Sotto il titolo di S. Pancrazio
Il borgo di Castelnovo era assai distante dalla Pieve di Campiliola ed è naturale che in esso fosse stata eretta, fin da subito, una cappella al servizio della gente del luogo.
Il “Castrum Novum” fu donato nel 1111 da Matilde al monastero di S. Apollonio di Canossa, assieme a Felina e Sarzano. La donazione fu confermata nel 1116 dal papa Pasquale II e dall'imperatore Enrico V. Nel 1156, poi, una bolla di papa Adriano IV confermò ulteriormente la medesima donazione all'abate Manfredi. “Castrum Novum cum capella et curte”, si legge su quel documento.
Il monastero di Canossa conservò per secoli possedimenti, diritti e privilegi sul nostro territorio, anche dopo la fine della potenza dei Canossa quando il monastero passò in commenda e, addirittura, fino al XIX secolo.
La “curte” era il borgo adagiato all'ombra del “castrum” e la “capella” era la sua chiesetta, forse quella di San “Brancazio” fatta edificare dall'abate di Canossa (gg, sm, 20).
Ad oggi non v'è alcun documento a prova di dove essa si trovasse e, dunque, prendiamo per buona l'asserzione del Monti secondo il quale l'Oratorio era sul monte Castello, presso la torre, ove saranno rinvenuti resti di antiche sepolture (um, cm, 52). D'altra parte è documentato che sino alla fine del XV secolo anche le principali istituzioni civili castelnovesi, la podesterìa e la notarìa, ebbero sede proprio lassù, nella rocca, da dove incominciarono a trasferirsi nel borgo agli inizi del '500 (mtc, I). Ed in quel tempo anche l'Oratorio di S. Pancrazio venne ricostruito più a valle, ad opera della famiglia “della Silva-Magnani”, la più facoltosa del paese, che proprio allora era all'apice della sua potenza economica. Achille ed il figlio Alberto, esponenti di uno dei principali rami di quel vasto casato, costruirono la cappella non all'interno del borgo, ormai affollato di case, apoteche (botteghe), orti, stalle e fienili, ma in un prato di loro proprietà, posto poco al di fuori di uno dei tre ingressi del borgo: quello sotto la “volta” ancora oggi esistente.
Achille Silvi risulta già deceduto nel 1516, pertanto la nuova cappella di S. Pancrazio venne costruita nei primissimi anni del '500 o, fors'anche, sul finire del '400.
La storia successiva dell'Oratorio posto sotto il titolo di S. Pancrazio sarebbe stata piuttosto breve ed avrebbe accompagnato l'inizio del declino della famiglia patrona.
Cercherò di ricostruire quella vicenda, non poco intricata, ricavandola da un prezioso carteggio del 28 e 29 novembre 1617 (acvre). Data la sua lunghezza, non lo trascriverò integralmente ma ne utilizzerò il contenuto compenetrandolo di informazioni, genealogiche e non solo, tratte dall'importante ricerca della signora Maria Teresa Cagni Di Stefano (mtc, I e II) nonché dai libri canonici ed altre carte della Pieve (apcm).
Il suddetto carteggio comprende, innanzitutto, un atto pubblico rogato dal notaio della curia ducale di Castelnovo ne' Monti in presenza del podestà dott. Alfonso Cantelli, che raccoglie le deposizioni giurate di quattro testimoni.
La pratica sembra rientrare in un'azione legale intrapresa dal sig. Achille Silvi, appunto nel 1617, per risolvere a suo favore una vertenza sulla proprietà dell'Oratorio di Castelnovo. Egli era “cerusico” di professione (una sorta di chirurgo ante litteram, dedito a curare piaghe e ferite, cavare denti, togliere le cateratte dagli occhi, ecc.), grande proprietario terriero e ricchissimo. L'omonimo edificatore dell'Oratorio di S. Pancrazio “fuori le mura” era stato suo bisnonno.
Dinnanzi al podestà Cantelli deposero: lo stesso Achille Silvi, Giovanni Battista Soli, Giovanni Frascari e Giovanni Manetti, tutti di Castelnovo. Del carteggio, inoltre, fanno parte le “fedi” autografe di altri due testi: don Bernardino Silvi e don Giovanni Borromeo. Tutti costoro giurarono di avere visto e sentito dire che la cappella di Castelnovo era sempre appartenuta ai Silvi.
