In genere sciopera chi lavora. E’ questo il caso? I calciatori sono professionisti, certo, ma forse quando i tifosi dalle tribune urlano, dopo una prestazione melensa della squadra del cuore, “andate a lavorare” qualcosa vorrà pur dire su come viene percepito veramente questo mestiere, vero?
Ma il problema è alla radice: finchè ci saranno persone per cui la domenica è sinonimo di partita (e ormai da tempo non più solo la domenica, per esigenze di business) e magari si indebitano, sacrificando impegni primari, per fare l’abbonamento per lo stadio non ci sarà modo di saltarci fuori. Il popolo in maggioranza così vuole! E i giocatori e tutto il mondo che gira loro intorno lo sanno benissimo.
Quando la crisi fa stringere i cordoni della borsa normalmente che si fa? Si risparmia. Anche se la sobrietà – ma questo è un pensiero strettamente di chi scrive – è un ottimo sistema di vita anche in condizioni di economia più tranquilla. Ma risparmiare per cosa? Normalmente per cose primarie: procurarsi viveri, preoccuparsi dei bisogni dei figli, le spese di istruzione, pagare i servizi necessari come luce e gas, ecc. Per tirare avanti in attesa di tempi migliori, insomma.
Si diceva che esiste pure però una fetta non indifferente di appassionati – chiamiamoli così – che il risparmio lo fanno, sì, magari togliendo anche qualcosa ai propri famigliari, ma per mettere insieme i dindi che occorrono a pagare l’ingresso alle partite di calcio domenicali e non, per farsi l’abbonamento annuale. Le ciabattine per il figliolo possono aspettare.
Ma per chi e cosa? Per vedere giocatori, spesso bizzosi, che guadagnano centinaia di migliaia o milioni di euro, che fanno muovere un’industria dell’evasione che oltretutto sollecita un indotto tutt’altro che indifferente. Basta vedere quel che fanno ad esempio i media. Che metterebbero in palinsesto le tv alla domenica (e spesso negli altri giorni, prima e dopo) senza calcio? Magari potrebbero riproporre telefilm come Lassie o Furia cavallo del west, sceneggiati come Derrick… Perché no? Tutte repliche, d’accordo. Ma vuoi mettere il rivedere trasmissioni piacevoli piuttosto che seguire dirette di certa roba? E i giornali? Il lunedì dimezzerebbero di netto le pagine (e alcuni chiuderebbero tout court). Sono solo alcuni esempi.
Poi. Che è diventata, in realtà, una partita di calcio quando occorre mobilitare interi reparti di forze dell’ordine per impedire che i “tifosi”, come accade spesso, se le suonino di santa ragione (e considerato che anche questi sono costi posti a carico della collettività)? Che in realtà tale partita di calcio ha un risultato che è già predeterminato? Basta pensare alle famose partite truccate, vendute, dopate, comprate, taroccate, falsificate… “Scandali” che si verificano con regolarità – anche se dimenticati alla velocità della luce perché “lo spettacolo deve andare avanti” – e testimoniano che quello è il sistema, che il soccer system funziona così, con buona pace degli ingenui che ancora credono che sarà l’impegno dei propri beniamini (beniamini, viceversa, cui dei tifosi non importa una cicca: giocano perché intascano) a determinare la vittoria o la sconfitta, le classifiche, le promozioni di serie A o l’accesso ad una coppa europea.
Generalizzare è sempre sbagliato, ma le periodiche inchieste “in carne e ossa” stanno lì a provare – non a fare sospettare, a provare – che c’è qualcosa (e anche più di qualcosa) di sbagliato nel manico del povero mondo del pallone e che solo un azzeramento di tutto – che non ci sarà mai – potrebbe riportare a far apprezzare la bellezza e la semplicità dei classici “due calci ad un pallone”.
Se appassionarsi al calcio è legittimo, un sano svago e anche, nei limiti, uno sfogo che può essere salutare, quando ci si trova davanti a prese di posizione come quelle di cui leggiamo e ascoltiamo in questi giorni salta davvero tutto. Se non fosse che la situazione è per un sacco di persone difficilissima o drammatica, ci sarebbe solo da sbellicarsi dalle risa. Che mi frega se i calciatori fanno sciopero per la prima di campionato? Non me ne importa n-u-l-l-a. Me rimbarza, come direbbero efficacemente a Roma. Potrebbero scioperare tutto l’anno e la mia vita non cambierebbe di una virgola. E’ la loro, di vita (dei calciatori), che invece cambierebbe, e di molto, se un numero sufficiente di persone facesse uguale. Stadio vuoto / per rimettere il calcio in moto.
