Mons. Gildo Beggi, nato il 1° luglio 1923 a Quattro Castella, ordinato sacerdote il 29.6.1947, era stato vicario cooperatore (curato) a Montecchio per 7 anni (1947-1954), segretario del Vescovo Beniamino Socche per 11 anni (1954-1965), poi parroco a S. Paolo città per 13 anni (1965-1978) e parroco a Toano per 23 anni (1978-2001). Nel contempo era stato anche amministratore parrocchiale a Costabona, inoltre parroco a Massa e a Manno.
Nel 2001 era ritornato a Montecchio come cappellano dell’ospedale e collaboratore pastorale per sette anni (2001-2008). Nel 2008, constatato che il peggioramento della salute non gli consentiva di svolgere alcuna attività pastorale, si era reso inevitabile il ricovero alla Casa del clero di Montecchio. In questi ultimi quattro anni le condizioni salute sono ulteriormente peggiorate, fino al punto che per Don Gildo era diventata impossibile, prima la comunicazione verbale, poi anche quella dello sguardo.
Ieri, domenica 29 luglio, verso le 21,30 la sua lunga esistenza terrena si è spenta lì, nella Casa del clero di Montecchio. Il funerale è stato fissato per mercoledì 1° agosto a Montecchio, nel Santuario della B.V. dell’Olmo alle 9,30. La salma sarà tumulata nel cimitero di Quattro Castella.
* * *
I momenti e i ruoli principali del percorso sacerdotale di Mons. Beggi, sono pertanto: Montecchio come prete novello, poi segretario del Vescovo Beniamino Socche; inoltre parroco prima a San Paolo città, poi per 23 anni a Toano. Mons. Beggi colpiva subito per la schiettezza e la cordialità nella comunicazione. Qualità che resero prezioso il servizio da lui fatto alla diocesi come segretario del Vescovo Socche. Era lui il tramite, il mediatore soprattutto tra il clero e il Vescovo, il quale poneva in lui grande fiducia anche perché conosceva la realtà diocesana. Il Vescovo Beniamino aveva molta stima del suo segretario, che lo informava sui problemi delle parrocchie e in particolare sulle proposte e anche sui lamenti soprattutto di sacerdoti. Spesso, quel segretario privo di ogni formalità, gli parlava con franchezza anche in dialetto reggiano, sdrammatizzando difficoltà o tensioni. Mons. Gildo ha svolto un prezioso ruolo di collegamento e mediazione tra il vescovo e la realtà diocesana. La sua vita ha avuto una svolta dopo la morte di Socche, quando ha assunto il ruolo di pastore in parrocchia, dove la mediazione tra sensibilità diverse dei parrocchiani spesso non è facile.
Don Gildo cercava un contatto diretto, franco con la sua gente, che pure lo apprezzava; ma quando non trovava corrispondenza ai suoi sforzi si interrogava sulla propria adeguatezza ad essere il pastore della comunità. La sua franchezza e immediatezza non sempre erano comprese da tutti. Fu lui stesso a desiderare, con rammarico della gente, una nuova parrocchia. Il Vescovo Baroni pensò a lui come figura autorevole per la montagna quando nel novembre 1977 morì tragicamente, investito da un’auto, il parroco di Toano Don Giorgio Canovi.
Don Gildo cercò di immergersi in un contesto di montagna da lui conosciuto in anni passati soltanto accompagnando il Vescovo Socche nelle visite pastorali. Subito si impegnò con grande generosità. Con il passare degli anni, il suo principale cruccio era la difficoltà di contatti con i giovani sempre più attratti da ben più facili proposte di vita.
Ritornato a Montecchio, riannodò i rapporti con i giovani di un tempo e soprattutto si dedicò con grande generosità alla visita, ben due volte al giorno, all’ospedale. Tanti malati, incoraggiati dalla sua cordialità e dalle sue parole lo ricordano con stima, gratitudine e affetto.
Don Gildo si prese anche cura dell’anziano padre di don Giorgio, che ebbi l’onore di ospitare a Villa Paola. Si occupava di quel “quasi padre”, dal caratterino non facilissimo, quasi come figlio, anzi come figlio. Non mi capitò poi così di frequente di vedere veri figli, così premurosi, coi veri padri. Oltre a don Gildo, ironia della sorte, si occupava amorevolmente del vecchio Canovi anche la signora Gilda. Il sig. Canovi era un antico castelnovese, se ben ricordo titolare dalla tabaccheria di via Roma, ancor prima della famiglia Bronzoni. Aveva una memoria fantastica! Gli piaceva giocare a scopone con me ma spesso, a causa di clienti o fornitori, dovevamo interrompere la partita che riprendevamo comunque il giorno seguente. Non ci crederete, ma il sig. Canovi ricordava il mio punteggio, il Suo e a chi toccava dar fuori le carte. Un castelnovino antico; uno dei tanti nostri compaesani di cui dovremmo andare fieri.
(Umberto)