La guerra è finita da 67 anni ma non è invecchiata: per qualcuno è ferma alla prima età, al papà che non è tornato, a una maturità senza più un fratello. Spesso senza alcuna conoscenza del luogo e del modo in cui la morte è avvenuta, senza una tomba su cui piangere. Qualche nipote ha raccolto nel tempo il testimone ed ha voluto saperne di più. È il caso di Roberto Zamboni di Verona che, partito alla ricerca della sepoltura dello zio di cui si sapeva solo che era morto in Germania, si è reso conto di quanto oblio circondi ancora la sorte dei caduti e non ha più smesso. Ora non solo ha raccolto le informazioni sotto il significativo titolo di Dimenticati di Stato ma ha scritto a tutti i Comuni perché informino i parenti sui dati ritrovati.
Sul suo sito www.robertozamboni.com spiega: “Non sono un ricercatore di professione, non ho titoli accademici, e lo studio che porto avanti non ha mai avuto la pretesa di avere un valore scientifico. Faccio tutto ciò solo per dovere di cronaca e per pietà nei confronti di chi ha perso un congiunto in prigionia o per motivi di guerra e non ha mai ricevuto le adeguate informazioni sul luogo di sepoltura del proprio caro”. E ancora: “Lo studio, partito inizialmente come ricerca familiare, si è con il tempo sviluppato e dilatato in una vera e propria ricerca (tuttora in corso) su un aspetto poco conosciuto a ricercatori e storici e, come avrei potuto appurare col tempo, quasi totalmente sconosciuto ai parenti dei Caduti. Dov’erano state sepolte le centinaia di deportati civili morti dopo le liberazioni dei campi di concentramento? E le migliaia di Internati Militari Italiani deceduti per le violenze subite nei campi di prigionia? Erano realmente tutti dei “dispersi” o avevano trovato degna sepoltura?”.
Iniziata nel 1995 la ricerca, “dalla fine della Seconda Guerra mondiale, questo è il primo elenco (oltre 16.000 nominativi di base) che sia mai stato reso pubblico in forma integrale, riguardante i nostri connazionali deceduti in prigionia o per cause di guerra e sepolti nei sei principali cimiteri militari italiani in Austria, Germania e Polonia.
Un lavoro immane, come si può immaginare, 22 pagine di nomi e dati per la sola Reggio Emilia, provincia per la quale è stata preziosa la collaborazione di Istoreco e in particolare di Amos Conti. Difficile la fase della raccolta dati in Germania, ma non facile anche quello di ricerca delle famiglie. Dapprima un grosso aiuto è venuto dai Carabinieri, poi l’intervento del Commissariato generale Onoranze Caduti in Guerra ha impedito questa collaborazione e Roberto Zamboni si è rivolto direttamente a giornali e comuni.
A Reggio hanno arricchito l’Albo d’Onore di Istoreco, sono stati pubblicati da quotidiani locali, 8 hanno raggiunto anche il comune di Casina: Luigi Baroni, Corso Dallari, Ultimio Ferri, Battista Gatti, Cesarino Giovanardi, Pasquino Pellicciari.
“A Casina ne abbiamo avuto notizia attraverso un foglietto di 8 nomi portato da un amico alpino, Amedeo, pregato da Istoreco di rintracciare i parenti. – dichiara Giovanna Caroli, che a lungo si è dedicata a rintracciare caduti e deportati della nostra montagna prima di assumere l’incarico di assessore a Casina - Mi è parsa subito una cosa notevole: so cosa vuol dire fare ricerca e soprattutto so cosa vuol dire avere un papà che non è tornato: ben me lo hanno insegnato Marta, Anna, Carla, Giuliano e tanti altri figli di caduti di cui ho pubblicato le lettere. Naturale desiderare di conoscere dal vero, dal suo stesso autore questo lavoro e i suoi risultati, quello che è stato fatto e quello che resta da fare, dare a chi ancora sta cercando la possibilità di saperne di più. Abbiamo invitato Roberto Zamboni a un incontro con la popolazione della montagna nell’ambito delle iniziative per la celebrazione del 25 aprile: ci raggiungerà a Casina domenica 29 aprile, alle 16.30, nella sala dei Princìpi del Comitato locale di Casina della CRI insieme ad Amos Conti di Istoreco e Massimo Storchi direttore dell’archivio del Tempo Presente. Un’occasione importante per chi non ha dimenticato e per chi vuole saperne di più andando alla fonte dell’informazione, attraverso il contatto diretto”.
Carpineti, 01/05/2012
Vorrei esprimere qualche riflessione riguardo all’invito, apparso su Redacon, ad incontrare il Sig. Roberto Zamboni di Verona, ricercatore delle tombe dei caduti italiani in Germania durante la prigionia dell’ultima guerra, il direttore dell’Archivio Storico Sig. Massimo Storchi e il curatore di Istoreco Sig. Amos Conti. Il tutto voluto ed organizzato dall’assessore comunale Giovanna Caroli, che con grande e puntuale impegno, accompagnato da una profonda sensibilità, ha auspicato questo incontro.
Mio padre è uno dei tanti dispersi in Russia, di cui si sono perse le traccia nel gennaio 1943: è entrato nel limbo dei fantasmi, perso nel tempo e nello spazio, senza un punto di riferimento per noi, senza una tomba, senza un segno del suo passaggio da questa vita all’altra. Noi l’abbiamo aspettato tanto e a lungo, oltre ogni logica, anche quando non c’era più una ragionevole possibilità di un suo ritorno. Mia mamma è vissuta del suo ricordo e cibandosi delle lettere che lui aveva inviato copiose a lei, a mio fratello, a me. I miei nonni hanno versato lacrime ogni giorno per questo figlio adorato, partito per dovere, non certo per sua volontà, ad inseguire i sogni di gloria del pazzo di turno. Mia nonna ha continuato a tenere aperta la porta di casa tutte le notti perché, se fosse tornato, trovasse le braccia di casa pronte ad accoglierlo. Questa, in breve, è stata la vita di tutti quelli che hanno avuto un loro caro in guerra, senza ritorno, senza un ricordo, senza un luogo in cui piangerlo, senza una tomba che potesse dare un po’ di conforto.
Ecco: io vorrei ringraziare con tutto il cuore questo signore di Verona, che, forte della sua volontà, fa questa opera meritoria cercando di dare una risposta alle famiglie che ancora aspettano, nonostante le difficoltà che incontra in questa sua missione. Grazie anche ai Sig.ri Storchi e Conti per la lucida analisi che hanno fatto del periodo bellico e post-bellico. Un grazie particolare all’amica Giovanna Caroli: lei ha fatto tanto con i suoi scritti per dare voce a quanti non l’hanno mai avuta, con il rigore dello studioso e la sensibilità e la discrezione che le sono proprie. Concludo chiedendomi e chiedendo: è giusto tutto questo? Che non sia il nostro Stato (che pure è civile) a darci delle risposte? Io credo che sia non solo ingiusto ma anche vergognoso. Grazie dello spazio accordatomi.
Distinti saluti.
(Marta Tapognani Agostini)