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Un contadino che viaggia solo. Anzi, con una vitellina

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Riceviamo e pubblichiamo

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Sono Merensio e ci tenevo io medesimo, su questo bello sito che di uguali in pianura non gliene è, a raccontare delle mia vacansa. E di fare capire come, uno che è contadino prestante di 50 anni, cui manca un solo dente nel davanzale, sappia ancora fare la sua sporca figura in giro per il mondo. Anche perché ho una bella azienda e nulla mi manca e qualcosa da mangiare sempre c’è. E, a differenza degli impasticcati che vanno in palestra, io faccio sano sport in ti camp. Ci’ò il cingolo, faccio tutte le balline con la pressa e, con la forca, le carico e scarico una a una a mano e i miei muscoli ne sentono in meglio.

Sono zitello, però governo delle belle bestie che mì dan sicuressa più che economica, nonostante la borsa e i ladri del Parmigiano di cui leggo sulla Gassetta. Per le vacanse, in stalla ho chiesto alla mì mamma e ci ho preso un indiano per tenere dietro anche alle galline.

Lo sapete: non ho impegni del cuore. L’Oca di Cavola l’è andata tutte le sere passate alla festa a Corneto (anche quando la festa era finita, mi han detto al casello). Io la avevo invitata in vegg, ma non è venuta. Nemmeno la Morena, che mi ero spinto a invitarla in camporella, è voluta venire a rimirare le stelle con me. Sarà rimasta a Castilnov di munt in mezzo a quegli zotici villeggianti che, improffumati come dei cinghiali, sgasano su quei gipponi da militari.

La Jole di Marinella

Il mio amico Macomeo, il filosofo - lui che col computer dice che sa fare anche il caffè - mi ha prenotato l’albergo “Jole” a Marinella, per due giorni, e sono partito. Ma prima, sono dovuto andare a prendere la mia Renault 4 bianca dall’officina Sassi di Casina che me la ha sistemata un po’ dai buchi. Ma a parte questo, è molto molleggiata, perché non si sa sa mai.

Sono partito giovedì 11 agosto. Non ero solo, perché nel baule c’era la Cometa, la vitellina figlia della Stella, la mia vacchina preferita, che, gavendo un po’ di disturbi gastrici, ho pensato che l’aria del mare facesse bene anche a lei.

Purtroppo, appena insiato il percorso, mi hanno fermato i carabinieri a Bebbio, quelli che fanno la scorta al professore che, ora, è qui in vacansa al castello. E gli è uno spiegamento di forse che pare di essere in guerra.
“Dove va lei? patente e libretto”. Gli ho risposto: “Avevo ragione a n’vrevla via dar: vlù dada al mes pasà! Mè iera ciuc, ma vueter aliì belì persa!” Poi la Cometa, nel mentre, ha avuto un piccolo attacco di dissenteria e, allora, mi han fatto partire subito.

Vi confesso, però, che il bello è stato il viaggio. Ho ascoltato il lissio, che piace anche alla Cometa, e con tutte quelle curve e la R4 molleggiata, sembrava già di essere in barca. Che meraviglia. Giunti a Ca’ d’ Gianin ho pranzato, come faceva sempre il mio papà quando qui veniva a commerciare le bestie. Mangiare tanto, subito, spendendo poco. Due spaghetti in bianco e un po’ di toscano a soli 40 euro.

Sono ripartito e, nel primo pomeriggio, vedevo già il mare. Anche se usa solo internet la Jole è una nostra amica e mi ha messo, come quando ero bambino, in mansarda. Ho lasciato la Cometa in una stanza di sotto, con degli inglesi che tanto non capiscono molto e pensano che sia una vacca da a mare e la tenevano sin per il collare vicina al comodino.

Le ragazze dei pochi costumi

L’indomani, alle sei, io e la Cometa eravamo già in spiaggia. Lei magnava le alghe e io prendevo il sole. Mi chiedo, però, cosa pensa la gente nel vedere un baldo giovane da solo. E, infatti, mi guardavano tutti. Anche le ragasse correvano in spiaggia e mi sgranavano gli occhi per ammirarmi. Pure, più tardi, altre ragasse ridevano del mio costume a righe: ma io lavorando almeno lo avevo comprato, loro invece avevano solo i soldi per gli slip. E allora dopo ridevo io. Comunque sia, go’ dei muscoli da fare invidia alle panzette dei loro mariti che lavorano in ufficio e sono bianchi come dei stocafissi. Anzi, dei baccalà.

Fatto sta che alle 14.30 di venerdì ero rosso già come un peverone. Mi ero dato un po’ di olio frusto contro il sole, ma non ha funzionato dimondi. La Cometa era sotto un ombrellone coi bambini che giocava. Ma io bruciavo damande a un Casagai strinato della festa di Valestra.

