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La vitella in ospedale e i sindaci sul gatto

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Un lettore ci ha mandato la foto della Cometa ripresa al momento di partire per Castelnovo

Ho letto su questo sito, e non su uno in pianura, che è possibile andare a trovare i malati in ospedale con gli animali e, questo, gioverebbe di molto alla salute del malato che quindi diventerebbe più sano.

Ste bein. Siccome la mi mamma è ricoverata al Principe Umberto a Castilnov di Munt per una brutta bronchite, ho pensato che ci avrebbe giovato se lei vedesse la Cometa, la vitellina che ho portato l’estata passata al mare a Marinella e che, pian piano, diventa una bella manzetta. La fa fadiga a ster nell’R4, ma cavando i sedili ci sono riuscito. Anzi, per stare sul sicuro della sorpresa ho preso con noi due oche, un pollo e due galline.

Appena giunto all’ingresso dello stipale, mi trovo un signore bello grande cam dis: “ci penso io, venga qui. Si paga qui”. Prende la Cometa, gli fa tirare fuori la lingua, la passa davanti alla macchinetta mentre lei lecca tutto e mi dice: “sono 20,66 milioni di euro”. Io gli dico “Oh, ma stiamo schersando? Sono qui per la mia mamma mica per fare il ticket alla vitella. E poi che prezzi avete in questo stipale?”.

Nel mentre, vedo, si ardusisce su un gruppo di uomini che, col camice bianco come il mio veterinaio, hanno più puzza sotto il naso che la mia Cometa. “Non avete mai visto una vitella?” gli dico io. Scoppia un quarantotto che potrebbe essere addirittura un quarantanove e forse un cinquanta. Se non fosse per un’avvenente sposlotta che mi dice di chiamarsi Morena e mi distrae i casinisti, sarei ancora lì. Prendo le scale e salgo al reparto.

“I parenti sono pregati di attendere fuori” c’è scritto in un cartello, ma siccome la Cometa non è parente di mia mamma, la faccio passare e mi nascondo dietro a lei.

Mi si para contro un’infermiera con un occhio berlusco. “Dove è la mia veccia di Bebbio” le dico? Ma le l’am dis: “Ma quella chi è?”. Agh respund: “E’ la Cometa”. E lei: “Una vacca Cometa?”. “Una vitellina Cometa, prego”. “Lei è matto o è di Bebbio: si accomodi” e, senza darne davviso a nessuno, mi strizza l’occhiolino, lo noto bene. Di sicuro ha nasato che sono un buon partito, né di destra, né di centro, né si sinistra, ma dlà terrà. Non sarebbe la prima, ma io sono lì per la mia mamma e faccio l’indisponente.

Entro e mi vedo il lato B di uno spettacolo che fa venire gli sgrisori. Una damona ingioiellata che alza la voce di continuo al telefunin, mangia un panino alla mortadella e Nutella sbrisolando ovunque, e sta al capezzale del marito novantenne con l’ossigeno al naso.

“I montanari non hanno nulla. Ma a Castelnovo – sbraita la signora impellicciata e nel mentre tira un rutto – c’è un’aria buona che altrove non ce ne è per guarire. Ma forse è meglio che apro la finestra perché sento uno strano odore. Questi montanari qui sanno di stallatico”.

“Sarà la pelliccia che porta – le dico io – o forse la pesta del profumo che s’è messa”. Lei basita mi guarda, guarda la Cometa, guarda me, guarda la Cometa. Ma quando le due oche le morsicano le natiche e le galline le fanno l’uovo nella pelliccia, lei rimane lì secca come uno stoccafisso. Ora, me lo ho sempre detto che la gente di pianura deve starsene a casa sua. La signora sarà stata 120 chili viva. A spostarla ci vogliono Mammi e Manfredi assieme con i loro operai. Gli dico: “Sul cartello scrivete: la signora era indisposta alla vita ed è trapassata serenamente mangiando mortadella e Nutella”. Il suo marito, intanto, si è alzato dal letto e fa ginnastica che pare un ventenne.

