Precariato e disoccupazione, innumerevoli giovani non sono né a scuola né al lavoro.
I giovani italiani in base alle statistiche dell'Employment Outlook dell'Ocse pubblicato qualche giorno fa sono nelle seguenti condizioni: il tasso di disoccupazione giovanile nel 2007 era del 21,6% contro il valore attuale del 36,2% e il saggio di disoccupazione di lungo periodo (oltre 12 mesi) è passato da poco più dell'8% della forza lavoro giovanile al 15,8% (contro 3%-5% della media italiana). L'incidenza della disoccupazione di lungo periodo sulla disoccupazione giovanile totale è passata quindi dal circa 38% al 43,6%. In Appennino, certo, non va meglio. Altro capitolo assai dolente è quello dei ragazzi che non hanno un'occupazione e al tempo stesso non sono a scuola o in formazione ('not in employment, education or training'). Secondo i dati Ocse sono pari a circa il 20% della popolazione tra 15 e 24 anni, il terzo peggior dato tra i Paesi industrializzati, alle spalle di Turchia e Messico e il doppio rispetto agli altri big europei.
Il totale dei disoccupati nell'eurozona che potrebbe passare dagli attuali 17,4 milioni a 22 milioni nei prossimi 4 anni, se non ci sarà un cambiamento concertato delle politiche. E' quanto afferma il Rapporto dell'Ilo. "La crisi dell'occupazione nell'Eurozona: tendenze e risposte politiche". Lo studio avverte che, se non ci sarà un cambiamento di rotta delle politiche nell'insieme dei paesi della moneta unica, nuove difficoltà sorgeranno sia nei Paesi che attualmente sono sotto pressione che in quelli in cui la situazione è più stabile. "Non è solo l'Eurozona a trovarsi in difficoltà, ma è l'intera economia globale che rischia di essere contagiata", ha affermato il direttore generale dell'Ilo, Juan Somavia. "Se non saranno avviate misure per aumentare gli investimenti nell'economia reale, la crisi economica peggiorerà e non sarà possibile nessuna ripresa dell'occupazione. Abbiamo anche bisogno di un consenso globale che ci conduca ad un nuovo modello di globalizzazione e di crescita ricca di occupazione. Le Nazioni Unite, le Istituzioni di Bretton Woods e il G20 hanno la responsabilità di guidare questo percorso", ha aggiunto. Nel breve periodo, le conseguenze di una recessione prolungata del mercato del lavoro saranno particolarmente dure per i giovani in cerca di occupazione. Dal 2010, la disoccupazione è cresciuta in più della metà dei 17 paesi della regione e oltre 3 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni sono disoccupati. Più di un terzo delle persone in età da lavoro sono disoccupate o escluse dal mercato del lavoro e la disoccupazione di lunga durata è in crescita. Anche le economie più forti dell'eurozona sono a rischio.
Fin qui le valutazioni degli organismi internazionali. Sorge però una domanda. Qualcuno dovrebbe spiegare perchè in Italia ci sono 4 milioni e 500 mila stranieri che lavorano regolarmente (per parlare degli stranieri regolari, in pratica il 20% del numero degli italiani emigrati dal 1876 al 1924; gli stranieri non ufficiali potrebbero essere almeno il doppio!)
Qualcuno dovrebbe spiegarci se questi 4,5 milioni di extracomunitari regolari - e al lavoro in Italia - si sono - per caso - portati il lavoro da casa!
Se circa 4,5 milioni di extracomunitari lavorano in Italia vuol dire che un posto lo hanno trovato e dunque perché i nostri ragazzi, sempre tanto oggetto di attenzioni , languono per la sterilità del mercato. Qualcuno ce lo vuole chiarire?
Bella riflessione finale, Rossella… Perchè i nostri giovani non trovano lavoro? O meglio io la trascriverei coì: perchè i nostri giovani non vogliono trovare lavoro? Quello che sto verificando io, lavorando tanto con i giovani, è proprio il fatto della mancanza di flessibilità mentale (non per tutti ovviamente), mancanza di creatività e di voglia di mettersi in gioco. D’altra parte li capisco, io stessa ho impiegato 10 anni per mettermi in gioco e crearmi il mio spazio lavorativo. Quando mi trovo a parlare con persone (giovani o non) che si lamentano o sono in crisi per il lavoro e gli chiedo: “Bene, cosa puoi fare per crearti uno spazio, che obiettivo vuoi porti” la maggior parte delle volte la risposta fa fatica ad arrivare. Proprio per questo motivo sarebbe molto importante insegnare a farsi delle domande utili, che portano all’azione (del tipo: cosa posso fare per, piuttosto che: perchè proprio a me).
(Caterina)
Cerchiamo di contestualizzare il problema lavoro per la montagna. Intanto inizio dicendo che mi ritengo molto fortunato per la mia occupazione, ma la fortuna penso sia stata anche trovarlo, un lavoro. Sono stanco di sentire affermazioni come quelle di Caterina che dicono che i giovani non vogliono mettersi in gioco. Non è vero. Faccio colloqui a ragazzi neolaureati e diplomati frequentemente, e tutti i ragazzi che ho colloquiato erano desiderosi di mettersi in gioco. Tornando al discorso della contestualizzazione bisogna dire una cosa: il montanaro è discriminato. Sai, se abiti a Castelnovo Monti, per non dire più in su, quando ricevono un tuo curriculum a Reggio Emilia ci pensano 2,3,4,5 volte prima di chiamarti. Chi legge il tuo curriculum, se non è un disadattato montanaro, non capisce che per te fare due ore di macchina tutti i giorni non è un problema, che se a sera devi fermarti di più a lavoro non ti fai problemi nonostante dovrai farti un’ora di macchina per tornare a casa. Chi legge i curriculum, quindi, tendenzialmente ti scarta a priori. Allora magari ti conviene dichiarare che comunque hai il domicilio a Reggio, da un parente o da un amico. In tal caso le tue possibilità di andare a fare il colloquio aumentano, ma stai comunque mentendo. Poi ci sono alcuni datori di lavoro che vogliono sentirsi mentire, e ti dicono “Potrei prenderti, però devi trovarti un domicilio a Reggio Emilia”. Naturalmente quanto scritto è per chi si vuole immettere nel mondo del lavoro, e non per chi c’è già dentro. Allora, se già normalmente per un giovane è dura iniziare a lavorare, per un giovane della montagna lo è ancora di più. Poi ci vogliamo anche aggiungere che siamo in un periodo di crisi economica, che, se ti assumono, ti assumono con un contratto di tirocinio con rimborso spese di 500€, che te li bruci in carburante, e che probabilmente finiti i 6 mesi di tirocinio c’è anche il rischio che ti lasciano a casa, non tanto per le tue capacità, ma perchè chi hai davanti più di 500€ non te li può dare, e un altro tirocinio non lo puoi fare. Però, d’altronde, il problema sono i giovani sfaticati e mammoni, e non di chi dall’altra parte (aziende e Stato) non favoriscono l’ingresso dei giovani. Semplici punti di vista. Investire sui giovani a mio parere è la strada giusta, e se guardo l’azienda per cui lavoro è anche la strada del successo. Cari neo-diplomati e cari neo-laureati forza e coraggio e non fatevi prendere dalla sconforto!
(Alessandro Torri Giorgi)