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50 anni di grazie, don Raimondo

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di Giuliana Sciaboni

– CAVOLA –
Un sacerdote buffo, simpatico, arguto, intelligente, un sacerdote di vecchio stampo, discreto, ma sempre attento, disponibile ad ascoltare e ad aiutare gli altri, sempre pronto a portare il suo conforto e il suo sorriso, un sacerdote grande ma umile non può che meritarsi profonda gratitudine e grandi festeggiamenti da parte dei suoi parrocchiani. E così è stato.
Una serata indimenticabile quella organizzata martedì scorso (7 agosto), al Cavolaforum, per celebrare i cinquant’anni di presenza di Don Raimondo Zanelli a Cavola di Toano, dove aveva fatto il suo ingresso come parroco il 5 agosto 1962.
In tantissimi hanno partecipato alla ricorrenza: i parrocchiani di Cavola, Corneto e Cerrè Marabino, ma non solo, anche molte altre persone che hanno conosciuto Don Raimondo e hanno voluto condividere con lui la gioia di questo importante momento, perché è un don che non si dimentica facilmente.  
La santa messa solenne si è svolta alle 20,15 nel teatro del Cavolaforum, trasformato per l’occasione in un luogo sacro. Una commistione di antico e moderno, quasi a rappresentare la forza comunicativa di Don Raimondo, un prete anziano il cui messaggio arriva, ancora, anche ai giovani. Una messa indimenticabile, molto coinvolgente, partecipata e commovente, allietata dalle bellissime voci della corale ‘Madonna della Neve’, allo stesso tempo gioiose e struggenti.  
Numerosi i parrocchiani, i confratelli e le autorità presenti che hanno voluto arricchire la funzione con le loro testimonianze e i loro ringraziamenti, in un’atmosfera di profonda e vera amicizia, stima ed affetto: Anna Paglia, Ivo Rondanini, Sergio Leandri, Roberto Zannini, Elisa Perre, don Achille Lumetti, monsignor Antemore Vezzosi, don Luigi Ferrari, il consigliere comunale Mario Ferrari, che ha portato anche i saluti e gli auguri del sindaco di Toano, e il consigliere regionale Fabio Filippi.
“Io sono un ‘compagno di merende’ – ha esordito don Achille Lumetti –, devo fargli gli auguri e chiedergli scusa, per i ‘tranelli’ che gli ho fatto. Un giorno, ad un convegno di 400 sacerdoti a Roma, il direttore aveva chiesto se qualcuno che voleva intervenire, io ho alzato la mano, dicendo che c’era qui don Trilussa che voleva rispondere. Trilussa è un poeta e scrittore romano, umorista, bravo e intelligente. Stavamo quasi per addormentarci, lui ha risvegliato l’assemblea. Ecco perché lo chiamo ‘compagno di merende’, perché è divertente”.
Tanti gli aneddoti spiritosi, ma anche i racconti e le reminescenze toccanti, sia del don sia dei parrocchiani, che testimoniano l’impegno nella missione pastorale e nella vita della comunità, la disponibilità, la generosità, la simpatia, l’intelligenza e il sorriso del don.
“Nel 1972 ho conosciuto mio marito – ha raccontato una parrocchiana, Elisa Perre –, dopo un po’ di tempo che ci frequentavamo lui voleva lasciar perdere, poi parlò con Don Raimondo e cambiò idea. Così dopo sei mesi ci sposammo, sono passati 38 anni e, grazie a Dio, la nostra famiglia è ancora unita. Dopo molti anni, mio marito fu colpito da una brutta malattia, Don Raimondo scrisse una lettera parlando del nostro caso, che fu recapitata a tutta la comunità parrocchiale, tutti aderirono con generosità, per questo ringrazio lui e tutti i parrocchiani”.
“Vengo dalla pianura, da Montecchio, ma sono stato ordinato sacerdote con Don Raimondo, il 4 luglio del 1954 – ha sottolineato monsignor Antemore Vezzosi –. Vorrei mettere in risalto tutti i meriti di Don Raimondo, anche per il nostro gruppo di sacerdoti, eravamo dodici. È sempre stato l’animatore, colui che porta la gioia di Gesù. Don Raimondo è stato ed è strumento del Buon Pastore, ma ha trovato anche dei bravi confratelli e dei parrocchiani che hanno saputo favorire la sua missione. Hanno capito che lui è venuto per ricordare quello che il Signore Gesù vuole per noi, per la nostra gioia, quello che il Padre vuole da noi, suoi figli: amore, collaborazione, aiuto vicendevole. Ringrazio per questo il Signore”.  
Per dimostrare l’affetto e la gratitudine dei parrocchiani sono stati offerti a don Zanelli due omaggi: un calice, donato da Silvio Scalabrini a nome della banca di Cavola e Sassuolo, e una pergamena, consegnato da Roberto Zannini e Sergio Leandri, rappresentati del consiglio pastorale e del comitato per gli affari economici.
Al termine della celebrazione il direttore del coro, Gaetano Borgonovi, ha intonato alcuni stornelli scritti da don Raimondo:

Viviam sperduti su tra gli Appennini,
messi quassù come i fiori alpini,
il cuor contento, la mente al ciel,
noi siamo i messaggeri del glorioso Evangel.