Il sunnominato Alberto Silvi, che assieme al padre Achille costruì l'Oratorio (a volte, i due sono detti “Magnani”, come ormai venivano promiscuamente chiamati i membri di quella famiglia), ebbe cinque figli, tra i quali don Antonio Maria. Quest'ultimo condusse una vita a dir poco “singolare”, specie se giudicata col sentire odierno. Residente nella sua casa nel borgo, fu a lungo cappellano alla Pieve in combutta con l'arciprete commendatario di allora, il nobile pavese don Raffaele Corte (periodo 1532-1565). Questi abitava altrove ed aveva lasciato andare in rovina la chiesa e gli edifici circostanti. Don Antonio Maria, che fu anche suo agente e procuratore, visse more uxorio con una donna che gli diede tre figli. Uno di essi, Giulio, diverrà prete a sua volta e, nel 1581, lo troviamo prevosto di S. Andrea delle Carpinete (nota: situazioni come queste ultime, purtroppo, non erano rare, a quei tempi, nel mondo cattolico europeo ed anche per porre fine ad esse la Chiesa convocò il Concilio di Trento, 1545-1563).
Don Antonio Maria riceveva in casa propria dei giovani per prepararli al sacerdozio (!) e fra essi, appunto, Bernardino Silvi e Giovanni Borromeo che, nel 1617, saranno rettori, rispettivamente, di Vologno e di Garfagnolo. Inoltre, a partire dal 1553 e per alcuni anni, lo stesso don Antonio Maria fu beneficiario dei redditi della parrocchia di Costa come procuratore di due successivi rettori commendatari. Ma, soprattutto, dall'atto di cui stiamo parlando emerge che egli esercitava una sorta di monopolio sull'Oratorio di S. Pancrazio, del quale deteneva le chiavi, il calice ed il messale. Chi voleva celebrare o far celebrare una Messa doveva rivolgersi a lui.
Nel 1576, finalmente, arrivò a Castelnovo, e vi si stabilì, un rettore montanaro: l'arciprete don Ambrogio Iattici. Da quel momento, la firma di don Antonio Maria Silvi scomparve dai registri della Pieve.
Lo ritroviamo il 17 febbraio 1577, in veste di testimone, al matrimonio fra Orsina Silvi (sua parente) e Filippo Vologni, celebrato “in Oratorio Castrinovi” alla presenza di don Ambrogio.
L' Oratorio è spesso menzionato in documenti ecclesiastici e notarili del XVI secolo, ma quasi sempre in termini generici, cioè senza l'indicazione del Titolare. Solevano scrivere soltanto “Oratorio” oppure “Chiesiola”, “Chiesiolla”, “Gesiola” o “Ghisiolla”, con forme espressive tipiche del parlato dialettale. E fu quasi sempre così, soprattutto prima del passaggio del titolo da San Pancrazio a Santa Maria Maddalena.
Sotto il titolo di S. Maria Maddalena
Ma quando avvenne questo passaggio? E perchè? E da chi fu deciso?
I documenti emersi fino ad oggi non consentono di fornire risposte precise a questi tre interrogativi.
Si possono però avanzare fondate ipotesi sulla base di provati indizi esistenti.
In merito al “quando”, appare certo che la transizione avvenne nel periodo dell'arciprete Iattici, tra il 1583 ed il 1591. Il 27 marzo ed il 4 aprile 1583, infatti, i maggiorenti di Castelnovo fecero rogare dal notaio Piramo Vologni una raccolta di fondi per restaurare “Oratorium Sancti Pancratij protectoris Castrinovi” che dicevano fosse in pessime condizioni a causa della sua vetustà (ma la causa doveva essere, soprattutto, nelle modalità e nei materiali impiegati per la costruzione della cappella). Nel 1591, invece, sui decreti della Visita pastorale del vescovo Giulio Masetti è scritto che l'Oratorio era fondato sotto il titolo “Sanctae Mariae Virginis”. Si tratta certamente di un errore del canonico scrivente che, ritornato a Reggio al termine della Visita, nel redigere il documento scrisse “Vergine” anziché “Maddalena”, per distrazione o difetto di memoria. Certamente, se il titolo fosse stato S. Pancrazio non lo avrebbe confuso con S.ta Maria Vergine.
Nella stessa occasione, poi, il vescovo Masetti ordinò che nella cappella fossero provveduti l'immagine della Titolare ed il Crocifisso “con i denari della società in essa fondata” della quale, al momento della Visita, era “presente il priore, sig. Giovanni Battista Tonelli”. E questo ci porta alla questione più delicata: il perchè del cambio della dedicazione.
