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Alpino beffa i tedeschi

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Novembre quell’anno si era manifestato in tutta la sua rigidità: pioggia a scrosci e nebbia densa. Mancava solo la neve, per fortuna! Era l’autunno del ’44, e si dovette constatare la ricomparsa dei tedeschi, giunti ugualmente, in barba al mal tempo, per il rastrellamento a tappeto nella valle del Tassobio. Già prima di arrivare a Casalecchio avevano catturato alcuni uomini, poi rinchiusi nella stalla di Švanîn,  in attesa di trasferirli, il giorno successivo, a Castelnovo e poi a Reggio.

Tra questi c’era Alpino, un tipo minuto di statura, che come mestiere aggiustava biciclette e moto a Castelnovo. L’unico appiglio per arrestarlo era il fatto che fosse un uomo. E di certo non aveva alcuna voglia di finire in Germania.

Dal finestrino della stalla aveva individuato un percorso che, con l’aiuto di Dio, gli avrebbe permesso di cavarsela, giocando di astuzia tra le dune dei calanchi e gli sterpi. Intanto però era calata la notte e la sentinella non dava segno di stanchezza né si allontanava dalla postazione, proprio lì, davanti all’uscio della stalla, verso Legoreccio.

Spuntò il giorno. Una splendida giornata di sole, insolita per quella stagione. Che rabbia! Non era ciò che Alpino sperava per realizzare il proprio piano. La nebbia avrebbe contribuito meglio a celarlo alle sentinelle. Tuttavia non desistette. Ad un certo punto dal finestrino sussurrò a Švanîn di portare una forcata d’erba alle mucche. Questi rispose che le aveva già governate le mucche quel mattino. Ma Alpino insistette rassicurandolo che poi gli avrebbe dato tutte le spiegazioni necessarie. Švanîn si presentò all’uscio della stalla con una bella forcata di fieno e la guardia non ebbe il minimo sospetto che sotto ci fosse un piano per evadere. Nell’attimo in cui Švanîn aprì la porta Alpino si proiettò fuori e riuscì a portarsi oltre un costolone prima che la sentinella e gli altri camerati si rendessero conto dell’accaduto e cominciassero a sparargli. Correndo a zig-zag e sfruttando i calanchi Alpino riuscì a raggiungere il Tassobio in piena per le piogge dei giorni precedenti e vi si tuffò, lasciandosi poi trasportare dall’irruenza dell’acqua. Di fronte al vecchio Mulino dei Paoli il Tassobbio si attardava leggermente in una larga ansa ove anche gli alberi trasportati dalla piena diventavano meno pericolosi. Non vedendolo riemergere il drappello credette di averlo colpito e che fosse annegato, e non infierì oltre.

Quella stalla oggi è diroccata, vittima della trascuratezza e dei movimenti franosi che la lambiscono. Ma la via di fuga di Alpino è ancora individuabile. Finita la guerra, a chi gli chiedeva cosa avesse provato in quel momento, Alpino rispondeva semplicemente: “Tašî, tašî”! ma l’espressione del volto lasciava trasparire sia la paura provata sia la felicità per lo scampato pericolo.