Con il bastone in man saliamo il monte,
ci inginocchiamo spesso alla sua fonte;
l’esempio di Gesù che viaggia stanco
il piede ci sorregge e ci rimane accanto.

A te cantiam le lodi, o Madre santa
Con gioia, con amor, con esultanza.
Pur nell’esilio mostraci un sorriso,
poi nella patria vera il paradiso.

La festa è proseguita poi con la cena conviviale, a cui è seguita l’estrazione dei biglietti della lotteria di beneficenza. Tra i premi, donati dal parroco, era stato messo in palio anche il suo motorino Motom, un’autentica moto d’epoca, perfettamente restaurata e funzionante, vinta da un villeggiante di Milano.

Nato a Palareto di Felina l’8 aprile 1929 dal matrimonio fra Maria Ganapini ed Enrico, don Raimondo era il terzultimo di nove fratelli. Ubbidiente, disciplinato e studioso, su consiglio di don Anastasio Corsi, entrò nel seminario di Marola a dieci anni. Fu compagno di banco di Rolando Rivi, il seminarista ucciso pochi giorni prima della liberazione, per il quale è in corso la causa di beatificazione.
Don Raimondo fu ordinato sacerdote a Felina il 4 luglio del 1954 dal vescovo Sergio Pignedoli e celebrò la sua prima messa in quella stessa chiesa l’11 luglio. Poi per otto anni fu priore a Succiso di Ramiseto. A quell’epoca la popolazione viveva in uno stato di grande povertà, ma don Raimondo non si scoraggiò, portò avanti la sua missione pastorale con convinzione, buonumore e discrezione, diffondendo il suo conforto e il suo sorriso. Dal ’57 al ’62 gli venne affidata anche la parrocchia di Miscoso.
Divenne parroco di Cavola il 5 agosto del 1962, giorno del santo patrono, la Madonna della Neve. Poi prese servizio anche a Cerrè Marabino, nel 1970, e a Corneto, nel 1995. È stato anche professore alle scuole superiori.
A Don Raimondo si devono la restaurazione del santuario della Madonna della Neve, della chiesa di S. Michele Arcangelo e della torre campanaria, distrutta nel terremoto del 1920, in cui si trovano cinque antiche campane dedicate alla Madonna, ai Santi e ai defunti.
Nel 2002, in occasione dei festeggiamenti dei quarant’anni di presenza di don Raimondo a Cavola, è stato pubblicato un opuscolo sulla vita del sacerdote, a cura di Ivo Rondanini, che ha delineato una figura di prete “calamitante”, dalla personalità poliedrica.
“Don Raimondo è un prete amatissimo dalla popolazione – ha affermato Rondanini –, non solo di Cavola, ma anche di altre parrocchie, come Valluciana. Si è sempre fatto ben volere anche dai giovani, nonostante la sua età avanzata. La presenza in chiesa di molti giovani anche dopo la cresima testimonia l’affetto e la stima che hanno per lui”.
Così lo ha descritto il suo amico e confratello don Lumetti,: “Il suo arguto e fine umorismo è in grado di insaporire anche i cibi più scialbi e le gite più sciatte. Con lui ogni piccolo evento diventa ‘un girotondo’ di gioia e di allegria. Ha un modo di esporre la fede lontano anni luce dal linguaggio dei politici: il suo è un incedere lineare e comprensibile. Il segreti del suo fascino? E’ una persona rassicurante, un uomo paziente, un parroco paterno, non entra in competizione con nessuno”.
Anche l’amministratore della parrocchia, Sergio Leandri, ha sottolineato il legame della popolazione verso questo sacerdote: “I suoi parrocchiani gli sono molto vicini, gli vogliono molto bene. È un prete di vecchio stampo, schivo, che non cerca la pubblicità. Questa festa ha voluto essere un riconoscimento e un ringraziamento da tutti i parrocchiani per la sua disponibilità e generosità, per i tanti anni trascorsi in questa parrocchia, da lui profondamente amata, e per tutto quello che ha dato alla gente”.

 

3 COMMENTS

  1. Ci siamo conosciuti sui banchi del Cattaneo e da allora (gli facevo dei temi chilometrici) non ci siamo più persi di vista. E’ stato ed è ancora adesso un punto di riferimento importante. Sapete, che sono passati 32 anni e anche ora lo chiamo e lui corre. Gli voglio molto bene e lo ringrazio di cuore per tutto il percorso fatto insieme. Quante domeniche passate a fargli da chierichetto nelle sue parrocchie. E, a volte, gli dovevo dare lo stop!! Una corsa per esaudire ogni svariata richiesta, tante messe per accontentare tutti e correre a consolare ogni dove, portare le comunioni ai malati, visitarli all’ospedale. Vorrei ci fossero oggi tanti suoi imitatori e noi ci sentiremmo meno soli e più
    ascoltati. Un autentico francescano naturale, che aggiungeva sempre un posto a tavola. Per me, è stata scuola di vita e un amico per sempre.
    Mi auguro tanto percorso ancora per il bene di noi tutti montanari.
    Grazie don Pierluigi.

    (Pierluigi Schenetti)