Siccome è facile incorrere nei dissagi delle vacanse, mi sono portato un po’ di formaggio del Casello di Sant’Andrea. So anche che, da questa parti, vogliono rifilarti il Padano. Però la Jole mi lassia mettere la mia punta sul tavolo a l’ora di cena.

La siniora del rame

Sono seduto in tun cantone quando a, un certo punto, capisco che ho fatto colpo su una siniora di mezza età. Vabbè, non sarà bella, sarà in sovrappeso, avrà pure dato la tintura di rame capelli, ma pare il ritratto della salute. Quando suo marito volta l’occhio io colpisco. Con un balzo mi avvicino al suo tavolo e le dico: “come questo lei non lo ha mai provato”. Lei sgrana gli occhi, forse per la mia prestanza, prende la forchetta e “zac”.
“Ahhhh”, ci getto un urlo che richiama l’attenzione di tutti i presenti e gli assenti, marito compreso. Anziché il formaggio, con la forcina ha preso la mia mano, quella brutta ingorda. “Si mangi il Padano – le dico io – che a lei le cose fine fanno male” dico a quella maleducata.

Dintorno la gente si è ardusita su. La Cometa, dal trambusto, è entrata in sala a cercare il suo bovaro, che sarei io. Non si capisce perché iniziano tutti a sbraitare che “non si può” che “qui” che “su” che “giù”. Dico io: “Siete un branco di ignoranti. Non avete mai visto una vitellina in vita vostra? Dovreste tornare a lavorare la terra come facevano i vostri padri dei padri dei nonni…”. Nel mentre arrivano i carabinieri, ancora.

“Ci hanno chiamato per la vitella. Cosa aveva questa fettina, era avariata?” dice il maresiallo mangiando nel piatto di un commensale. Intanto la Cometa se ne sta buona in disparte che un appuntato gli fa i complimenti: crede che sia un caniolino. Tutti sbraitavano, finchè ho urlato: “Oh. Silensio! Cosa è questo ristorante, peggio di uno stambi dei nimali? Io sono di Bebbio ma non sono micca matto. Volete il formaggio? Tenetevelo che io ne ho tanto di più a casa”. Detto questo, ne ho rotto uno spicchio e glielo ho buttato nel piatto a lor signori, uno per uno, damerini compresi, e in sala è calato un grande silensio. Finita la cena, la Cometa la ho lassiata agli inglesi che ci facevano delle foto manco fosse una star.

Prima di addormentarmi, dopo le preghierine ho finalmente il tempo di leggere un po’ le mie riviste preferite. Il Bollettino Agricolo e Tex Willer. Ma arrivo solo a leggere il lunario per la semina delle pulesse d’aglio e mi addormento.

L’uomo in forma al… mare

L’indomani decido di stare su alle quattro, così in spiaggia non vedo nessuno. Siamo io, la Cometa e il mare. Lei rumina che è una meravilia: le alghe del mare e l’aria dicono che le fanno bene alla tiroide, che lei è ipertirodea e dovrà fare tanto latte. A un certo punto cosa vedo? Ugo Viappiani di Catelnvo di munt che corre sulla spiaggia con due forme di Parmigiano in braccio.

“Ugo, n’du vet?” gli faccio mi. E lui am dis: “Mi devo tenere allenato per dipingere”. Resto basito e anche un po’ sgomento: “Se Ugo è due volte in forma, lo posso fare anche io”... E’ una buona idea: decido di fare cumpagn. Prendo la Cometa, che muggisce come una vacca grande, me la metto al collo e inissio a correre per la spiaggia. Così quando torno sarò tutto in forma e potrò caricare a mano il letame, senza chiamare i terzisti spandiletame.

O, sapete cosa è successo? Da Marinella sono giunto a Piombino sono stramazzato a terra che parevo un nadero senza acqua da un anno.
Hanno chiamato la protesione animali, ed è giunto l’elicottero dove hanno caricato la vitella per un ricovero urgente in clinica, dato che g’aveva preso un po’ di sole. Per me hanno chiamato la pubblica assistenza di Populonia che mi ha riportato dalla Jole. L’indomani ho rinunciato al mare per tornare a prendere la Cometa: me l’hanno ridata dopo gli hanno fatto le lastre, ma temevano di essersi sbagliati perché nel rumine gli han visto dei granchi e dei ricci di mare. Ma io mica gli ho detto che la vitellina la avevo portata qui proprio per il mare, in manera che facesse più latte, se no capaci sono che lo vanno a dire a quelli che fanno il latte da alimentasione, quei maledetti che tengono basso il presso.

