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“La paura del diverso”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Nonostante il titolo, non voglio parlare di immigrazione.

Certo che oggi è difficile parlare di diversità senza che la nostra mente corra immediatamente alla presenza (con conseguenti problemi) degli immigrati sempre più presenti tra di noi. Ma, anche se non vogliamo, dobbiamo “farci i conti”. Dobbiamo accogliere, aiutare, accompagnare, integrare (non assimilare)… Sono un richiamo ad aprirci, a metterci in discussione, a trovare soluzioni di mediazione. OOpss! Ci sono già ricascato! Sto parlando di immigrati come “diversi”.

L’esito del voto referendario di lunedì scorso e le conseguenti prese di posizione e commenti che si sono susseguiti mi hanno fatto pensare alla diversità in modo molto più ampio.

Non v’è dubbio che la Chiesa, i cristiani, le comunità parrocchiali… sono stati determinanti nel raggiungimento del quorum. E sappiamo bene il record dei risultati reggiani (in alcuni seggi si è arrivati all’80%). Tutto questo positivo movimento è frutto sicuramente di una risvegliata voglia di partecipazione da parte dei cittadini, del lavoro capillare dei comitati referendari ma anche di un lavorio di sensibilizzazione e formazione nel mondo ecclesiale.

Sono stati tanti gli incontri fatti in diocesi (ma anche in tutta Italia) che, a partire dalla “scusa” referendum, hanno rimesso al centro la riflessione sui beni comuni, su alcune questioni specifiche (come l’acqua), hanno permesso di fermarsi e di riflettere sulla vita concreta delle persone, a partire dalla dottrina sociale della Chiesa, dagli insegnamenti e pronunciamenti anche di vescovi e dalla Parola di Dio. E questo è positivo, no?

Purtroppo, nemmeno in questo caso, i cristiani si ritrovano uniti. Ecco che la questione del “diverso” torna prepotentemente alla ribalta. E questa volta gli immigrati non c’entrano! Tra i tanti commenti autorevoli, ho trovato molto provocante quello di mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste (“Riflessione sui referendum” nel sito www.vitanuovatrieste.it) che ha tacciato chi si è impegnato in questi mesi come “integralisti progressisti” mettendo in dubbio che il loro pensiero sia asservito ad altri (al vento del mondo) che poi chiederanno conto per portare avanti altre battaglie sul divorzio breve, contro la vita, ecc.

Invece di essere contenti perché finalmente anche nelle nostre parrocchie abbiamo ripreso in mano temi sociali importanti, confrontandoci con la Parola di Dio e la dottrina sociale (certo ci sarà stata qualche “esagerazione” come in qualsiasi cosa) e cercando un confronto sereno… No, nemmeno questa volta! Il “cosiddetto mondo cattolico” (come dice mons. Crepaldi) che ha votato sì ai referendum è un popolo di pecoroni che hanno pensato con la testa di altri e hanno strumentalizzato l’insegnamento della Chiesa cattolica.

La diversità è una ricchezza! Io ci credo perché l’ho sperimentato più volte. Ma la diversità è anche un dato di fatto! Non possiamo continuare ad arroccarci su posizioni saccenti e conservatrici in senso negativo. Certo, noi cristiani abbiamo una Verità, io sono contento di avere questo riferimento ma devo fare i conti con tante altre persone che non vogliono o non riescono a credere in questa Verità. E allora? Tutti nel “mucchio” dei “diversi”, dei poco buoni, dei pericolosi progressisti?

Dove posso trovare il terreno di confronto con il laico non credente se non sulle questioni che ci riguardano tutti: i beni comuni, la vita sociale, la politica? Certo, io cristiano cattolico che credo nella Verità, dovrò vigilare in tutti i campi, non solo sulla gestione dell’acqua o sul nucleare, ma non posso sottrarmi al dialogo e alla fine alla necessaria mediazione come risultato di un processo naturale per il governo e la gestione delle cose.

Anche Benedetto XVI dice che “l’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime differenze” (discorso all’assemblea plenaria del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, 28 maggio 2010). Molto bello e importante anche il messaggio per la Giornata per la salvaguardia del creato (1 settembre 2011) uscito in questi giorni (www.chiesacattolica.it).

Insomma, mi sembra che abbiamo paura di tanti “diversi”, non solo degli immigrati. Abbiamo paura a metterci in discussione. E’ da mettere in conto che nell’ascolto e nell’accoglienza dell’altro e del diverso ne uscirò cambiato, che dovrò “cedere” qualcosa. A me sembra che l’occasione del referendum sia stata veramente positiva. C’è spazio per continuare l’attenzione e il confronto sui temi sociali e che riguardano strettamente la nostra vita quotidiana. Lo possiamo e lo dobbiamo fare illuminati dalla Parola e dall’insegnamento della Chiesa, ma … cerchiamo di farlo insieme! Mettiamo insieme le potenzialità della diversità, cerchiamo di aiutarci gli uni gli altri con umiltà e spirito di servizio.