Anche durante le deposizioni giurate del 1617 viene nominata la società (cioè la confraternita) eretta nell'Oratorio di Castelnovo ed i testi affermano che, appena istituita, fu proprio essa a provvedere alle riparazioni urgenti di cui la chiesetta ebbe bisogno, perchè “pioveva sull'altare e vi scorreva un canale d'acqua”. E che “la società riparò il tetto e rifece il pavimento. Vi lavorarono quelli del luogo a nome della compagnia ed i signori Giovanni Prospero Pacchioni ed il figlio Narciso fecero portare le piastre per il pavimento”. Uno dei testi afferma che “dal momento in cui si è cominciato a fabbricare nella Chiesola lo si è fatto a nome della società e come se fosse cosa della medesima”. Ovviamente i lavori di cui parlano i testimoni del 1617 sono quelli avviati in seguito all'iniziativa dei castelnovesi rappresentata nel sunnominato atto rogato il 27 marzo 1583.
Subito dopo, probabilmente, avvenne la rottura fra la famiglia di Achille Silvi e la nuova società che, di fatto, per via anche dell'impegno economico profuso, le aveva sottratto il possesso dell'Oratorio. La suddetta società era la “Confraternita della SS.ma Trinità” che troveremo attiva nel corso del XVII secolo nell'Oratorio di Castelnovo. Non è un caso che alla SS.ma Trinità fosse dedicata anche la cappella della famiglia Pacchioni nella chiesa della Pieve: quella centrale, dalla parte dell'Epistola (“in cornu Epistulae”), cioè nella navata destra guardando dal fondo.
Quanto alla scelta di S. Maria Maddalena come nuova Titolare del restaurato Oratorio, è possibile che ad essa si fosse arrivati per l'arbitrato di una qualche Autorità superiore chiamata a porre termine alla lacerante frattura creatasi nel paese per il contrasto fra la nuova confraternita, forte del prestigio conferitole dall'istituzione canonica ricevuta, e l'ancora importante ramo dell'antico casato dei Silvi-Magnani. Inoltre, non è da escludere che a penalizzare quest'ultimo avesse contribuito la situazione “di grandissimo scandalo” dovuta alla chiacchierata condotta di don Antonio Maria, della quale, e lo sappiamo per certo, era già pervenuta notizia in vescovado. C'è da aggiungere a questo proposito che, come si deduce dalle risultanze della Visita del vescovo Claudio Rangone, nel 1593 non era più menzionato il sepolcro dei Silva-Magnani nella chiesa della Pieve, dove invece era stato dato presente fino a qualche anno prima (mtc, II, 208).
La scelta di S. Maria Maddalena, tuttavia, non fu né immotivata nè casuale. Basti ricordare che la sua ricorrenza, il 22 luglio, era inserita nell'elenco delle festività prescritte dagli “Statuti castelnovesi” del 1492, proprio come quella di S. Pancrazio. Quella Santa, infatti, godeva di grande popolarità e devozione nella nostra montagna, come testimoniano gli oratori e le cappelle a lei intitolati: Cerezzola, Saccaggio, Monte Ventasso e Valestra. Senza contare, poi, la chiesa di S. Maria Maddalena a Reggio (oggi non più esistente, era posta ai margini dell'attuale Piazza Fontanesi). Inoltre, la Maddalena era Santa protettrice dei frati predicatori appartenenti agli ordini mendicanti, domenicani ma anche cappuccini, spesso presenti (e sicuramente ascoltati) da queste parti.
Riassumendo, possiamo dire che: 1) il primo Oratorio di Castelnovo era dedicato a S. Pancrazio e si trovava all'interno del borgo o, forse, sulla sommità del monte accanto alla rocca; 2) agli inizi del XVI secolo, o anche prima, venne ricostruito a valle della rocca, nella posizione attuale; 3) nel penultimo decennio del '500 mutò il titolo da S. Pancrazio a S. Maria Maddalena; 4) da allora il culto di S. Pancrazio, lungi dall'essere impedito, fu trasferito nella ben più importante Chiesa Arcipresbiterale della Pieve dove al Santo, detto compatrono di Castelnovo, venne concessa la cappella posta “ad dexteram” dell'altare maggiore; 5) per adornare l'altare di S. Pancrazio, alla Pieve, fu commissionata la pregevolissima pala di Orazio Perucci (1548 ca.-1624) tuttora presente nella chiesa.
(Corrado Giansoldati)
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Fonti consultate:
apcm: Archivio parrocchiale di Castelnovo ne' Monti
acvre: Archivio Curia Vescovile di Reggio Emilia
gg, cm, n°: Giuseppe Giovanelli, “Castelnovo ne' Monti-La fiera di S. Michele”, pag.
mtc, I/II, n°: Maria Teresa Cagni Di Stefano, “Castellanze di Montagna”, vol.I/II, pag.
um, cm, n°: Umberto Monti, “Castelnovomonti”, pag.
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