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Gelsomino ha pensato al suo funerale

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Gelsomino Guidetti

 

TOANO, 13 dicembre 2011 – Sapere di dovere morire e pianificare, con un amico, un momento del proprio funerale, un momento che, di solito, col pensiero si rifugge al pari della morte…

E’ la singolare storia che racconta il tempo dell’Avvento nel toanese. Dove, nei giorni scorsi, è scomparso Gelsomino Guidetti di Montechiodo, 75 anni, sposato con due figlie, noto, per altro, in provincia soprattutto per aver rinvenuto nel 1996, nelle campagne circostanti, il cosiddetto “fossile di Toano”, ora conservato nei musei civici di Reggio Emilia.

Gelsomino è stato portato via da una rarissima malattia che gli ha rubato letteralmente l’aria dai polmoni. Una fine singolare, per lui che, agricoltore in pensione, viveva all’aperto e amava le montagne, le escursioni e, figlio di Renzo, già capogruppo della sezione alpini di Toano, e a sua volta amico delle penne nere che, il giorno del suo funerale, erano presenti col picchetto d’onore, organizzato da Claudio Gazzotti.

“Eravamo amici sin da ragazzi – spiega a Redacon Claudio – e in questi ultimi due anni sono salito spesso a trovarlo. Ha combattuto la sua malattia con coraggio, ma di essa evitava di parlare. Poi un giorno di cinque mesi fa…”

Cosa è successo?

“Improvvisamente ha cambiato discorso. E mi ha detto che per il giorno del suo funerale avrebbe gradito il canto ‘Signore delle Cime’ – ricorda con il sorriso l’amico fraterno -. Lo ho tranquillizzato che avrei esaudito la sua volontà. Poi, da allora, dell’avvicinarsi della sua ora, di cui era consapevole, non abbiamo mai più parlato”.

Gelsomino, così, ha continuato ad affrontare la terribile malattia a viso aperto. Poi, nei giorni scorsi, la sua salita al Cielo e, venerdì, i funerali.

Claudio Gazzotti ha mantenuto la parola data. Si è rivolto ad Arnaldo Ferrari che, dal coro in cui canta, il Vocilassù, ha rintracciato in un giorno lavorativo sei coristi. Aiutati da altre voci del toanese – patria del canto corale in Appennino -, ecco prendere corpo all’ultimo saluto in chiesa, come da ultimo desiderio.

Prima l’“Ave Maria” e poi “Signore delle Cime” sono i canti dedicati a Gelsomino, figlio della montagna, appassionato di natura, ambiente, storia e archeologia solito svolgere opere di volontariato. Gelsonimo, infatti, come ha ricordato il sindaco Michele Lombardi “era ‘motore’ del gruppo escursionistico che ha valorizzato e che cura le visite guidate lungo i sentieri del Malpasso, antica percorrenza medioevale. Inoltre faceva parte dell’associazione culturale ‘Amici dei borghi toanesi’, finalizzata a far emergere e valorizzare tutte le risorse umane ed ambientali di cui il territorio è ricco”.

Guidetti era giustamente orgoglioso del ritrovamento del suo “mostro”, la cui età si aggira intorno ai 65 milioni di anni, lungo oltre un metro e definito scientificamente “un raro e spettacolare esempio di traccia fossile, ancora di incerta interpretazione”, anche se rappresenterebbe probabilmente “il riempimento della galleria scavata da un organismo sconosciuto nel fondo marino”. A livello mondiale si conosce solo un esempio simile, scoperto in Austria. Ma Guidetti amava anche il canto, i Festival di Toano e, tra le sue ultime volontà, quel canto particolare che ha ascoltato non dalla cassa, ma dal Cielo.

 

 

 

IL BRANO SIGNORE DELLE CIME

Dedicato a chi va avanti…

Il brano Signore delle Cime è uno dei canti corali più famosi, secondo forse solo a “La Montanara”. “E’ ispirato a un fatto realmente accaduto – spiega Armando Saielli, direttore del Coro Vocilassù – Il 7 aprile del 1951 Bepi Bertagnoli sale sui monti Lobbie di Campofontana (Verona). Prima di apprestarsi alla salita ha il tempo per un ultimo scatto in malga: fotografò una capanna dinnanzi alla quale, sulla neve, rimasero immortalate le sue impronte. Impronte che portano al Cielo, perché sullo sfondo si vede proprio la montagna che di lì a poco gli strapperà la vita”.

“Sette anni più tardi al maestro Bepi De Marzi venne chiesto di ricordare, con un canto, l’amico scomparso. Nacque una meravigliosa preghiera, dove non è più la montagna che ha strappato la vita all’uomo, ma è il Signore delle cime, Dio, che chiama ‘un nostro amico’ alla montagna”.

Il canto, per la semplicità d’impianto e il grande impatto emotivo, diventò ben presto una preghiera universale, al punto di essere intonato da tantissimi cori in ogni parte del mondo, tradotto in 134 lingue. Gli alpini usano dedicarlo a chi è andato avanti. E, ora, Maria, “Signora delle nevi”, coprirà il suo corpo col suo “bianco soffice mantello” anche l’amico Gelsomino.

 

(Gabriele Arlotti)