Riceviamo e pubblichiamo.
-----
Pare ormai in dirittura di arrivo, a livello romano, la riconferma del sen. Giovanelli alla presidenza del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, e il tutto è avvenuto quasi in sordina. Fino alla recente intervista rilasciata dall'interessato, dove qualcosa è trapelato al riguardo; ma a darvi evidenza è stato senz’altro il dissenso espresso sulla stampa da un giovane ramisetano, del suo stesso versante politico, che propende decisamente per un avvicendamento al vertice dell’Ente, evocando anche il problema del ricambio generazionale.
Noi riteniamo che quando si parla di reincarichi, come nella fattispecie, non si possa mai prescindere da un minimo di consuntivo e di bilancio sul lavoro svolto e proprio in proposito ci ha colpito, nell’intervista di Giovanelli, il fatto che non ci si domandi cosa pensa oggi la popolazione montana del Parco ad alcuni anni di distanza dalla sua istituzione (a dire il vero non se lo è chiesto neppure chi fino ad oggi lo ha politicamente sostenuto).
Ci sembrava un interrogativo molto naturale, oltre che doveroso, per non dire scontato,; ed è invece rimasto totalmente eluso perché l’interessato è parso soprattutto intento ad esibire il proprio curriculum e a celebrare una sorta di autopromozione, dando nel contempo l’idea che essendo il Parco una sua creatura non la si può privare del genitore.
Non ci scandalizza di certo l’attaccamento di un presidente al proprio Parco e neppure l’entusiasmo con cui lo esprime, che può essere anzi una garanzia di impegno, ma la sua prima e principale preoccupazione dovrebbe essere quella di far sì che siano innanzitutto i residenti ad esserne soddisfatti e a non avvertire il Parco come un corpo estraneo, di cui diffidare. E’ sicuramente importante l’apprezzamento che viene da turisti e visitatori, ma non può in alcun modo sostituire il giudizio di chi vi abita per l’intero arco dell’anno, perché altrimenti invertiremmo impropriamente l’ordine dei valori.
Un Parco può anche essere imposto dall’alto - pur se noi avevamo sostenuto all’epoca la strada del referendum - ma poi deve guadagnarsi la fiducia degli “amministrati” se non si vuole che divenga oggetto di continue critiche, talvolta anche immeritate, e se si vogliono evitare contrarietà e levate di scudi ogni qualvolta si parla di un eventuale allargamento dei suoi confini.
Questo sforzo a nostro avviso non c’è fin qui stato da parte della dirigenza del Parco e ciò è per noi motivo di grande delusione e disappunto. Non siamo pregiudizialmente contrari alle “ciaspolate” e alle “ballate coi lupi” o altre iniziative del genere, ma pensiamo che la nostra gente voglia partire da cose più concrete e materiali. Sapere ad esempio, per restare in tema di lupi, come poter difendere dai loro assalti il proprio bestiame o conoscere il perché nelle zone “protette” e in quelle limitrofe si abbia difficoltà ad ampliare se del caso la propria casa, per ragioni di tutela ambientale, quando impariamo che in una bellissima zona del ramisetano dovrebbe sorgere un nuovo insediamento (ossia il canile comprensoriale).
Anche i cento progetti elencati nell’opuscolo “Speciale parchi - L’Appennino del futuro” sanno di “immaterialità”, così come la dotta e ricercata prefazione a cura di Giovanelli svicola abbondantemente sull’argomento, nel senso che parla dell’universo mondo ma nulla dice, salvo una nostra svista, sull’attuale stato d’animo dei montanari reggiani verso la presenza del Parco, che invece dovrebbe rappresentare il punto di partenza dei suoi ragionamenti, visto che il Parco aveva ad essere a misura d’UOMO (la persona doveva cioè stare al centro e non essere invece un elemento di contorno).
Sempre in tali sue righe Giovanelli afferma che non vuole sostituire o supplire compiti di altre istituzioni, ma lui, quale presidente, ricopre un ruolo essenzialmente politico - diversamente basterebbe la figura del direttore del Parco - e proprio da chi vanta una lunga storia ed esperienza politica ci si aspetta quantomeno un forte contributo di “solide” proposte e di “realistiche” intuizioni, partendo soprattutto dal tessuto economico esistente, per risolvere le annose questioni della nostra montagna (sono sotto gli occhi di tutti le chiusure di attività, i cali del flusso turistico, ecc.) al di là delle competenze in capo a ciascun ente o istituzione. Se così non fosse sarebbe più che normale affidarsi volta a volta a politici di “primo pelo”.