Chi infatti propone lo sciopero dei tifosi dice una cosa ovvia, scopre l’acqua calda; una cosa che andrebbe fatta senza pensarci sopra due volte. Qualcuno allora comincerebbe a fare qualche pensierino. Non ci illudiamo certo che sarebbe per un mutare di convinzioni conseguente a “meditate riflessioni”; diciamo realisticamente e semplicemente che il solito interesse guiderebbe i passi successivi. Pensate che disastro: niente più folle osannanti, niente più incassi, niente di niente... Le società e i “campioni” tornerebbero sulla terra. Si guarderebbero intorno. E forse vedrebbero qual è la vita reale al di fuori di spogliatoi, stadi, aerei, alberghi a 6 stelle, conferenze stampa con tv e fotografi, con gente che ti applaude a prescindere…
La poesia del calcio è sepolta da un pezzo. Anche questa ondata di indignazione popolare (basta ad esempio aprire a caso Facebook) credo sia destinata, come tante altre, a non approdare a nulla. E’ amaro dirlo, ma la conclusione della vicenda è già scritta. L’ennesima – è il caso di dirlo – partita persa.
Chi scrive non segue più risultati e classifiche da anni, neppure quelle dei dilettanti locali, pur avendo calcato i rettangoli verdi di gioco con passione e impegno da ragazzino e seguìto emozionandosi le vicende della squadra per cui “teneva” e per la Nazionale per tanto tempo. I tempi sono cambiati. La consapevolezza pure.
Quando la crisi si fa dura i duri cominciano a giocare. Tranne quelli che scioperano.
(gdp)
Non è uno sciopero
Non si tratta di sciopero, ma di rinvio. La serie A avrà comunque 38 giornate, quindi non si tratta di sciopero. Non si tratta di duri o molli, ma di promesse fatte dalla Lega calcio alla Associazione aalciatori disattese. Accidenti, questo articolo gronda populismo di bassa lega come piovesse! “Le ciabattine per il figliolo?”. Ci manca solo Oliver Twist. Aggiungiamo la mancata conoscenza dei fatti e una serie di luoghi comuni da far impallidire “Studio aperto” e siamo perfetti. Sia chiaro, a casa mia si dorme comunque, e anche molto bene, anche senza campionato di serie A.
Ma male digerisco la poca informazione con cui a livello nazionale, regionale e, vedo, anche locale, viene gestita la questione, riducendola al solito MA CON QUELLO CHE GUADAGNANO. Almeno, prima, informiamoci un po’. E i luoghi comuni lasciamoli a casa, una volta tanto.
(Imerio Bolognini)
Ma informiamoci. Ma sul serio
Signor Imerio, spero che sia informato e abbia letto i giornali di questi giorni. La protesta dei calciatori giustamente grida vendetta al cielo. Il coro di proteste ha, per di più, una voce autorevole assieme a quella di Redacon (e di mille altre): Cesare Prandelli, allenatore della Nazionale. Veda lei.
(Fulminant La Penna)
Ci vuole solo del raziocinio
Ci sono ben poche cose da dire a proposito… Questa classe sociale di viziati (mi riferisco ai calciatori) non sanno nemmeno cosa voglia dire lavorare, faticare e sudarsi lo stipendio sino all’ultimo cent. E poi, perchè sciopera la serie A mentre la serie B gioca senza problemi? Questo dimostra che non c’è nemmeno coerenza nelle loro decisioni. Propongo un bell’anno sabbatico di calcio, per fare capire a questi tipetti sbruffoni e boriosi che il mondo va avanti anche senza le loro spavalderie!!!
(Elia Rinaldi)
Mobbing
Si sono già messi d’accrdo. Evviva. Il principale motico per cui lega e calciatori si sono scontrati è il tanto sproloquiato mobbing sui calciatori; riassumendo, i giocatori pretendono di allenarsi sempre e comunque con la rosa togliendo il potere alla dirigenza e all’allenatore di toglierli dal gruppo che si allena regolarmente insieme. I presidenti vorrebbero limitarsi a fornire le strutture adeguate e le competenze di un preparatore per mantenere qualche giocatore al di fuori del grupppo per motivi vari (disciplinari, economici, ecc..). Per me hanno ragione i presidenti: caro calciatore, lo stipendio te lo pago lo stesso, hai a disposizione tutto per allenarti ma non ti lascio in mezzo agli altri, magari a rovinare il gruppo in uno sport dove questo è la parte più importante. Se poi una squadra mette fuori rosa un giocatore che non rinnova il contratto per me può farlo, la squadra perderà un titolare (vedi Pandev) che andrà via a parametro 0 (€). Oggi la situazione è un po’ assurda: quando un giocatore vuole andare via la società è quasi obbligata a lasciarlo andare, mentre se la dirigenza vuole vendere qualcuno, magari con un ottimo contratto, questo pianta i picchetti e rifiuta untualmente ogni offerta pervenuta (vedi Baronio, Jankulovski, ecc..).