Io sono fiducioso! La Chiesa e i cristiani in Italia possono dare e dire tanto ma non diamoci addosso gli uni agli altri. Gareggiamo nello stimarci a vicenda (cfr. Rom. 12, 10).

Infine, mi si permetta una piccola richiesta a mons. Crepaldi. Nella sua riflessione post-referendum dice: “Dedicassero le nostre riviste, comprese quelle missionarie, alla vita almeno un centesimo dell’attenzione rivolta all’acqua…”. Mi dimostri da quale oggettività ha tratto questa pesante considerazione.

(Gianmarco Marzocchini, direttore Caritas diocesana Reggio Emilia–Guastalla)

 

5 COMMENTS

  1. la paura dell’uguale
    Non riesco a capire francamente da tutto questo sprolocquio, cosa c’entri il ”diverso” con il voto referendario di pochi giorni fa’. Io ho invece l’impressione che vi sia stata molta omologazione con tanti elettori pronti a seguire supinamente l’appello antigovernativo di qualche forza politica(non a caso noi reggiani siamo stati i primi della classe). Con tutto il rispetto per temi come quello dell’acqua,mi sembra che in tempi di società neopaganeggiante e di diffuso agnosticismo le priorità di Parrocchie e diocesi dovrebbero essere altre.

    (Francesco Tondelli)

  2. PAURA DELL’UGUALE DAVVERO!
    Le poche frasi di Mons. Crepaldi inquietano e non poco. TUTTI i cristiani sono chiamati ad incarnare il Vangelo nella loro vita, cercando di renderla libera da pregiudizi, dai tatticismi partitici e da tutte le paure derivanti dal nostro egoismo. Si fa però fatica, a non essere d’accordo sui temi referendari come acqua pubblica, nucleare, ma anche legittimo impedimento, analizzandoli alla luce del Vangelo. Penso che sia sempre importante guardare al MERITO e alla SOSTANZA dei problemi. In questi giorni ho seguito (sui giornali) la polemica del Comune di Correggio sull’applicazione di una parte della Legge 194 (aborto)che consente alle madri in difficoltà, di accedere al Consultorio o al Movimento per la Vita per un aiuto psicologico e finanziario, evitando così la drammatica scelta di abortire. Penso che anche dietro questa decisione ci sia stato il confronto aperto tra una parte del mondo cattolico e una istituzione (rigorosamente e giustamente laica). Ora ci si trova a confrontarsi con una parte politica (Sel) che non condivide questa impostazione e a cui il Sindaco di Correggio ha risposto in modo molto serio, LAICO e adeguato. Il nostro essere cristiani non potrà mai essere senza confronto dialogo e accoglienza, altrimenti non saremmo tali.

    (Domenico Dolci)

  3. molti dubbi
    Mi piacerebbe sapere qual è la vostra definizione di diverso… perché molto spesso capita di fraintendere a causa di incomprensione… per me diverso significa non condiviso o non apprezzato, ma non per questo sbagliato e cattivo… PERCHE’ LA PAROLA DIVERSO DEVE ESSERE PER FORZA RICOLLEGATO A QUALCOSA DI BRUTTO??? Ci tengo a sottolineare con il Sig. Tondelli sullo sproloquio del referendum…

    (Elia Rinaldi)


  4. Credo che la definizione più normale ed ovvia di “diverso” sia “non uguale”. In matematica esiste un simbolo per indicare la relazione di uguaglianza (=) e un simbolo per indicare la diversità (≠). Questo non implica un giudizio su cosa sia meglio o peggio, maggiore o minore, più bello o più brutto. Purtroppo però nel linguaggio e nel sentire comune troppo spesso si connota tutto ciò che è “diverso” con un intrinseco giudizio. IO giudico il diverso perché mi sento portatore di verità: è giusto, bello, buono quello che ritengo “uguale” (ovviamente a ME e alle MIE idee o credenze); è sbagliato, brutto, cattivo quello che è “diverso”. In quest’ottica IO mi ergo su un piedistallo e decido cosa è giusto o ingiusto, bello o brutto, buono o cattivo. Finchè per guardare il mondo e gli altri lo si farà da un piedistallo, ci sarà sempre il “diverso” inferiore, brutto e cattivo. Se poi sul piedistallo ci si sta in tanti, uniti da privilegi comuni, interessi economici e non, ruoli da autodifendere … allora la “diversità” diventa intrinsecamente “inferiorità”, “errore”.
    Tutto ciò a mio parere vale anche per i cattolici quando agiscono nella società non da individui con una fede ma da appartenenti ad un gruppo sociale che difende qualche interesse.
    Da alcune migliaia di anni esisteva la geometria euclidea ma ad un certo momento qualcuno ha teorizzato geometrie non euclidee nelle quali i teoremi della prima non sono più validi ma ne valgono altri. In matematica sono semplicemente diverse, ovvero non uguali. Quello che conta è la coerenza di una teoria!
    Se riuscissimo ad essere un po’ più … matematici!!!

    (AnnaMaria Gualandri)