Noi vogliamo essere comunque propositivi e a Giovanelli o ai suoi epigoni chiediamo che il prossimo mandato di presidente del Parco avvenga all’insegna di una maggiore attenzione verso noi montanari.
(Robertino Ugolotti, ufficio enti locali Udc)
Prima di effettuare un qualunque commento credo che sia opportuno riflettere su alcuni dati che sintetizzano una situazione reale con dei numeri che sono alla portata di tutti e che tutti dovrebbero tenere bene in considerazione, soprattutto chi ha posizioni di potere e decisionali perché nessun ente e nessun progetto può essere sviluppato in un contesto già antropizzato se non tenendo in considerazione l’uomo.
Vediamo dunque cosa è accaduto alla popolazione locale negli ultimi 100 anni se indaghiamo le realtà dei quattro cumuni del crinale che fanno parte dell’Unione dei Comuni alto appennino reggiano: Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto.
Busana
La popolazione di Busana conta 1319 persone (dati 2010), ma se ci facciamo indietro di 100 anni e precisamente nel 1911 aveva all’attivo una popolazione residente di 2311 persone che corrisponde anche al picco massimo degli ultimi 150 anni. La popolazione di Busana è quella che dei 4 Comuni ha risentito meno, percentualmente parlando, del calo, anche se questa precisazione è una magra consolazione visto che quello odierno è il picco minimo di residenti degli ultimi 150 anni.
L’età media a Busana è di 49,9 anni e il tasso di natività del 2010 (che è stato un anno particolare per le nascite) è del 9,1.
Collagna
La popolazione 2010 di Collagna conta 984 personecontro le 2511 del 1911 e contro le 2688 persone (picco massimo) del 1936.
Negli ultimi 100 anno possiamo affermare che la popolazione di Collagna si è ridotta a circa un terzo. L’età media di Collagna è di 51,4 anni e la sua natività ha un tasso di 5,1 (dati 2010).
Ligonchio
La popolazione attuale di Ligonchio è di 875 persone contro le 2553 del 1911 e contro (picco massimo) le 2831 del 1921.
La sua popolazione ha un’età media di 54 anni, un tasso di natività di 5,6 (dati 2010).
Come si può notare la popolazione di Ligonchio negli ultimi 100 anni si è quasi ridotta a un quarto.
Ramiseto
La popolazione di Ramiseto conta 1307 persone contro le 3700 persone del 1911 e le (picco massimo) 3838 del 1921.
Riassumendo in cento anni la popolazione di Ramiseto si è ridotta a un terzo.
L’età media della sua popolazione è di 52 anni e il suo tasso di natività è di 9,1 (riferito al 2010, anno sempre particolare per le nascite nei comuni di Busana e Ramiseto).
Con dei dati di questo genere come è possibile continuare a portare avanti progetti avulsi da un contesto umano, finalizzati a creare zone su cui insistono vincoli insormontabili, senza tenere in considerazione che per creare ricchezza in questi luoghi bisogna favorire il ricambio generazionale e sviluppare la colonizzazione umana e non solo quella di animali selvatici?
Non è vero che non vuole il Parco “Chi dell’Appennino ha una vecchia idea di sviluppo subalterna ai distretti industriali e considera l’essere montagna e la qualità dell’ambiente come vincoli e svantaggi”, il Parco non lo vuole chi sceglie la vita delle prossime generazioni qui, chi ha il coraggio di rimanere sul territorio, chi ha la volontà di fare delle scelte importanti finalizzate a vivere in montagna, chi non se ne va perché ama la montagna e perché sente di appartenere alla montagna. E’ vero, non ci sono comitati contro il Parco, ma penso che in molti con me non condividano questo status quo, non vedano di buon occhio questo ente e ne riconoscano il suo fallimento.
(I.V.)
Non capisco bene il senso del precedente commento. Non credo che il fenomeno di spopolamento delle zone di montagna abbia cause univoche e di semplice individuazione. Detto questo, non credo che l’ente parco abbia la bacchetta magica per risolvere un fenomeno del genere e nemmeno che sia uno dei responsabili. Non so pensare a questo territorio senza il parco, credo sarebbe peggio senza le tutele che garantisce. Dopo tutto chi abita in zone di particolare interesse naturalistico, storico, culturale, ecc.. deve sentirsi in qualche modo custode di valori e interessi che vanno anche oltre l’interesse personale. Non vedo prospettive di sviluppo del territorio che non puntino sulla tutela e sulla valorizzazione. Cosa vuol dire che “non vuole il parco chi sceglie la vita delle prossime generazioni qui”? Non vedo il senso di questa affermazione.
(MARA)