(Alessio Zanni)
Quoto in pieno il post di Imerio Bolognini.
Questo articolo di oggi su Repubblica lo spiega bene…
“Non chiamatelo lo sciopero dei miliardari”, di FABRIZIO BOCCA
Quando in Italia si parla di sciopero del calcio, o meglio dei calciatori, lo sdegno trasuda da ogni parte. E immediatamente si parla di sciopero dei milionari (o sciopero dei miliardari, più efficace, come si diceva un tempo quando c’era ancora la lira), sciopero dei ricchi privilegiati e così via. Niente come lo sciopero del calcio solleva un sentimento generale di disapprovazione. Che però, secondo me, si riduce spesso a un mix di luoghi comuni e di populismo. Se vogliamo essere nazionalpopolari, dunque, diamo addosso ai calciatori in sciopero e tiriamo loro pomodori. La maggioranza ne sarà gratificata.
Ma se invece ci interessa di più ragionare e capire basta puntualizzare alcune cose. E magari non necessariamente, alla fine, giustificare lo sciopero dei calciatori. Ma intanto, almeno, capire.
1) Lo sciopero del calcio non provoca disagio. Cosa c’è di così sconvolgente in uno sciopero del calcio? Quali disagi porta ai cittadini? Direi nessuno. Ci sono molte categorie dello spettacolo che scioperano – persino gli attori, è capitato – spesso può succedere che i cinema o i teatri restino chiusi per questo e non mi sembra che nessuno protesti. Il calcio non è un bene strettamente necessario. Se si fermano i bus, i treni, gli aerei e in genere i trasporti avremo molti disagi, certo, ma siamo pronti anche ad accettarli perché le categorie dei lavoratori coinvolte hanno diritto di sciopero. Riconosciuto a tutti, anche ai calciatori dunque. Se accettiamo questo, a maggior ragione penso che possa saltare senza alcun problema anche una partita o un’intera giornata di serie A. E poi se scioperano gli infermieri o gli statali o i bancari: non avremo più problemi se dobbiamo fare file di ore per farci curare in ospedale oppure se non riusciamo a fare un certificato al comune o se non possiamo accedere al nostro conto corrente in banca? Lo sciopero del calcio dunque non provoca alcun particolare disagio sociale.
2) Lo sciopero del calcio non è un’anomalia italiana.
Non è la prima volta che il calcio sciopera in Italia, una settimana fa hanno scioperato i calciatori spagnoli e negli Stati Uniti, negli anni, gli scioperi negli sport professionistici sono stati frequentissimi. Quindi lasciamo perdere il concetto “solo in Italia può accadere una cosa del genere…”.
3) Lo sciopero del calcio non è uno sciopero. Concetto espresso molte volte, ma vale la pena ripeterlo. Uno sciopero vero, un’astensione autentica dal lavoro, comporterebbe l’annullamento e l’abolizione della giornata di serie A, dando vita così a un campionato incompleto di 33 giornate e non di 34 come da calendario. Diventerebbe di 32 se le giornate di sciopero raddoppiassero e così via. Uno sciopero vero, inoltre, comporterebbe ovviamente anche la giusta trattenuta della quota parte di stipendio, come avviene per tutti i lavoratori di questo mondo. A questo non siamo ancora arrivati: la giornata viene semplicemente rimandata, si gioca in altra data, e non c’è alcuna soppressione, il numero delle partite della serie A rimane tale e quale. A nessuno dunque viene tolto qualcosa. Ai presidenti stessi, agli spettatori, agli abbonati allo stadio e alla tv non mancherà fisicamente la partita e ai calciatori non verrà toccato lo stipendio. Lo sciopero nel calcio dunque è sostanzialmente una “dimostrazione”, il campionato comincerà semplicemente un po’ più in là. Certo se cominciassero ad accumularsi le giornate di campionato da recuperare sarebbe un bel problema. E lo sciopero “dimostrazione”, se il muro contro muro continuasse, potrebbe anche trasformarsi in uno sciopero autentico, è teoricamente possibile. Ma non credo ci si arriverà…
4) Non è uno sciopero per soldi. Inutile insistere, non si sciopera per soldi. Come in Spagna, ad esempio, dove 7 club hanno circa 50 milioni di stipendi mai pagati. Si sciopera sul famoso articolo 7 del contratto. Le società vogliono la possibilità di “allenamenti differenziati”, qualora la rosa abbia dei giocatori in esubero. Cosa vuol dire? Che si formerebbe una rosa di giocatori più importanti e una rosa di giocatori meno importanti, destinati a non giocare mai e per i quali l’allenamento sarebbe solo l’anticamera della cessione. I presidenti, ricordiamolo, firmano liberamente i contratti e stabiliscono consensualmente la loro durata, sono loro stessi dunque a gonfiare le rose, per molti motivi. E i giocatori – secondo me non a torto – vedono nell'”allenamento differenziato” una maniera legalizzata per ammorbidire i calciatori di cui ci si vuol disfare, obbligandoli ad accettare determinate offerte, a spalmare l’ingaggio, a rivedere il contratto e così via. Insomma a levarsi dai piedi. In pratica una specie di reintroduzione mascherata del cosiddetto “vincolo”, in vigore negli anni ’60, quando erano i club a stabilire dove i giocatori dovevano andare. Senza possibilità per i calciatori di rifiutare. Con la famosa legge ’91 e la legge Bosman oggi sono i calciatori a essere i protagonisti del proprio destino. E i presidenti, nella sostanza, mirano a picconare questo principio.