La stalla nel cuore

Insomma ero ancora disidratato, bruciato, ma allenato e iodato. L’ultimo giorno sono tornato a casa non singolo, ma con la mia amata Cometa e, considerato lo spavento che ho avuto di perderla, è andata bene così. La ho caricata nel baule assieme a due fiaschi d’olio del tosco di Aulla e sono ripartito per Bebbio, con una convizione: anche stan cvin ho deciso che torno al mare.

Arrivo a casa e non c’è nessuno ad accogliermi. Mi lancio in stalla con tutte le vacche che sbraitano come se volessero la farina e, anche se sono rosso diman a un vero comunista, sento che mi vogliono bene. Sono un agricolo, ma felice.

(Merensio di Bebbio)

* * *

Aggiornamento del 18 agosto 2011, ore 10.33 Diversi lettori ci hanno chiesto se era disponibile una foto di questo singolare lettore. Interpellato dalla redazione, non ha risposto. Ci scrive, però, Giovanna Guazzetti di Vetto che, avendo incontrato l'uomo in spiaggia, ha volentieri prodotto per Redacon un ritratto dell'uomo che, finalmente, siamo in grado di proporvi.

4 COMMENTS

  1. …bel al mi Merensio!!!!!!!!!
    …tra vò e “ruspa” ad bebbi ev fat un ducato!!!!!… ahahaha…. priparè pur l’acqua da bojer cà va fag magnar me du spaghet, qui c’al sa “ruspa” cuma glien… prova a dmandagl… i po a pot purtar pura la punta da furmaij dal casel col lè ca dit vuatr, a la grattoma sovra i spaghet… al ross fresch a la tulima da “ruspa”… po quand t’è magna i mè spaghet an tà turn mia ad sicur dalla jola a fart furcinar la man… ahahahahah.

    (Commento firmato)

  2. Averlo saputo…
    Merensio, son la Morena e mi rifaccio viva perché sono ancora viva e non ti ho mai dimenticato. Se sapevo che l’Oca non ti voleva e che era storia finita ti prendevo io, che di ferie non ne faccio dal 1997. Oltre tutto il mio è un nome romagnolo (e meno male che mi hanno messo Morena che è meglio di Firmato o Ultimo o magari Elettrica) e in Romagna ci sta bene assai, perchè se andavi in Liguria non ci venivo.
    Se nella tua macchina ci stava anche il mio coniglio magari il mare faceva bene a tutti e te prendevi meno sole e ammortizzavi la spesa della macchina (hai notato la finessa dell’allusione un po’ osè?). Il coniglio faceva compagnia alla Cometa e si mangiavano le alghe tutti e due e magari gli facevano fare gli stagionali per pulire le spiagge e si inventavano una carriera da precari per l’anno prossimo. Così non ci spendevi un soldo, per la pensione Jole.
    Pensaci per la prossima estate, magari io ci faccio la cuoca estiva dalla Jole e ce la faccio vedere io, agli inglesi, i casagai, le cotenne coi fagioli e la spongata che anche d’estate fanno ben ben. Altro che porridge che manco i maiali…
    Ma patti chiari Merensio, che l’Oca non la torni poi alla ribalta che io di morosi che manno incornazzata ciò già dato che la Cometa di corna non sa neanche di cosa parla. Semmai possiamo parlarne con un cervo da 12 palchi. E non son palchi da teatro ma donnacce che ti rubano il tuo. Che era mio, credevo, e non una multiproprietà come sono adesso i morosi moderni. Quindi pensaci bene e non spezzarmi il cuore perché io non ci penso due volte a spezzarti le zampette. In speranzosa attesa di un tuo riscontro.

    (Morena)

  3. eh no!
    Caro il mio signor Merensio, che celo dica qui ben bene. Zitello un corno, non della Cometa. Lei fa lo spussolo con c’al doni, ecome! Mi lassia i fiori sui garrail e poi fa orecchie da mercante. Questa finsione deve finire. Merensio butta i sassi, mette i fiori e nasconde la mano. Ma essendo che sicome è tirchio, i fiori li va a rubare dalla messa del prete, appena finita, che son tutti a tavola. La Morena lì, lo so che ci piace, perché si capisce che ha studiato, e c’ha la roba. Io sono più poveretta, ma ciò i sentimenti. E poi mi sa che il sior Merensio ha copiato l’idea del giornale della dotoressa pissicologa che scrive su redacom, che è andata in Egitto a vedere i pesci. E lui s’è preso le alghe, era meglio se andava alle cusselle. Io so che l’Oca non lo vuole più, me l’ha detto quando l’ho incontrata al mercato. Ma se sieglie la Morena solo perché cià le gambe belle e dritte come un fuso, bè alura signur Merenssio siete mica un galatuomo. E il ritratto non ci somiglia micca, dalla faccia manca la barbetta da capretta, che quando va int’la stala non cià tempo per farsela. Altro che le due forme di Viapian… Merenssio l’è un gran cuntabal.

    (L’Adele delusa)