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“Appennino: servizi sotto assedio”

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L'ufficio postale di Castelnovo ne' Monti

Riceviamo e pubblichiamo.

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I servizi in Appennino sono sotto assedio da tempo. L’ultimo caso è quello delle Poste italiane che, razionalizzando la propria rete, taglia proprio gli sportelli montani, ma una dura battaglia ad ogni finanziaria riguarda le scuole e ancor più forse ciò che già manca e non arriva, come la banda larga. Il mercato è spietato verso le aree ritenute marginali e non di meno gli operatori che misurano i propri risultati in Borsa e raramente invece sul territorio.

Le decisioni di Poste italiane fanno più male di altre perché questa azienda è ancora servizio pubblico nell’immaginario popolare, il luogo del quale si può avere fiducia e che non ti abbandona. Una fiducia che Poste italiane spa, diventata banca, ha utilizzato grandemente per una raccolta abbondante di denaro facendo passare velocemente le nostre famiglie e i nostri anziani dai buoni postali ai fondi azionari. Stare nelle frazioni era ancora interessante quando il risparmio arrivava copioso, nell’ora della crisi invece si voltano velocemente le spalle. Così è oggi, ma così era già quando, alcuni anni fa, i comuni del crinale e la Comunità montana proposero di pagare le Poste con fondi dedicati al turismo e alla cultura per salvaguardare sportelli di montagna. Negli incontri di allora indicammo esperienze francesi nelle quali era la sussidiarietà la risposta, con l’incarico per la distribuzione postale a imprese locali invece che questo assistenzialismo ribaltato: risorse del territorio verso aziende nazionali.

Ha ragione Legacoop dell’Emilia-Romagna a indicare le cooperative di paese come una risposta possibile per la garanzia dei servizi e la creazione di opportunità dai bisogni. Emblematico però che questo obiettivo sia ricercato attraverso protocolli di collaborazione con le Poste. Le alleanze devono essere fatte sul territorio, fra comuni, imprese locali e cittadinanza organizzata. Questa è la strada che può riguardare la corrispondenza, perché dovrà riguardare senz’altro fra non molto i trasporti e forse anche una parte dell’assistenza e della formazione. In montagna dobbiamo rivendicare pari diritti del resto del territorio sui servizi essenziali, ma anche città e pianura soffriranno duramente questo obiettivo nei prossimi anni e in montagna dobbiamo sapere e pensare di avere maggiori opportunità di organizzazione fra paesi, cittadini ed enti locali. Non diciamoci ancora una volta che siamo di meno, più vecchi e più stanchi. Proviamo a dirci invece che siamo abituati e capaci nel rimboccarci le maniche e nel ritrovare legami su valori e bisogni.

Gli amministratori diano fiducia al territorio e aprano spazi veri all’innovazione e alla capacità di auto-organizzazione della gente, ascoltando gli imprenditori che hanno saputo vincere sul mercato e i cittadini che non vogliono mollare. Dobbiamo ringraziare i tanti sindaci e amministratori che governano il territorio. E’ un impegno difficile e nella gestione delle risorse i nostri enti sanno essere eccellenti. La gestione non basta più. Dobbiamo saper mettere in discussione modelli e assetti pensati a Bologna e a Roma e che non sembrano mostrare altro che una pubblica amministrazione insostenibile o un mercato che non ci rispetta. Ogni mancanza sia pure occasione per una lettera di rivendicazione che esorta attenzione ma anche appuntamento per costruire nuovi servizi e con una diversa e più forte partecipazione imprenditoriale e sociale dei cittadini così come qui è possibile.

(Giovanni Teneggi, direttore provinciale di Confcooperative)