Le sorti di un continente intero e, di riflesso, dell'economia globale dipendono da un singolo vertice di paesi europei? Forse sì o forse no.
Troppe volte abbiamo assistito a dichiarazioni di estrema urgenza e gravità della situazione e di necessarie ed immediate misure da prendere, pena la catastrofe. Troppe volte da tali vertici si è usciti con un niente di fatto, o quasi. Che dire allora del vertice tenutosi a Bruxelles la settimana scorsa?
Pare che una qualche risposta immediata sia stata fornita, sulla base di una importante presa di posizione italiana supportata dalla Spagna ed in certa misura anche dalla Francia.
I prossimi giorni diranno se questo basta. Di certo è di immediata urgenza il rimettere in carreggiata il programma con la Grecia oltre che sui due nuovi fronti che si sono aperti quelli con la Spagna e Cipro (per questa piccola nazione si deve ricordare che il destino vuole venga investita dal 1 luglio della responsabilità della presidenza del Consiglio Ue).
Di certo non si possono dire del tutto allontanati i fantasmi del ritorno alle valute nazionali. Con la lira, o la dracma, italiani e greci stavano meglio che con l'euro?
Numerosi politici ed economisti dicono di no, ma non mancano le visioni contrarie, soprattutto tra la gente comune.
La linea ufficiale dell’Europa pare comunque assolutamente concorde: l'euro non è una porta girevole, tanto che nei Trattati la possibilità di uscire dalla moneta unica non è nemmeno contemplata.
Certamente, sarebbe rendere migliore servizio alle persone quello di descrivere alla gente che cosa succederebbe ai loro redditi e risparmi nel momento del «change over» di un'uscita dall'euro.
In teoria se la Grecia decidesse il ritorno alla dracma dovrebbe porre vincoli assoluti sui movimenti di capitale e sui viaggi in Paesi esteri.
Oltre a doversi affannare in tempi rapidi per ristampare la nuova carta moneta. Il passaggio però non avverrebbe in tempi rapidi e servirebbero misure transitorie tra le quali il congelamento dei conti correnti fino alla loro conversione nella dracma. Altra manovra da attuare in tempi rapidi sarebbe quella di decidere il tasso di cambio tra la vecchia e la nuova valuta.
Appare facile profezia quella di prevedere che con il ritorno alla dracma, la gente prenderebbe d'assalto le banche per ritirare i depositi in euro e portarli all'estero prima; e da qui, oltre al congelamento dei c/c si dovrebbe appunto aggiungere il divieto di espatrio, che però in Europa sarebbe impossibile da attuare (è vigente il diritto di libera circolazione dei cittadini europei). E che dire poi della conversione dei salari e dei redditi nella nuova valuta; sarebbero necessarie misure e leggi ad hoc. I mutui e le carte di credito dovrebero essere immediatamente ridenominati nella nuova valuta in modo da evitare un'ondata di bancarotte (la nuova valuta sarebbe infinitamente più debole dell’euro).
Analoga sorte (ridenominazione in nuova valuta) toccherebbe ai titoli di Stato. E non sottovalutiamo il caos del commercio e della vita quotidiana i negozi dovrebbero cambiare tutti i registratori di cassa, i computer andrebbero riprogrammati e persino le macchinette distributrici di ogni sorta di merce andrebbero sostituite per accettare la nuova valuta.
In tutto questo che assomiglia ad un delirio senza fine, non si può che sperare che le misure approvate da questo vertice europeo abbaino la forza di reggere l’urto dei mercati, così come di primo acchito pare stia accadendo.
Nei prossimi giorni capiremo se prevarrà la politica o l’avranno vinta le potenze finanziarie.
Però non facciamo finta di non sapere che la politica e le potenze finanziarie spesso coincidono, un semplice esempio : Mario Monti.
(Fernando)