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“Metà dei montanari è felice di stare in montagna”

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Enrico Bussi

Recenti incontri in montagna hanno affrontato le prospettive della società montanara. Prima di Pasqua l’Osservatorio della Camera di Commercio ha presentato l’indagine sulla propensione a vivere in montagna condotta dall’Università Cattolica sui giovani di 16-18 anni, genitori e insegnanti con la collaborazione dell’Istituto Cattaneo di Castelnovo ne' Monti. L’incontro ha fornito molti dati a un gruppo di appassionati accolti nell’Ostello della Gabellina rinnovato e bello, carico di speranze. Metà degli intervistati sono soddisfatti di vivere in montagna, gli adulti percepiscono la crisi più dei giovani, un terzo di loro ha la prospettiva di stare nei comuni dell’Appennino. Gli intervenuti hanno parlato di economia, lavoro, viabilità, turismo, agricoltura. Di vitalità dal basso e vitalità possibile. La discussione si è accesa tra chi richiede di starci meglio migliorando la viabilità e chi sostiene che la montagna è comunque scomoda e vanno coltivati i motivi per cui ci si sta bene. Tutti d’accordo sullo sfacelo dei boschi e i buchi nella Rete.

Dopo Pasqua la Chiesa ha organizzato un incontro serale nel potente salone dell’ex-seminario di Marola, trasformato in un contenitore a molte stelle. I partecipanti si sono domandati se è possibile un progetto pastorale per la montagna. Ipotesi di far nascere un’unità pastorale tenendo aperte tutte le parrocchie, pur essendo di fronte alla diminuzione di preti e parrocchiani. Testimonianze incisive di chi è in prima linea, a partire dai comuni del crinale, ed esperienze importanti compiute dai diaconi scavalcando i fossi. Dunque, vanno conservati gli antichi luoghi di incontro, nuovi contenitori si aggiungono e l’apporto di ciascuno per tenerli accoglienti favorisce il ritrovarsi a pregare. E’ stata auspicata la presenza capillare del referente parrocchiale, dell’animatore liturgico per superare la tendenza a rinchiudersi in sé stessi. Veritiera la constatazione di chi è intervenuto dicendo che in montagna viene a mancare la vita di comunità e che occorre riunire le forze per contrastare la tendenza.

Nonostante tutto la voglia di partecipazione non molla e una forte presenza c’è stata per la commemorazione dei fatti di Cà Marastoni nella Pasqua del ’45. La manifestazione all’aperto è servita per fissare le idee sulla nascita della Repubblica Italiana e della nostra Costituzione. Un grazie al Ministro docente di Diritto Costituzionale, alle preghiere sentite, ai ricordi commoventi e al formidabile esempio di scuola. Ragazze, ragazzi si sono immedesimati nell’evento e l’hanno cantato magnificamente sospinti da insegnanti capaci e convinte. E’ stata efficace la riproduzione del dialogo tra i giovani di allora, coinvolgente la descrizione dei fatti musicata e col canto, meritano di venire ascoltate di nuovo e da altri.

I due incontri, uno civile l’altro ecclesiale, erano incentrati sullo stesso punto. Lo svuotamento dei paesi precede il crollo dei pendii, i capoluoghi non sono baluardi in grado di reggere e neppure il centro di Castelnovo può resistere a lungo. Senza retroterra si svuotano scuole, ospedale, botteghe. Se ne vanno gli uffici e gli affari. Eppure, sul Monte della Castagna, tra nuvole in transito, s’apriva ogni tanto la vista della montagna che vive, che tiene. Parte era lì radunata con i suoi rappresentanti, i sindaci e i preti. Intanto, nella chiesa di Villa i genitori musulmani hanno battezzato una figlia, già grande, unendo le loro due fedi davanti al vescovo Adriano. Doppio trapianto dalle montagne albanesi a quest’altre.

La grande crisi arrivata può farci superare le inerzie per affrontare le necessità montanare con profonde innovazioni. E’ utile prepararsi e allargare lo sguardo. Nelle prossime settimane sono in programma tre serate in sala Consiglio comunale a Castelnovo, promosse dalle associazioni Impresa Montagna, L’Ovile, Rurali Reggiani e con l’impegno di altre. Sono un’occasione per ragionare tra persone rivolte a un’economia di relazioni umane:

-        il 19 aprile con l’economista Antonino Galloni su “come salvarsi, dentro o fuori dall’euro”

-        il 3 maggio con la dottoressa Paola Cerri, Susan Reed e Silvia Braglia su “alimentiamo la nostra salute”.

-        il 18 maggio con il professor Stefano Bartolini sul “manifesto della felicità: dal ben-avere al ben-essere”.

Numerosi gruppi sono attivi in montagna e con loro diventa più significativo affrontare ogni questione. Dopo questi incontri sarebbe utile, per esempio, riprendere le domande sulla gestione dei rifiuti che di recente il Comune di Casina ha rilanciato con decisione.

 

(Enrico Bussi)

 

3 COMMENTS

  1. Gent. dott., Bussi grazie per quanto ha scritto. Io e Silvana, quando ogni anno torniamo a Villaberza, sentiamo molto la mancanza della vecchia montagna! Forse è nostalgia per la gioventù ma credo non sia solo quello. Abbiamo la fortuna di avere alcuni amici che abitano con le loro famiglie in vecchie canoniche abbandonate e, con la loro presenza, oltre ad essere un punto di riferimento per tanti sono anche quelli che “accolgono”. Comunque grazie, dott. Bussi, con immutata stima la salutiamo.