La mia mamma lì accanto febbricitante. Pare un un passerotto gracile gracile sotto la neve. Ma subito riconosce la Cometa e sorride e le parla a lungo. Manco mi saluta. Anche le oche, il pollo e le due galline sono sul letto a farle festa. Fuori nevica e siamo tutti felici. Da sotto il tabarro levo una punta di furmaiì grana del casello di Santo Andrea, perché tanto lo so che qui danno il Padano per risparmiare. Parliamo un po’ e poi è già ora di avviarsi a casa perché ciò da mungere le bestie.

Dicono che se piove il governo è ladro, forse sarà perché  nevica…: questa degli animali negli stipali è una buona cosa perché i passienti sono meno impazienti si riprendo alla svelta. Prima di lasciare il reparto all’infermiera che mi strizza ancora l’occhiolino regalo il pollo così farà il brodo buono alla mi mamma.

Nei corridoi non capisco cosa è quel papello di professori col camice che mi seguono, rischiano di spaventare la Cometa le due oche e le galline. Sono un po’ strani qui. Per fortuna incontro don Pierino che, dalla via, mi benedice gli animali. Gli regalo le due oche “le dia con riconoscenza alla Morena” e me la svigno di corsa sperando di non ritrovare l’uomo delle macchinette.

Il bello, però, deve ancora venire. Fuori c’è na gamba di neve che la R4 che ha le gomme un po’ lisce non va mica. La Stradale mi ferma da Arduini manco fossi un camion. Se non avevo anche per loro una punta di formaggio, non riuscivo a passare. Mi fanno tante foto e hanno detto che mi metteranno anche sul giornale.

Alla Crus, un Land Rover blu col lampeggiante mi insegue, anche loro vogliono qualcosa e mi tocca lasciarci le due galline. Di questo passo se trovo la municipale di Casina col cane che nasa tutto rischio di arrivare a casa senza la Cometa.

L’R4 non va, sema tuch blucà. “A casa chissà come staranno mutellando le vacche”. Am gniris da pianser.

Oh, lè mia vera che passa un gatto delle nevi. Ma non uno di quei gatti col pelo, questo cià i cingoli! “C’am vegna un cancher”, ho una botta di fortuna che quasi non ci credo. Chi guida? Il mio sindaco, la Nilde.

“Nilde, anche se an t’ò de mià dal al vud mi daresti un passaggio che devo andare a Bebbio a mungere?”. Lei è galantuomo come sempre: “salite che c’è posto”. Ma sopra ci sono quattro altre persone. E io e la Cometa siamo un po’ stretti. Manco il tempo di salire che vanno via a scheggia. “Dobbiamo fare vedere a quelli di pianura chi sono i sindaci della montagna”, dicono sbandando e cantando qua è là per tutto il viaggio, ma non capisco cosa intendono dire. Sulla cabina del gatto c’è anche un vecchietto con un grosso sacco che, mi insegnano, tengono a mo’ di esibizione “acsè veden sa femà. Non dire mai gatto…”.

Arrivo a Bebbio che ho un po’ di stomaco, la Cometa, invece, vorrebbe rimanere e fare ancora un giro, ma non mi fido. Ringrazio tutti, anzi lascio un po’ di Savurett nelle tasche di ognuno, di quello che tengo sempre in bisaccia per quando ho fame. Hanno la pancetta, gli farà bene.

Mungo, mi scaldo con un po’ ed bro’, pane e fasol e vag a durmir che sono stanco ma contadino felice.

 

 

(Merensio da Bebbio)

3 COMMENTS

  1. Caro Merensio, propio non c’era bigogno che mi davi le oche come ringraziamento, anche perchè mi ricordano quella di Cavola e non è tanto bello. Comunque faranno compagnia al mio coniglio che tanto non mangio nessuno.

    Sempre con simpatia e anche ‘nater quel…

    (Morena)