Correva l’anno 1861. 150 anni fa. Che aria si respirava nella nostra provincia?
Il primo ottobre il quotidiano “la Gazzetta di Reggio” comunica l’indipendenza della Santa sede e, quindi, la perdita del potere temporale per la Chiesa. Si stabilisce che “le terre che costituivano gli Stadi della Chiesa e il patrimonio di San Pietro sono aggregate al Regno d’Italia”. “Il Papa conserverà la sua Propaganda, la sua Penitenzieria e i suoi archivi, i beni e i palazzi del Santo Padre, tanto nella città che all’esterno saranno esenti da imposte, giurisdizioni e visite domiciliari”.
Quanto costa la vita? Un numero del giornale costa 9 centesimi e si pubblica l’informazione solo il martedì, il giovedì e il “sabbato”. Un quintale di uva nera costa 23 lire se di grappoli grandi, se bianca 7 lire in meno.
Problemi di vino non buono? Giuseppe Matteli che fa pubblicità al suo “Metodo per purgare i bottami sanandoli da ogni infezione e risanare i vini ammorbati e guasti non che prevenire le più ordinarie alterazioni”.
Anni difficili, dove tra i morti (l’antibiotico non è ancora stato scoperto) è tanto facile leggere di 81enni quanto di 20enni.
“Che Dio vi benedica” scrive Garibaldi alle coraggiose donne Boeme “che col vostro esempio sublime sparisca l’antagonismo delle razze. Dite ai vostri figli che gli Italiani sono loro fratelli”.
Nasce il censimento e si scala il Bianco
Si definisce l’urgenza di fare un censimento. “Operazione statistica per far conoscere non solo il numero ma anche le principali condizioni naturali e civili degli abitanti e la loro distribuzione sul territorio”. Un provvedimento urgente dato che in passato “l’avversione dei cessati governi d’Italia per le indagini che potevano in quale modo richiamare i cittadini allo studio delle proprie condizioni, li distolse persino dalla più elementare delle ricerche statistiche, la numerazione degli abitanti”. Intanto, “Il pescatore reggiano” informa che gli abitanti del capoluogo erano 20 mila in quell’anno.
Va in scena l’esposizione italiana a Firenze.
Il brigantaggio e la fedeltà al Duca
Si organizza la leva e si ricorda che “i refrattari alla leva sono uno dei maggiori disordini che uno Stato ben ordinato deve impedire”. Latitanti che è più facile incontrare tra “boschi e mondi” dove, profughi dalla loro casa, si danno al vizio, al furto, al brigantaggio, all’assassinio. Sei sono gli “individui degli Appennini reggiani” arrestati il 28 ottobre dalla Guardia Nazionale di Cadelboscospora, oltre il ponte nuovo. Cinque dei quali sono scritti e il sesto è “Domenico Sassi di Castelnovo Monti che serviva loro da guida. Il giorno successivo analoga sorte per “due giovani della montagna guidati da un vecchio, un certo Lorenzo Puccino di Castelnovo. Essi non esitarono a dichiarare che il vecchio li aveva dedotti con denaro e depositarono l’uno un marengo l’altro un marengo e mezzo premio in tutto o in parte della loro tentata disertazione”. Disertare perché? Per azione degli “Austro-ducofili e dei loro lacci”. Per credere nel Duca, non avere la vita esposta a morte (secondo una diceria di chi si arruolava per Vittorio Emanuele), e la garanzia che “mai saranno condotti al fuoco”.
Esercito: il ministero della guerra vuole affrettare a “portare a compimento questa importantissima arma aprendo così un reclutamento di 25 uomini ogni reggimento”.
Arriva anche il sistema metrico decimale
Si studia il locomotre funicolare, per le pendenze maggiori, e si viaggia su strada ferrata in tre possibili classi.
Il 17 dicembre si annuncia che “dovendosi quanto prima attuare in queste Province del Nuovo Regno il sistema metrico decimale ed essendo importantissimo che chi compra conosca il prezzo da applicarsi alla merce venduta o comprata a peso e misura metrica, è opportuno che siano esposte quanto prima al pubblico le tavole di confronto indicanti il modo di ridurre il prezzo di ogni unità di misura e di peso antico della nostra città al prezzo d’ogni unità di misura o di peso del nuovo sistema metrico decimale.
Reggio Emilia è la terza per popolazione in regione. “La Gazzetta di Reggio” cerca redattori e collaboratori. Questo articolo, però, è povero di cronaca provinciale: all’epoca le corrispondenze dai comuni ancora non esistevano né le cronache dal tribunale, occorrerà aspettare ancora alcuni decenni di acculturamento della popolazione.
Intanto l’esercito estense, dell’ex duca di Modena, è ridotto a un battaglione di 900 soldati e due squadroni di cavalleria, in tutto 500 e a compagnie di bersaglieri, ognuna di 100 uomini. Sverneranno in Mantova e l’arrivo del generale Saccozzi coincide col licenziamento di molti di questi. Altri si “licenzieranno” da soli per passare il Po e il Mincio.
I nostri boschi per le navi
Si stabilisce lo stipendio dei Prefetti, cui sarà fornito vitto e alloggio “compimento di lunghi vuoti” che rispondo al desiderio di “di decentramento amministrativo che risponde a quel desiderio di libertà d’azione dei Comuni”.
Problema dei boschi. L’Italia è risorta, ma ha bisogno di legname per costruzione di navi, fabbriche. L’architetto Alfio La Rosa Fighera propone che il governo incorpori nei beni demaniali tutti i boschi dei privati e quelli dei Comuni… perché difficilmente lasciati nelle loro mani giungono a loro “maturanza”. Una fonte di risorsa si è estinta e la voragine del consumo si è immensamente ampliata”.
Cronache orribili
Il sindaco di Ciano avvisa che è deliberato il concorso al posto di una “Maestra nella scuola elementare femminile con lo stipendio annuo di 400 lire”.
Varietà: si discute della terribile macchina che dà la morte del dottor Guillotin, inventata nel secolo scorso. C’è un’ampia controversia tra i medici d’Europa. L’inventore pretendeva che la morte per merito del suo strumento fosse la più istantanea e la meno dolorosa. Accadde a Vienna, allora, che si dovesse porre a morte alcuni avvelenatori per mezzo di ghigliottina. Alcuni celebri medici, contrari alla pena di morte, ottennero di partecipare all’esecuzione. La prima testa recisa fu quella di un giovane. Siccome gli occhi erano rimasti ritorti e la lingua arrotolata, dopo otto minuti i medici punsero con uno spillo la lingua che si ritrasse mentre il viso si contorse in una espressione dolorosa. La seconda testa era quella di una giovane donna: gli occhi erano aperti e lo sguardo supplichevole era accompagnato da lacrime copiose. Quattordici minuti dopo gli occhi si volsero verso uno dei medici che aveva chiamato la donna per nome. Era un secolo e mezzo fa.
‘ Ma la ghigliottina fa male?’
agnè ad genta ca bèv in tal feste….
ma chi al pol saver…. miere ch’il l gèsse lur,
ma i gan taia la testa.
(mv)
Bravo Gabri, non ti conoscevo ancora come storico, ma questo articolo l’ho proprio gustato….è bello sapere del recente passato delle nostre zone….
(Elisabetta Marmiroli)