    (Luigi e Silvana Magnani)

  2. Quanto riportato dal Sig. Enrico Bussi sui paesi montani è “Vangelo”, mi consola il fatto che ci sono ancora persone come lui che comprendono questo. L’abbandono dei paesi montani provoca il totale dissesto del territorio; i recenti danni nelle Cinque Terre stanno a dimostrarlo; se su queste colline ci fosse stata la presenza dell’uomo come nel passato tutte le acque sarebbero state trattenute, rallentate e indirizzate a canali e ruscelli e i torrenti non sarebbero stati pieni di alberi morti che alla prima strettoia hanno provocato delle barriera che al momento del cedimento hanno travolto tutto.
    Ma per mantenere e riportare la gente in montagna non serve mettere delle “pezze” a delle frane o a delle buche o migliorare una curva, serve “rinnovarsi”, serve sfruttare le risorse che la natura ha dato alla montagna.
    Non occorre inventarsi nulla, basta la volontà politica di farlo; basta prendere atto di quanto fatto dal Trentino Alto Adige sul loro territorio; hanno fatto della montagna la loro grande ricchezza, ma non basandosi solo sul turismo, ma sviluppando l’agricoltura (meleti, pereti, vigneti, ecc.), sfruttando il loro legname con tagli controllati, sfruttando le cave di pietra (che solo la montagna ha); sfruttando le potenzialità delle acque dei suoi torrenti, ogni valle ha vari sbarramenti (solo la Val d’Ultimo ne ha cinque), e queste acque prima di essere usate per irrigare anche il più piccolo appezzamento di terra producano energia elettrica pulita e creano sviluppo turistico al comprensorio (vedi diga di Zoccolo in Val d’Ultimo, molto simile a quella che potrebbe sorgere a Vetto); inoltre questa è l’unica regione italiana che già rispetta i celebri parametri del 20-20-20.
    Il merito di questo non è da attribuirsi al fatto di essere una Regione autonoma, posso garantire che non è questo e sbaglia chi lo pensa o lo dice; il merito è solo ed esclusivamente da attribuirsi a chi riveste una carica pubblica e amministrativa e che considera il “bene comune” assolutamente prioritario su qualsiasi interesse privato o partitico.
    Tutto questo è stato riscontrato dal sottoscritto in tanti anni di lavoro su questa Regione e con vari esempi posso dimostrarlo a chiunque sia interessato a chiarire questo concetto; migliaia di volte mi sono chiesto: perchè da noi non si riesce a inculcare nelle persone questa mentalità?; ben sapendo che il nostro Appennino ha tutto quello che hanno loro?
    Forza, Sig. Enrico Bussi, la nostra generazione con l’aiuto dei pochi giovani rimasti può fare ancora qualcosa per la nostra montagna, un domani i soli giovani non avranno mai la forza dei numeri per opporsi a coloro che considerano la montagna solo come un “costo”; o vinciamo noi o sarà la fine dei paesi montani, ma i danni che questo provocherebbe sarebbero ingenti, ma a questo nessuno ci pensa.

    (Lino Franzini, presidente del Comitato pro diga di Vetto e fondovalle Val d’Enza)

  3. In montagna abbiamo ereditato un patrimonio che non si è evoluto; anzi, se arriviamo ad analizzare capillarmente la situazione, in questo ultimo cinquantennio c’è stata un’involuzione un po’ in tutti i settori: avreste mai pensato che, a parte qualche piccolo sprappo, allargamento, asfaltatura di quelle esistenti, le strade nel 2012 sarebbero rimaste le stesse del 1930? Come facciamo a pensare che sono aumentati i servizi, quando la “Posta”, che prima era in Selvanizza, a Succiso e a tempo pieno a Ramiseto e in chissà quanti altri paesini, ora rischia, per l’estate, di chiudere anche in qualche giorno settimanale nel capoluogo? I contatti con gli uffici comunali erano più facili 50 anni fa o ora che abbiamo l’Unione? I bimbi delle scuole primarie sono più avvantaggiati di allora? Come possiamo competere col Trentino se non c’è proprio la volontà politica di migliorare la situazione attuale? I “nostri padri” (in senso lato) hanno fatto opere colossali, senza ruspe, senza trattori, trivelle varie e in quest’epoca si è vissuto per “tirare a campare”… “Mangia te che mang anca me”… e siamo arrivati a questo punto. Ora che avremmo l’opportunità di risorgere da questa stagnazione, costruendo quel bacino già in progetto alla fine del 1800 e portare qualche incentivo ai giovani per rimanere sui nostri monti, ogni pretesto è valido per mettere il bastone fra le ruote. Se c’è un progetto di fattibilità, con tanto di firma e l’approvazione di un Ministero, perchè la Regione Emilia-Romagna non lo inserisce nel Piano irriguo? Dobbiamo, per forza, mangiare le verdure irrigate con l’acqua del Po piena di diossina, atrazina, ecc. ecc.? O possiamo scegliere!?!?

    (Commento firmato)