettivi della “Salute per tutti nel 2.000”, definiti nel 1984 e ridefiniti nel 1991: obiettivi dal 26 al 31) e realizzare i cambiamenti necessari per sviluppare l’assistenza medica primaria nell’ambito dell’assistenza sanitaria primaria. Secondo l’OMS il 75 % dell’assistenza alla popolazione viene svolta dai cittadini, ricorrendo anche alla “medicina alternativa” e alle “badanti”; il 20 % dai servizi sanitari primari, disseminati sul territorio, nel distretto; e solo il 5 % a livello secondario e terziario (specialistica ed ospedaliera). Negli ultimi 70 anni il mondo è profondamente cambiato, per cui deve cambiare anche il modo di fare assistenza e di fare il medico. I “decisori”, pertanto, devono vincere le grosse resistenze delle potenti lobbies corporative, economiche e partitiche che si oppongono al cambiamento. I fattori principali che determinano la salute di una comunità si trovano all’interno della comunità stessa, nelle sue componenti sociali, culturali, biologiche e nel suo ambiente naturale e artificiale. Si deve passare dall’approccio bio-medico, tutt’ora dominante, all’approccio bio-psico-sociale e spirituale, perchè ogni persona, unica ed irripetibile nella storia dell’universo, è un complesso inscindibile di corpo, mente e spirito, profondamente inserita in un contesto familiare, lavorativo e sociale.

Si deve passare dalla diagnosi e cura del singolo paziente “clinato” (clinica), anche alla riabilitazione, alla prevenzione delle malattie e soprattutto alla promozione della salute della popolazione, che deve diventare il principale obiettivo del Servizio sanitario nazionale (Un “patto per la salute”). Gli operatori sociali, sanitari ed educativi dei servizi territoriali dovrebbero lavorare assieme, in équipes multi-professionali ed intersettoriali, nelle “case della salute”, aperte 24 ore al giorno e per 7 giorni alla settimana, per dare risposte adeguate alla popolazione residente e presente in un determinato ambito territoriale, anche per decongestionare i pronto soccorsi ospedalieri e correggere i relativi disservizi. Per ridurre ulteriormente il numero dei posti letto ospedalieri e istituzionalizzati, i malati complessi con pluri-patologie, i malati cronici, i disturbati mentali, i non autosufficienti, i disabili gravi, i malati terminali vanno curati possibilmente a domicilio, perchè costa meno e si tutela la loro dignità.Poichè la qualità dei servizi dipenda dalla qualità del personale che li gestisce, la formazione di base, specialistica e continua di tutto il personale sociale, sanitario ed educativo che lavora nei servizi territoriali, deve essere considerata lavoro, deve fornire conoscenze e competenze adeguate, periodicamente valutate, e deve durare per tutto l’arco delle vita lavorativa.

(d.a.)