5) L’effetto a cascata. Un contratto del genere, valido solo per la serie A, ovviamente, sarebbe ricalcato anche nelle serie professionistiche inferiori, dove i giocatori – che in questo caso non si chiamano Gattuso, Totti, Del Piero, Zanetti e così via – hanno un potere contrattuale assai più debole. E dove non si è trattati certo con i guanti bianchi…
6) Se non si gioca non è solo colpa dei calciatori. Questa situazione si trascina da più di un anno. Lo sciopero venne già dichiarato a gennaio, dopo una serie di trattative fallite, si arrivò a un accordo che poi i presidenti si sono nella sostanza rimangiati. Tant’è vero che non lo hanno firmato. I calciatori hanno atteso pazientemente la fine del campionato scorso e oltre un mese fa hanno dichiarato che il campionato non sarebbe ripartito se quell’accordo già trovato con la mediazione della federcalcio non fosse stato firmato. I presidenti hanno anche rifiutato tutte le ipotesi di compromesso, quale quella di firmare l’accordo trovato e poi rifiutato e farlo durare solo fino al giugno prossimo, per poi ridiscutere tutto con più calma. E dunque se non si gioca è solo colpa dei calciatori o anche dei presidenti che a questo punto sono arrivati?
Ecco, più o meno, questa è la situazione. Si può non essere d’accordo con lo sciopero dei calciatori, ci sono sicuramente categorie in Italia e nel mondo che subiscono molto, ma molto di peggio. Basta non chiamarlo “lo sciopero dei miliardari”, semplicemente perché non è così.
(Ellebi)
—–
L’articolo di Repubblica non è la Bibbia (come pure, nel suo piccolo, il nostro modesto editoriale, lo premetto) e, a naso, mi pare pure impreciso. Infatti, verificando in tempo reale, le giornate di campionato 2011-12 sono 38 e non 34. Ma, a parte questo, nel merito, quel che non condivido dell’articolo è soprattutto il punto 1), compendiato nella frase finale: “Lo sciopero del calcio dunque non provoca alcun particolare disagio sociale”.
Che lo sciopero del calcio non provochi disagio è affermazione assai discutibile (e se vuole aggiungo: “purtroppo”). Perchè se l’articolista intende dire che non si tratta di un servizio di prima necessità come trasporti e sanità siamo perfettamente d’accordo, ma vada a dirlo alle maree di tifosi se a loro non provoca disagio, giustificato o meno… E che con questo le autorità si debbano misurare è, pure, fuori di dubbio. Altrimenti perchè mandare fior di poliziotti e carabinieri per robette che non provocano disagio? Facciamo che l'”astensione dal lavoro” invece che per una settimana si prolungasse per 3-6-8 giornate. Ne riparleremmo.
Altre considerazioni le tralascio per non far venire la barba la chi legge.
(gdp)
Beh, ma allora…
Beh, ma allora spiegatelo a tutti, me per primo. Un bell’articolo dove si riepiloga quanto successo da dicembre ad oggi tra Lega calcio, Figc, Aic. Senza falsi moralismi e finte prese di posizione, basate sui commenti di qualcun altro, che sia mo’ Prandelli, Calderoli o il tizio che al bar beve un caffè e scuote la testa. Dati alla mano, ognuno si farà l’opinione che meglio crede. E magari la mia e la vostra non sarà così distante. A fronte di informazione, però, non di patatine.
