A Fontanaluccia, provincia di Modena ma diocesi di Reggio, nei giorni scorsi si è svolta la festa dell’ammalato. Circa 250 persone sono convenute da diverse case della carità, anche dal bolognese. Non mancavano quelle del nostro Appennino: Cagnola, Busana, S. Giovanni di Querciola… Alla celebrazione eucaristica, officiata dal parroco don Luigi Ferrari, sentita e gioiosa, con molti canti e anche danze attorno all’altare e poi il “Padre nostro” ripetuto in quattro lingue rappresentative della collocazione geografica di molte delle realtà della grande famiglia fondata da don Mario Prandi (indi, malgascio, albanese, italiano), ha fatto seguito il pranzo e un pomeriggio con animazioni trascorso assieme nell’attiguo “Palaprandi”.
Il prossimo 6 settembre aprirà una nuova casa, in Albania, a Laç, a nord di Tirana, poco distante da mare. Per l’occasione ogni “casa” ha portato un dono, segno di fratellanza e di augurio.
A questo proposito compare sul numero 122 di giugno u.s. di "Reggio missioni" un'intervista a don Romano Zanni, superiore delle case della carità, che rispondendo ad una domanda spiega il significato di questa apertura: "Ha il significato - dice - di un dono. Le chiese di Reggio Emilia-Guastalla e di Sapa (la diocesi albanese interessata, ndr) camminano da venti anni insieme, in un aiuto fraterno, per l'annuncio del Vangelo in una terra martoriata da un regime che l'ha perseguitata e ha cercato di cancellare ogni traccia del divino e del sacro. Dieci anni fa, con l'invio di un sacerdote fidei donum, don Carlo Fantini, accompagnato da diversi laici, si è costituita una comunità stabile a cui sta dando continuità don Stefano Torelli. Ed ora, su insistente richiesta del vescovo della chiesa di Sapa, mons. Lucjan Avgustini, il dono della casa della carità quasi a coronamento di questo cammino tra chiese sorelle. Potremmo dire che la chiesa di Reggio offre alla chiesa di Sapa un dono che la caratterizza, come già fatto per il Madagascar, l'India e il Brasile. La costante e perseverante insistenza del vescovo Avgustini nel chiedere la casa della carità era motivata dall'argomentazione che non voleva un'ennesima struttura assistenziale, ma la casa della carità per il suo stile e la spiritualità di cui è portatrice. Continuava a dire: 'Io ho bisogno della casa della carità per la mia gente; è per me un bisogno pastorale'. In effetti, la casa della carità, con il suo vissuto, testimonia un modello di chiesa. Attraverso la spiritualità delle tre mense aiuta la parrocchia ad esprimere il suo essere chiesa più vero. Non è quindi un dono materiale: la casa se la sono costruita loro e a loro spese, ma è la condivisione di un carisma che la diocesi di Reggio si è ritrovata tra le mani e che non può tenere per se stessa. Don Mario Prandi avrebbe voluto una cdc in tutte le parrocchie, non per una mania di espansione ma per avvicinare a tutte le comunità questo tabernacolo-palestra della presenza del Signore, per tutti i cristiani; infatti, descriveva la cdc come 'un parafulmine che attira la misericordia di Dio, un lenzuolo che copre una moltitudine di peccati della comunità stessa, una scuola e una palestra di vita cristiana, un segno della premura e Provvidenza di Dio e un germe di ricostruzione comunitaria'. Mi pare che il vescovo di Sapa abbia colto bene questi aspetti".
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E' in programma domenica 22 luglio una giornata di amicizia a Castelnovo ne' Monti. Sr. Rita e sr. M. Grazia, della famiglia delle Carmelitane minori della carità, si apprestano a partire per la diocesi di Laç Vau-dejes, dove appunto fiorirà una nuova struttura. La prima nel territorio albanese. Il programma prevede alle 10 la Messa nella chiesa della Resurrezione; alle 11 una seconda celebrazione, stavolta nella chiesa della Pieve, con testimonianza, piccolo concerto e aperitivo; alle 12 pranzo insieme alla comunità albanese nel salone della Pieve (info: casa della carità di Cagnola, tel. 0522613319; File, 3880321385; Marco, 3337025463; Giacomina, 0522811977).