Dopo avere assistito all’ingloriosa discesa del più grande ottimista italiano, non vorremmo esprimerci in un generico disfattismo. Ma abbiamo la vaga impressione di trovarci a ballare sul Titanic. Fuori, come la storia insegna, sta per avvenire l’incontro con l’irreparabile.
L’iceberg si chiama default, fallimento dello Stato, mancanza di soldi per pagare i dipendenti pubblici, servizi essenziali, opere, creditori. Nella sgangherata orchestra, fatta di trombette, piatti e cioccapiatti e qualche raro solista, è schierata larga parta parte dell’informazione che, ancora nelle prime notizie di queste ore, ci propina Moggi o le ultime veline del Cav.
Gli avventori al ballo naturalmente siamo noi. E balliamo nonostante, in sala, entri un soffio gelido.
Intanto nei porti dell’informazione (portali) anziché accendersi il faro che avvisa sul rischio default (fallimento), si accendono tante luci diverse e il rischio del fallimento è una delle tante notizie/luci del giorno, ma non la principale. Ma c’è una sostanziale differenza: che se non seguiamo il faro giusto e impattiamo, come pare, l’iceberg, il nostro garbato benessere cambia. Dall’oggi al domani. Perché quando uno stato fallisce non paga i contratti al pari di una qualsiasi ditta fallita. E i primi contratti non pagati sarebbero quelli degli statali: sanità, scuola, forze dell’ordine… Nelle zone più depresse o svantaggiate – leggasi Appennino – questo avrebbe conseguenze devastanti più che nelle città. Al pari per le fasce più deboli.
La cosa è talmente preoccupante che oggi, manco fosse un consiglio dei ministri, si è riunito un consiglio straordinario di Confindustria, ovvero il potere economico privato così rappresentato.
Uno scenario da brivido. Siamo appesi al “senso di responsabilità della classe politica”. Cioè quei politici casta che hanno dimostrato di sapere chiedere sacrifici agli altri ma non a loro stessi nemmeno per risparmiare su privilegi che gridano vendetta al cielo, destra e sinistra assieme.
In sala chi non balla è in attesa di un governo tecnico che emani una manovra finanziaria, capace di fare deviare la nave, con un colpo di timone chiamato patrimoniale (tassa sul patrimonio di tutti), in stile Amato 1992. Una patrimoniale che, se sarà intelligente, colpirà davvero tutti (sigh! partendo da quelli che hanno sempre pagato le tasse, classi più deboli comprese), compresi coloro i quali hanno patrimoni (ma magari non sempre hanno pagato le tasse). Quando questo ballo finirà, ci sarà comunque da uscirne ammaccati. Vuoi per l’iceberg, vuoi per il deviare improvviso di rotta e il navigare a vista tra gli scogli consumando chissà quanto carburante.
Forse nell’attesa davvero vale la pena continuare a danzare e non sentire il brivido freddo che fa capolino in sala?
PS: Ridano pochi i cugini d’oltralpe sulla portaerei atomica Clemenceau: ci seguono a ruota nello stesso mare.
Il voto
la massa
non serve
governa chi vince il potere
il potere vince chi governa
non serve
la massa
il voto.
Poesia in forma di croce di L. Ziveri. ( Zivaroski)
…abbiamo peccato, abbiamo peccato tutti producendo la classe dirigente che dagli ’80 ad oggi ci governa, ma è dopo “il peccato” che si fanno gli esami di coscienza e le penitenze per non finire all’inferno.
…e il naufragar NON mi è dolce in questo mare…
Per quanto riguarda invece “il brivido”, quello c’è sempre davanti ad una domanda di cui non solo non si conosce la risposta ma saranno altri a darla per te.
(Giovanni Annigoni)