Sempre e comunque massimo rispetto e cordialità per il vostro lavoro.
(Imerio Bolognini)
Tutto il mondo è paese
Da esperto di basket, vorrei ricordare che la massima serie americana Nba è in lockout, sino a quando non si trova l’accordo tra associazione dei giocatori e Nba… Sostanzialmente è la stessa cosa, però non se ne parla e si parla solo di calciatori viziati e tutto il resto… Sono perplesso.
(Davide Menechini)
Sig. Bolognini
Una cortesia, le sue perle di saggezza le propini a coloro che fanno sciopero perchè chiudono la fabbrica dove lavorano… per il resto i commenti li lascio a chi legge.
Cordiali saluti.
(E. Fiorini)
A ognuno la sua opinione
Una cosa sacrosanta scritta: a ognuno la sua opinione. Anche a chi è costretto a scioperare ogni qualvolta scade un contratto nazionale per vedersi aumentare, a volte, la propria busta paga di 30 euro al mese; a chi fa un lavoro precario a 700 euro al mese; a chi è costretto a turni di otto ore con pausa non più di 15 ma di 10 minuti; a chi deve farsi 100 km al giorno per andare a lavorare; a chi guadagna 0,25 euro per ogni kg di arance coltivate che che si ritrova in vendita a 2,50 euro al kg; a chi fa il ricercatore, magari su medicinali salvavita e magari rimanendo intossicato, a 1100 euro al mese, a chi… (devo continuare?).
A tutti la propria idea su uno “spettacolo” (solo chiamarlo sport mi sembra una presa in giro) così lontano dai bisogni delle persone, così poco rispettoso di chi ama seguirlo, così pieno di falsi miti, di tanti nani, di tante strapagate ballerine, di tanti furbetti del quartierino. La mia idea è chiara, no? 38 o 34 giornate? Non si sciopera, pardon, si rinvia per soldi? L’effetto a cascata? “Ma mi faccia il piacere…”, direbbe Totò spingendoci in avanti l’avambraccio!
(Elio Peri)
Alè!
Forse non sono stato chiaro. Colpa mia, sicuramente. La mia carenza di capelli forse influisce sull’intelligenza. In negativo, ovviamente. Comunque, ci riprovo.
Il mio intervento non era in difesa nè dei giocatori, nè delle squadre, nè degli operai, nè delle fabbriche, nè dei dittatori, nè del Papa.
Il mio intervento era volto a “mettere in discussione” un articolo iniziale dove mancava anche solo UN DATO INFORMATIVO sulla situazione che si era venuta a creare e nel quale veniva posto l’accento non su dati per permettere di interpretare il problema, ma su giudizi, peraltro in parte condivisibili, se non in toto, senza che il lettore avesse la possibilità di capire, dall’articolo stesso, quale fosse la situazione. Tutto qui. Poi che il fulcro si sia spostato nuovamente sui giocatori viziati e gli operai delle fabbriche è indicativo sul paese dove viviamo e sulla gravissima mancanza di informazione, che ormai ha raggiunto anche settori di carattere maggiormente futile rispetto alla vita reale, come il calcio.
Al/la signor/a Fiorini, in particolare, rispondo con un sorriso. Io non propino nulla. Dico la mia. Che non è una perla di saggezza. Ma è la mia, almeno.
Spero di essere stato più chiaro rispetto ai miei precedenti interventi.
In ogni caso, io la chiudo qui. Mi sono permesso di “criticare” un articolo sul sito che più spesso, assieme a Repubblica.it, visito. Un articolo peraltro a firma GDP, che stimo e rispetto per altri suoi brillanti pezzi. Mi pareva giusto farlo. Senza tirare in mezzo le fabbriche e gli scioperi. E senza sentirmi fare la morale da chi nemmeno mi conosce.
Ma va bene così.
Un saluto.
(Imerio Bolognini)
Alè… alè!
Bene. Abbiamo scoperto che chi accusa altri di “populismo di bassa lega”, di “mancanza di conoscenza dei fatti”, di disinformazione, di falsi moralismi e successivamente di “gravissima mancanza di informazione” condivide i giudizi espressi dall’articolista. E non ce lo poteva dire prima? Un grazie sincero. E una tiratina d’orecchi: lei non è l’unico informato e l’unico a poter esprimere la propria opinione senza essere accusato di voler far la morale agli altri. Ma se qualcuno che sente pareri non identici ai suoi si sente fare la morale, anche da chi non conosce…
(Elio Peri)