Dopo la bocciatura di febbraio Moody’s ha deciso di tagliare di due scalini il rating sui titoli di Stato italiani portandoli a Baa2 da A3, mantenendo un outlook negativo. In soli cinque mesi dunque la scure dell’agenzia di rating colpisce per la seconda volta il nostro Paese portandone il rating a solo due livelli sopra il livello junk, quello cioè dei titoli spazzatura.
Tra le motivazioni gli esperti dell’agenzia di rating, puntano il dito sul deterioramento delle condizioni economiche dell’area euro, il rischi per la possibile uscita della Grecia con possibile contagio per l’area periferica. Preoccupazioni inoltre per la Spagna ed il suo sistema bancario.
La decisione non ha mancato di alimentare reazioni anche dal mondo politico ed economico con il ministro Passera in prima linea a criticare la decisione che non terrebbe adeguatamente conto degli sforzi fatti dal governo Monti sia in termini di misure assunte, sia sul fronte delle riforme per rilanciare la crescita.
La reazione che si temeva di più in realtà era quella dei mercati in particolare sui titoli di Stato Italiani. Per fortuna la ,decisione non ha impattato più di tanto sull’asta dei Btp anche se lo spread rimane pericolosamente alto, su livelli decisamente impegnativi da sostenere.
Cerchiamo dunque di capire quali effetti questa decisione ed in particolare l’outlook negativo può avere sui nostri investimenti e quali cautele adottare per non subirne le conseguenze.
Coerentemente con il nostro stile rivolto a rendere accessibile a tutti i linguaggi più o meno complessi usati nel mondo finanziario, iniziamo a spiegare cos’è il rating e cosa significa averlo portato a soli due livelli sopra quello dei titoli cosiddetti spazzatura.
Sostanzialmente il rating è un giudizio che esprime il grado di affidabilità nello specifico del nostro Paese. La capacità dunque dell’Italia di onorare i propri debiti. Maggiore è il rating (AAA il livello massimo), maggiore è la copertura del debito assicurata dall’emittente. Man mano che scende il rating, maggiori sono le preoccupazioni (evidentemente circostanziate) che fanno temere possibili difficoltà nei rimborsi dei titoli. Questo si traduce da subito nella necessità per l’emittente di aumentare il tasso riconosciuto ai sottoscrittori dei titoli per ripagarli dei maggiori rischi assunti.
Oggi la Germania è ritenuta fra i Paesi più virtuosi e può permettersi di pagare tassi sotto il 2% sui decennali contro tassi del 6% e 7% circa di Italia e Spagna.
Fondamentale è che i titoli non scendano sotto il livello investment grade. Quando avviene questo ed i titoli sono classificati junk (spazzatura), molti fondi per regolamento sono costretti a riassettare i portafogli estromettendo questi titoli ed alimentando la discesa dei corsi.
Questo non significa necessariamente che i titoli junk non possano essere acquistati ma certamente è opportuno avvicinarli attraverso fondi specializzati che hanno gli strumenti e le professionalità per tenerli adeguatamente monitorati.
Possiamo quindi concludere affermando che la decisione di Moody’s certo non aiuta il nostro Paese ad uscire dalla crisi e che forse è prematuro prendere posizioni importanti sui nostri titoli di Stato che dopo le forti perdite registrate soprattutto nell’estate 2011 sono ancora sotto stretta osservazione degli operatori.
Presumibilmente oggi è meglio privilegiare titoli di debito pubblico dei Paesi emergenti dove il rapporto debito pubblico/Pil viaggia intorno al 40%, la crescita è ancora su livelli importanti e le valute stesse dei paesi sono viste in rafforzamento sia contro dollaro sia contro euro.
Certo anche in questa direzione è peraltro opportuno muoversi attraverso fondi specializzati che possano assicurarci adeguata diversificazione e controllo dei rischi.