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“Chiesa e territorio in montagna: quale futuro?”

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Domani, domenica 6 novembre, con inizio alle ore 15, al Centro diocesano di spiritualità e cultura di Marola avrà luogo una giornata speciale di pastorale della montagna, che coinvolge tutti e tre i vicariati montani,  dal titolo: " Chiesa e territorio in montagna: quale futuro?".

Questi gli argomenti specifici trattati:

- Chiesa in montagna: campanile o territorio?

- Domenica, il giorno del Signore: come santificarlo?

- Nelle nostre comunità quale disponibilità dei laici nella collaborazione pastorale, a partire dalla vocazione battesimale?

La relazione introduttiva sarà di don Angelo Busi, parroco di Borgotaro, nella diocesi di Piacenza. Seguirà dibattivo, moderato da don Giovanni Costi.

"Questo incontro - come si legge nell'avviso di presentazione - vuole essere un inizio di un percorso di riflessione tra laici e presbiteri, per arrivare a fare scelte condivise nell'evangelizzazione delle nostre parrocchie di montagna".

 

1 COMMENT

  1. La straordinaria partecipazione all’incontro di Marola di Domenica scorsa promosso dai tre Vicariati della montagna, credo sia stata indotta anche dal titolo dell’iniziativa.
    Siamo infatti stati invitati a partecipare ad un incontro dal titolo: “Chiesa e territorio in montagna: quale futuro?”.
    Anche quel punto interrogativo finale evocava quello del Convegno ecclesiale della montagna di alcuni anni fa: “Vivere in montagna si può?”.
    Personalmente, pur avendo preso visione dei sottotitoli,( e preciso su Redacon infatti La Libertà mi è stata recapitata oggi Lunedi 7….. anche in questo siamo molto periferici) avrei voluto esprimere qualche pensiero su quell’assonanza col Convegno del 2002/2003.
    Approfitto per farlo del prezioso strumento di Redacon.
    Partendo dalla lettera con la quale il nostro Vescovo indisse il 22 Luglio 2002 il Convegno ecclesiale della montagna.
    Conteneva tre indicazioni di fondo:
    1) L’invito ad utilizzare il Convegno per ripensare e rinnovare modalità di presenza della Chiesa in montagna;
    2) Il favorire l’intrecciarsi di legami (“gemellaggi”) tra l’intera Diocesi e la sua montagna ( come una “sorella maggiore” scriveva il Vescovo);
    3) Il mettersi intorno ad un tavolo di tutte le realtà ecclesiali della montagna con le Istituzioni e le autorità di governo per concordare insieme il proprio cammino nel prossimo futuro.

    Credo di non essere lontano dal vero dicendo che il Convegno si è focalizzato sopratutto sulla terza indicazione previlegiando l’approfondoimento sul piano sociale ed economico della montagna e aggiungo che non mi pare sia stata una scelta, ma l’imporsi di una urgente priorità che permea e condiziona ogni altro aspetto della vita in montagna.
    Ed è anche per questo che mi chiedo se non sia “colpevole” aver spento come Chiesa, i riflettori sulla realtà sociale ed economica del nostro territorio a partire, disse il Convegno, dal territorio di crinale.
    Ciò detto è meritorio l’avere promosso questo nostro incontro focalizzando la nostra riflessione proprio sulla prima indicazione del Vescovo all’indizione del convegno della montagna e cioè ripensare e rinnovare modalità di presenza della Chiesa in montagna.
    Ma se lo studio, l’approfondimento, il dibattito esteso sugli aspetti socio-economici della montagna ci ha prevalentemente occupati per un anno, credo che al ripensare e rinnovare modalità di presenza della Chiesa in montagna, dovremmo dedicare molto più tempo di quanto si è potuto fare comunitariamente Domenica a Marola.
    E capisco bene anche il rischio, insito in ogni assemblea,della dispersione, magari protestataria o nostalgica, di un dibattito aperto ed è del tutto comprensibile quindi l’esigenza di favorire la stringata concretezza del contributo di ognuno, io peraltro auspicherei che oltre all’annunciato rinvio al dibattito nei Vicariati, siano previsti anche spazi assembleari (magari da agevolare con lavori di gruppo) pazienti ed aperti.
    Penso così anche perchè mi pare che il momento storico che ci è dato di vivere, nel quale siamo comunque immersi, è così tortuoso e difficile che porta ognuno ad un grande disorientamento.
    A questo disorientamento, richiamato anche dai Vescovi italiani negli “Orientamenti pastorali per il decennio 2010/2020”, noi che viviamo in luoghi più “periferici” aggiungiamo le peculiarità che ci contraddistinguono chi più che meno:
    – prevalenza di popolazione anziana
    – scarsità di “numeri”
    – distanze considerevoli
    – demoralizzazione diffusa.
    Le mie tre proposte sono:
    a) passare dalle Messe “mordi e fuggi”, figlie del precetto, a celebrazioni comunitarie più preparate e meno diffuse
    b) mantenere accanto ad ogni “campanile” comunque la celebrazione del giorno del Signore pregandolo e celebrandone la Parola
    c) il sacerdote sia unicamente guida spirituale, ogni altra incombenza sia demandata ai laici.
    Un sentito ringraziamento ai Vicari ed a mons. Costi per la promozione ed il coordinamento di un lavoro importantissimo ed urgente.
    (Claudio Bucci Parrocchia di Busana)