Quelli che hanno pazienza di educare nel quotidiano, senza attendere risultati; quelli che amano i poveri e hanno fatto una scelta preferenziale di campo, che talvolta mi spaventa; quelli che sono capaci di stare accanto agli ammalati, anche quelli che sbavano e puzzano.
Invidio i volontari a tempo indeterminato che danno il loro tempo, la loro vita, senza preoccupazione di sorta per se stessi; quelli che lavorano per la pace, stando sui luoghi della divisione e della guerra, vivendo la beatitudine che li rende a titolo legittimo figli di Dio.
Invidio chi non teme per la propria vita sapendo che il donarla è amore senza limiti; ma invidio anche chi nel quotidiano è fedele alle persone, nella famiglia, nell’amicizia; chi lavora per rendere più bello il mondo ma anche per chi lavora nell’umiltà di lavori faticosi, non riconosciuti.
Invidio quelle persone anziane che hanno la fede semplice e la preghiera a portata di mano nel Rosario di cuore, nella loro partecipazione ai dolori del mondo.
Invidio i parroci che vivono l’Eucaristia e hanno lo sguardo buono di misericordia per i fratelli “peccatori”, che vivono al margine, considerati guasti dalla società dell’uomo.
Invidio le suore che sono negli ospedali, nelle scuole materne, in cucina o in lavanderia; le donne che sono amore, immagini della Vergine Maria o delle spose sagge del Vangelo; invidio chi sa trasformare in parola e canto, immagine e colore, musica e danza le bellezze del Creato; invidio il “barbone” che si accontenta del poco e ama la libertà che l’essere povero gli riserva dalle cose, dal danaro, dal potere.
Invidio chi ama il silenzio, non quello che distacca o del malinconico nella solitudine, ma del contemplativo che si perde in Dio, nella natura, negli altri.
Invidio i bravi insegnanti e i fedeli formatori, gli educatori e animatori, che vivono nel mondo dei giovani, lasciandosi educare da loro ed essere per loro testimoni di una vita che ha senso nell’amore.
Invidio il contadino che conosce le stagioni e le sa rispettare nei suoi ritmi, l’operaio che batte il ferro o lavora il legno, il libraio che sa consigliare chi gli chiede un libro, il giornalista che ama la verità e la sa comunicare, il cuoco che prepara da mangiare bene e accoglie a mensa, senza alcune preferenza di persona, il primo e l’ultimo, il ricco e il povero.
Invidio la ragazza tetraplegica che mi ha confessato di essere contenta di esserlo perché con un sorriso è sostegno a chi incontra.
Invidio gli attori di strada, i clowns del circo, i saltimbanchi e gli acrobati, seminatori di gioia per le strade del mondo.
Invidio chi sa perdonare senza più ricordare.
Invidio i santi anonimi del Paradiso perché sono più vicino a loro che a quelli dell’Altare.
Invidio chi possiede l’arte del sorriso per donarla agli altri, l’arte della riconciliazione per creare comunione tra la gente e tra nemici.
Invidio chi muore affidandosi a Dio, accettando la sofferenza, senza lamento.
Vorrei invidiare anche i politici che non sono schiavi del potere e del soldo ma sono “servi” della gente.
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Invidio… ma non è peccato l’invidia?
L’invidia è forse “santa”?
Penso di sì, perché è “ammirazione”, “desiderio” di essere come quelli che invidio e che ho incontrato nei miei giorni di 5 minuti, di cui devo rendere conto al buon Dio…
Non ho molta paura perché non sarò solo dinanzi a Lui.
Ci saranno quelli che ho invidiato, i santi del Cielo e della terra, Chi è morto per liberarci dalla morte eterna.
E in Paradiso vorrei arrivare cavalcando un asinello del circo, con il naso rosso del clown e una lettera di raccomandazione per gli amici, che verranno dopo di me, ai quali mi sono impegnato di preparare un bel posto in Cielo.
Mi fido di te, Signore! Vieni a prendermi al momento giusto quando la misura del mio amore è colma.
Grazie!
(Don Vittorio)